da Pier Paolo Donati » 09/02/2017, 11:01
Caro Maestro, anch’io sono convinto che la ricerca filologica non offra verità assolute, come detto nel precedente intervento; quanto a quelle relative l’interprete nelle sue «rivisitazioni» è libero di non tenerne conto, come spesso è accaduto in passato: sarà una testimonianza sull’arte e la cultura del nostro tempo da conferire alla storia dell’interpretazione. Per nuovi spunti, si potrebbe riflettere sul fatto che l’epistemologia o filosofia della scienza si addice a discipline più radicate della nostra; qui siamo ancora al distinguere il dare dall’avere nelle influenze artistiche, al separare il prima dal dopo nel registro dei tempi, al dirimere questioni di prassi esecutiva, a scrivere la cronaca. Seguendo l’esempio di Les Annales, con i dati offerti dal metodo storico-filologico si è cominciato a scriverne una mancante, quella sugli strumenti che dall’Umanesimo al primo Barocco dettero voce alla musica per organo. Per quanto suscettibile di una migliore messa a fuoco, si attende la prova che non si tratti di una ricostruzione storica attendibile ma di una interpretazione.
Altro tema: tra tutti i musicisti che si dedicano all'interpretazione del passato, solo l’organista deve tener conto di un lascito che può condizionarlo. Chi siede sulla panca dell’organo e suona nel tempio dell’Assoluto, o improvvisa nell’aura del Trascendente, è l’erede dei compositori che delle ricette musicali venute in luce tra Otto e Novecento coltivarono di preferenza quella detta Sublime: tesa a rappresentare l’ineffabile, a creare aloni metafisici, a indurre mistiche visioni. In particolare, il nostro interprete discende dagli emuli italiani che furono prolifici autori di musiche sublimi al tempo delle lacerazioni connesse alla Questione Romana (1860-1929).
Sarebbe utile scriverla quella cronaca: il medium di oggi che nelle sue rivisitazioni contemporanee si pone tra il testo musicale e il pubblico avrebbe a disposizione un altro «corpus di conoscenze filologiche» con cui fare i conti.