Qualche riflessione in forma di domanda e risposta (Marzona)

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Autore: Lorenzo Marzona presidente dell'Associazione per la Musica Sacra "Vincenzo Colombo" di Pordenone

 

 

1 - E' positivo per il mondo organistico il restauro degli strumenti antichi ?

 

In base alla Legge italiana, si considerano opere d'arte soggette a tutela gli organi costruiti da almeno 50 anni per opera di un autore defunto.

 

 

Essi possono essere esaminati sotto tre diversi profili e precisamente:

 

 

A) quali opere d'arte del passato, beni tutelati dalla legislazione vigente per il loro valore artistico, storico e culturale (che, anche se troppo spesso non viene ricordato, riguarda sia la parte strumentale sia cassa e cantoria);

 

 

B) quali formidabili "banchi scuola" per gli organari;

 

 

C) quali strumenti musicali.

 

 

A) Taluni sostengono che non tutti gli organi storici sarebbero degni di tutela e che solo alcuni meriterebbero di essere restaurati, mentre gli altri dovrebbero essere modificati secondo il gusto corrente.

 

 

Al di là delle riserve sul principio, nessun criterio concreto (che abbia ovviamente carattere oggettivo e non soggettivo) è stato però offerto sul come effettuare tale scelta e cioè secondo quali elementi di valutazione scegliere gli strumenti da salvare e quelli invece che dovrebbero essere liberamente "aggiornati".

 

 

A tal proposito si è fatto solo un generico riferimento ai "migliori esempi di ciascuna scuola od organaro", ma ancora una volta senza precisare chi dovrebbe effettuare la scelta ed in base a quali criteri.

 

 

La storia ci ha già insegnato che strumenti considerati in una determinata epoca in maniera negativa sono stati poi ampiamente rivalutati dalle epoche successive e troppe volte ci siamo trovati a versare lacrime amare su scempi irreversibili compiuti per "aggiornare al gusto moderno e migliorare" gli strumenti antichi.

 

 

Tutti gli organi storici devono quindi essere tutelati come tali e devono poter essere oggetto degli eventuali interventi di restauro che fossero necessari.

 

 

Molte discussioni sussistono anche in merito alle metodologie da utilizzare ed alle scelte da farsi in occasione dei restauri tanto che l'Associazione Italiana Organari ha deciso d'intervenire predisponendo delle linee guida che costituiscono un'ottima base di partenza per esaminare la questione tenendo presente che ogni strumento ha una storia e delle caratteristiche specifiche e richiede pertanto delle soluzioni ad hoc che non è detto possano rivelarsi egualmente valide anche in altri casi.

 

 

In generale, anche se si sono inevitabilmente verificati degli errori e talvolta sono state compiute delle scelte sbagliate, è senz'altro possibile affermare che i restauri italiani sono di ottimo livello.

 

 

B) Durante il secolo scorso, l'organaria italiana, abbandonati i criteri costruttivi tradizionali, era lentamente scivolata in una costruzione di serie secondo le metodologie industriali.

 

 

Molti organari non realizzavano più da sé i propri strumenti limitandosi a montare dei pezzi (essenzialmente le canne, ma non di rado anche somieri, meccaniche e consolle) acquistati presso delle ditte specializzate estere che naturalmente diffondevano dei modelli standard per tutti.

 

 

In tal modo la qualità costruttiva e soprattutto le caratteristiche artistiche degli organi (fatte salve le debite eccezioni) erano precipitate a livelli bassissimi, mai prima raggiunti in tutta la storia.

 

 

Proprio l'attività di restauro filologico ha permesso ad un numero sempre maggiore di organari di approfondire sino nei particolari più minuti la conoscenza degli strumenti del passato e di rilevare come questi organi fossero, per la maggior parte, pensati, progettati e costruiti in modo esemplare.

 

 

L'esame dei materiali, della disposizione interna, delle meccaniche, dei somieri, delle canne e soprattutto del risultato sonoro complessivo di questi organi a restauro concluso rendeva impietoso il paragone con gli strumenti allora realizzati in Italia.

 

 

I costruttori che si sono impegnati in modo serio e coscienzioso nei restauri filologici (sappiamo bene che vi sono stati anche "restauratori" impegnati più a distruggere che a recuperare) ne sono stati fortemente influenzati tanto che in molti hanno deciso di riadottare le antiche metodologie di lavoro con benefici effetti sulle loro opere.

 

 

Non credo che possano sussistere dubbi sul fatto che la qualità complessiva della maggioranza degli organi oggi costruiti in Italia sia incomparabilmente superiore a quella degli strumenti realizzati un cinquantennio fa (sempre fatte salve le debite eccezioni).

 

 

C) Il criterio generale universalmente adottato nel restauro degli organi antichi è di fare in modo che essi possano ritornare ad essere pienamente utilizzati quali strumenti musicali, colmando quindi eventuali lacune (ricostruendo cioè le parti mancanti).

 

 

Per gli organi restaurati, a grandi linee, osserviamo in Italia a tre diverse situazioni:

 

 

C 1) organi restaurati ed abbandonati;

 

 

C 2) organi restaurati ed utilizzati solo per attività concertistica;

 

 

C 3) organi restaurati ed utilizzati sia per attività concertistica che per il servizio liturgico.

 

 

C 1) Si tratta di una situazione deplorevole, ma purtroppo molto diffusa.

 

 

Essa è dovuta essenzialmente a due ragioni: o l'organo si trova in un centro talmente piccolo e periferico che non vi è la possibilità di poter provvedere ad un organista, o l'organo si trova in una chiesa ove regna il disinteresse per la musica sacra.

 

 

L'esperienza però insegna che, dovunque operi un organista serio, coscienzioso e preparato, l'organo storico trova sempre adeguato ed ampio utilizzo, sia concertistico che liturgico.

 

 

E' superfluo rammentare che il disuso costituisce la causa prima del deperimento di qualsiasi strumento, anche se perfettamente restaurato.

 

 

C 2) E' una situazione riconducibile ai due casi sopra esposti, ma l'organo, in genere per le sue elevatissime qualità artistiche, è oggetto d'interesse da parte di qualche appassionato che vi organizza uno o più concerti l'anno.

 

 

Trattasi invero di una soluzione di ripiego che in qualche modo permette la salvaguardia e la valorizzazione dello strumento, ma che non può essere considerata sufficiente facendo sorgere anche forti perplessità sulla giustificazione d'interventi di restauro estremamente dispendiosi per utilizzi così limitati.

 

 

Il caso in esame è talvolta altresì determinato dalla presenza in chiesa di un altro strumento (o persino, si absit iniuria, di un elettrofono) considerato "più comodo".

 

 

Ribadisco quanto sopra già esposto e cioè che ho più volte costatato come gli organisti seri e preparati riescano ad utilizzare al meglio, pure per il servizio liturgico, anche tre, quattro e persino cinque strumenti in un'unica chiesa (come accade nel Duomo di Salisburgo o, più vicino a noi, a Monza).

 

 

Queste conclusioni trovano conforto anche nelle indicazioni contenute

 

 

nella Nota del 31.05.1996 della Commissione Episcopale Italiana sull'adeguamento

 

 

delle chiese secondo la riforma liturgica (v. testo completo in http://www.intratext.com/IXT/ITA0027/):

 

 

«Gli organi monumentali di interesse storico, specialmente quelli a trasmissione meccanica, vanno conservati, restaurati con ogni cura e utilizzati con servizio delle celebrazioni liturgiche. Il problema della distanza dell'organista dal coro e dal direttore può essere risolto facendo ricorso ad opportuni accorgimenti tecnici, quali ad esempio un sistema di specchi, una telecamera a circuito chiuso, ecc. Laddove risulti utile, si può ricorrere a un secondo organo di minori dimensioni, collocato in posizione utile al coro e all'assemblea, non in sostituzione, ma ad integrazione dell'organo monumentale» (art. 21)

 

 

C 3) E' la situazione migliore, più diffusa di quanto non si pensi.

 

 

 

 

 

2 - Qual è l'influenza del temperamento sull'esecuzione musicale ?

 

 

La questione dei temperamenti è oggi molto dibattuta in Italia.

 

 

Si tratta senz'altro di un argomento tanto complesso quanto poco "padroneggiato" e, come spesso avviene, la mancanza di un'adeguata conoscenza provoca il sorgere di convincimenti errati che sono i più difficili da eliminare.

 

 

In primo luogo dobbiamo liberaci dal pensare che i temperamenti si siano evoluti in senso darwiniano da modelli primitivi ed incerti a modelli sempre più perfetti sino a giungere al temperamento equabile 800esco che costituirebbe il miglior temperamento in assoluto.

 

 

Invero la suddivisione dell'ottava in dodici semitoni uguali è possibilità ben conosciuta da molti secoli (ad esempio durante il Rinascimento i liutisti utilizzavano il temperamento equabile) tanto che il sommo Dom Bedos ha scritto che alla sua epoca non si sapeva nemmeno se fosse più antico il temperamento mesotonico o, appunto, l'equabile.

 

 

Invero i temperamenti non sono un "feticcio dogmatico", ma semplicemente uno degli elementi tipici dell'estetica musicale di ciascuna epoca e rispecchiano le esigenze espressive ritenute preminenti in quel determinato periodo.

 

 

Sempre a titolo d'esempio, pensiamo all'estrema attenzione posta dai compositori barocchi per le diverse caratteristiche specifiche di ciascuna tonalità come appunto determinate dai temperamenti inequabili, fenomeno che rivestiva una grandissima importanza musicale e simbolica che viene del tutto perduta eseguendo tali brani con un equabile.

 

 

Ad ogni buon conto è fuori discussione che, all'incirca sino all'800 (salvi i soliti casi eccezionali), tutte le scuole organarie europee hanno sempre utilizzato temperamenti inequabili ed ancora nel 1778 sempre Dom Bedos consigliava per l'organo un temperamento mesotonico leggermente modificato (si noti che il grande benedettino ha pubblicato la sua opera 28 anni dopo la morte di J.S. Bach facendo riferimento all'organaria di Parigi che all'epoca era considerata la capitale della cultura e la città più moderna ed "alla moda" del mondo).

 

 

Non v'è dubbio quindi che una corretta esecuzione del repertorio antico non possa prescindere dal rispetto di uno degli elementi musicali più caratterizzanti e cioè dal temperamento.

 

 

Naturalmente nulla vieta di eseguire brani del passato anche su temperamenti diversi ed in specie sull'equabile, ma bisogna essere consapevoli che in tal modo si opera una modificazione sostanziale dell'effetto che il compositore desiderava avesse la propria musica.

 

 

Ricordo che già nel 1839 Czerny scriveva: "Le opere di ciascun autore devono essere eseguite nello stile in cui le scrisse".

 

 

Un altro equivoco da eliminare è che tutti i temperamenti inequabili non permettano l'esecuzione in tutte le tonalità.

 

 

Per chiarire la questione, seppur a grandissime linee, è opportuno dapprima ricondurre, con ampia generalizzazione, i vari tipi di temperamenti inequabili a due categorie: il mesotonico ed i temperamenti strettamente da lui derivati da un lato ed i temperamenti "circolanti" (o irregolari) dall'altro.

 

 

Mentre i temperamenti legati al tono medio effettivamente impediscono o rendono comunque difficilmente sopportabili le tonalità più "alterate" (in genere quelle che insistono sulla "quinta del lupo"), molti temperamenti 700eschi consentono invece l'esecuzione in tutte le tonalità che naturalmente vi riescono tra loro diversificate (si può dire che in tal caso vi sono tonalità, per così dire, più "dolci" ed altre più "aspre"), proprio come appunto desiderato e ricercato dai compositori dell'epoca.

 

 

 

 

 

3 - E' possibile utilizzare gli organi antichi nella liturgia attuale ?

 

 

La saggezza popolare, traducendo in maniera forse ingenua, ma assai chiara, l'antico principio filosofico per cui "contro il fatto non vale l'argomento" sostiene che "la pratica vale di più della grammatica".

 

 

Per rispondere a tale domanda trovo quindi più semplice fare riferimento all'esperienza personale accumulata in ormai 30 anni di servizio liturgico svolto in molte parrocchie e su diversi strumenti antichi e moderni (molti dei quali accordati con temperamenti inequabili) e da 25 anni in prevalenza su di un organo mesotonico.

 

 

Tale attività sul campo mi ha ampiamente provato come, con qualche semplicissimo accorgimento alla portata di qualsiasi organista dotato di un minimo di preparazione e buon gusto ("orecchio"), sia possibile eseguire ed accompagnare con questi organi praticamente tutto il repertorio oggi di norma richiesto nella maggioranza delle parrocchie italiane.

 

 

Naturalmente mi riferisco, ancora una volta fatte salve tutte le debite eccezioni, ad un servizio medio che prevede l'accompagnamento dell'assemblea e di cori (di giovani e ...... meno giovani), di gruppi strumentali, di solisti (con strumenti antichi e moderni), di messe, vespri, incontri di preghiera, matrimoni, funerali, etc., in rapporto al consueto repertorio postconciliare (quello essenzialmente tratto da "La Casa del Padre" della LDC) e, ahimè, con l'esecuzione anche di tutti gli arcinoti brani di Bach, Haendel, Gounod, Schubert, Wagner, Mendelshonn, Mozart, etc., etc...

 

 

Mi è stato necessario un iniziale periodo di adattamento soprattutto per "ripulire" la mente da quei dogmatismi teorici che imprigionano molti, ma devo evidenziare che in tutti questi anni nessuno (né i solisti, né gli strumentisti, né i coristi, né i direttori, né tantomeno l'assemblea) si è mai lamentato di aver sofferto difficoltà di sorta, nemmeno con l'organo mesotonico.

 

 

Certo, probabilmente più di qualcuno non si è reso conto che l'organo fosse mesotonico ed io mi sono ben guardato dal dirglielo perché altrimenti le difficoltà sarebbero improvvisamente sorte come per incanto !

 

 

Naturalmente non bisogna cadere nell'errore di sostenere che i temperamenti inequabili o gli organi antichi siano migliori di tutti gli altri poiché ogni tipo di strumento ha i suoi pregi ed i suoi difetti, i suoi punti di forza e le sue limitazioni e difficoltà.

 

 

Ribadisco però che, in rapporto all'uso liturgico oggi normalmente richiesto in una grande parrocchia, le caratteristiche costruttive tipiche degli strumenti storici (ottava corta, pedaliera a leggio, temperamento inequabile, etc...) costituiscono limitazioni che possono essere superate, ben inteso se si conosce l'organo, se si sa cosa fare e soprattutto, ripeto, se ci si riesce a liberare da molti pregiudizi (nel senso etimologico del termine)... il che resta la cosa più difficile !

 

 

Come ha scritto il mai sufficientemente rimpianto Oscar Mischiati, quando alla consolle si siede un organista con le idee chiare, i problemi svaniscono immediatamente.

 

 

Il discorso è del tutto analogo se si fa riferimento a quelle realtà in cui gli organisti e le Scholae amano eseguire l'importante repertorio 8/900esco che ovviamente richiede l'utilizzo di uno strumento... in stile !

 

 

Anche in relazione a tali aspetti, giova richiamare il già citato art. 21 della Nota CEI del 31.05.1996.

 

 

 

 

 

4 - E' giustificato il ripristino dei temperamenti antichi ?

 

 

Come sopra accennato, scegliere il temperamento più adatto ad un determinato organo è operazione solo in parte soggettiva dovendo seguire invece dei criteri di carattere oggettivo.

 

 

Se si tratta di uno strumento storico, non vi possono essere incertezze ed il temperamento originario dovrà essere recuperato quale elemento essenziale e caratteristico dell'organo stesso.

 

 

Nel caso di una nuova realizzazione il temperamento, quale elemento caratterizzante e strettamente collegato allo stile dello strumento, dovrà essere scelto in rapporto a questi.

 

 

E' fondamentale non confondere ciò che a noi piace (e quindi un qualcosa di prettamente soggettivo), con il bello assoluto (e cioè un qualcosa di oggettivo).

 

 

Poiché secondo l'antico adagio "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace" è ovvio che ciò che qualcuno predilige, può non piacere ad altri e viceversa e pertanto è impossibile sostenere a priori che una sola tipologia di organo e/o di temperamento possa soddisfare i gusti di tutti gli organisti e possa adattarsi ad una corretta esecuzione di tutto il repertorio esistente.

 

 

In altre parole non conosco alcun criterio in base al quale poter dire che un determinato tipo di organo (o di temperamento) sia "oggettivamente" migliore di tutti gli altri.

 

 

Non si dimentichi che anche i cosiddetti "organi moderni" sono in realtà strumenti costruiti secondo uno stile specifico che, come ogni stile, è adatto all'esecuzione della musica sua propria mentre, come detto, permette l'esecuzione di musica composta in stili diversi solo a prezzo di modificazioni più o meno rilevanti dell'effetto sonoro inteso dall'autore.

 

 

 

 

 

5 - L'indirizzo storico filologico può risolvere i problemi della presenza dell'organo nella cultura odierna ?

 

 

L'organo presenta delle caratteristiche peculiari che hanno determinato la sua scelta quale strumento privilegiato per l'accompagnamento dei sacri riti.

 

 

La sua storia ed il suo repertorio sono ormai strettamente legati al ruolo di strumento principe per il servizio liturgico tanto che un'attività organistica esclusivamente profana e totalmente slegata dal sacro non è mai riuscita davvero ad imporsi.

 

 

La cultura moderna non solo si è allontanata dall'esperienza religiosa, ma anzi in genere osteggia e ridicolizza, anche con violenza, il messaggio di Cristo.

 

 

Inoltre, la Chiesa Cattolica, nonostante i lodevolissimi sforzi effettuati dagli ultimi Pontefici, nella pratica quotidiana ha abbandonato l'arte, la cultura e soprattutto la musica sacra, viste da taluni quali inutili orpelli che distoglierebbero l'uomo da un dialogo diretto e genuino con Dio.

 

 

Il recupero di un rapporto attuale fra la religione e l'arte contemporanea di qualità è invece una necessità sentitissima dai fedeli che sempre dimostrano di apprezzare gli sforzi effettuati in questa direzione mentre respingono in modo deciso (anche se spesso inconsapevole) tutti i tentativi di trascinare verso il basso le forme liturgiche, le chiese ed i sacri arredi.

 

 

E' ingenuo pertanto pensare che la presenza dell'organo nella cultura moderna possa dipendere semplicemente dalla scelta di questa o quella tipologia di strumento (e poi, quale?).

 

 

Il problema è ben più ampio e, come da molti individuato, coinvolge sia lo Stato (in rapporto all'educazione scolare ed al riparto delle risorse economiche), sia la Chiesa Cattolica, sia il mondo dei mass media che in Italia dedica invero un interesse del tutto trascurabile alla così detta musica classica (sacra o profana, antica o moderna che sia).

 

 

Se mai avverrà una crescita culturale generalizzata, anche l'organo ne trarrà beneficio e tutte le diverse tipologie di strumenti saranno apprezzate per le rispettive qualità.

 

 

Importanti segnali positivi in tal senso vi sono comunque stati in questi anni ed anche l'edificazione in Italia di numerosi organi ispirati ai più diversi stili (storici e moderni) rappresenta senz'altro la prova di una crescita della consapevolezza e della cultura organistica nel nostro paese.

 

 

Ben venga quindi la maggior differenziazione possibile nelle scelte stilistiche che ispireranno le future realizzazioni.

 

[alle stesse domande risponde Fausto Caporali]

 

 

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