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  Quale musica per la Liturgia? - Riflessioni di monsignor Vincenzo De Gregorio

 


QUALE MUSICA PER LA LITURGIA?



di Vincenzo De Gregorio [*], Preside del Pontificio istituto di Musica Sacra in Roma

 

La domanda che mi è stata consegnata [...] suppone un dubbio: quale è la musica per la nostra liturgia?

 

Questo suppone l’esistenza di parametri validi per decidere l’autenticità della musica nella Liturgia. Lancio una definizione che faccio mia: un’esperienza di fede illuminata dalla gioia estetica che scuote le fibre più profonde dell’esistenza.

La gioia estetica: è questa la musica, ma non è l’estetica del sentimentalismo o delle emozioni superficiali. La musica della liturgia ha un carattere “orante”. Questo carattere orante è quello innanzitutto dell’essere comunità, famiglia di Dio, Chiesa. L’essere Chiesa quando preghiamo, a sua volta ha un risultato: la preghiera che si fa carità e che diviene nel mondo testimonianza viva di verità, libertà, giustizia e pace.

La Musica di cui parliamo e alla quale ci riferiamo qui, [...] non è l’arte dei suoni (così viene definita) generica e anonima: è questa musica (con le armonie che conosciamo, con i ritmi codificati per i quali un valzer o un swing o un tango o un concerto rock sono quello che sono), ad essere la ”nostra” musica, quella per la quale tutto il nostro mondo acustico, dalle colonne sonore dei films e delle fictions, all’opera, ai concerti delle star negli stadi, al Jazz, a tutto il paesaggio sonoro che ci circonda, anche di notte, esiste. Questa musica è nata lì dove voi, oggi, cantate: in chiesa.

La nostra musica, la “NOSTRA” del mondo occidentale, che è la più complessa che mai il pianeta abbia elaborato, con la sua orchestra di strumenti a fiato, ad arco, a percussione, con il suo immenso repertorio che spazia dagli inizi del mondo “moderno”, quello del primo ‘600, del Monteverdi del Vespro della beata Vergine e di Orfeo, fino a Strawinsky e Berio e alla musica elettronica, ha alle spalle il cantore, i musicisti delle abbazie e delle scuole delle cattedrali, i Cori che cantano in Chiesa.

Questa musica che è diventata quella di Mozart e di Brahms, di Verdi e di Puccini è espressione di una tradizione colta, non soltanto popolare, anche se il popolare vi appartiene. Ma si tenga presente che fino alla fondazione delle prime Università, l’unico luogo di conservazione della cultura, di ricerca, di produzione di cultura sono stati i monasteri e le biblioteche e gli archivi delle cattedrali.

Sgombriamo, perciò, il campo da una pericolosissima idea: la musica della Chiesa è la musica spontanea, è la musica ispirata ma non coltivata. Se così fosse stato non avremmo provocato, noi Chiesa, la più grande epopea di arte, e non solo di musica, che l’umanità abbia avuto in assoluto.

Cerchiamo di comprendere la causa di tutto ciò. [...]

 

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  REGESTO E BIBLIOGRAFIA AGGIORNATA DEGLI ORGANI DELLA PROVINCIA DI MODENA - a cura di Federico Lorenzani

 

 

COLLANA D'ARTE ORGANARIA Vol. IX

Collana d’arte organaria – IX, 2012
Direzione scientifica a cura di Giosuè Berbenni – Federico Lorenzani

Associazione culturale "Giuseppe Serassi" Piazza Mazzini, 7 – 42016 Guastalla (RE)

Progetto grafico: Horizon Studio – Rivarolo Mantovano (MN)
In copertina: Archivio Storico Comune di Modena, Cronaca Lanzalotto (vol. 1539-1554) trascritta dallo Spaccini, p. 144
Stampa nel mese di novembre dell’anno 2012

Copyright © 2012 by Associazione "Giuseppe Serassi" – Guastalla
I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i micro lms e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

REGESTO E BIBLIOGRAFIA AGGIORNATA DEGLI ORGANI DELLA PROVINCIA DI MODENA

Federico Lorenzani

Trascorsi oltre venti anni dall’imponente lavoro di ricerca e schedatura sugli organi antichi di valore storico-artistico della provincia di Modena da parte di Carlo Giovannini e Paolo Tollari,1 è parso utile fare il punto della situazione con vari aggiornamenti allo stato attuale delle conoscenze.2

Purtroppo le province italiane che possono vantare un lavoro del genere, consistito in ricerca d’archivio e schedatura sul campo degli strumenti, sono pochissime, anzi di molte non esiste nemmeno un censimento sommario degli strumenti presenti.

Dal 1991, anno di pubblicazione dello studio sugli organi modenesi, sono stati restaurati vari strumenti grazie ad importanti contributi messi a disposi- zione sin dal 1998 dalla provincia di Modena,3 contributi che si sono aggiunti a quelli generalmente concessi dalla Conferenza Episcopale Italiana e dalle Soprintendenze competenti, nonché in alcuni casi dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

I restauri hanno potuto chiarire la paternità di alcuni di questi strumenti, e il presente lavoro ne darà conto. Saranno poi segnalati gli spostamenti di sede di qualche organo, o l’arrivo di organi da altre province.

Tra i vari aggiornamenti si segnala la de nizione dell’anno di costruzione dell’organo di Ottavio Negrelli (1687) della chiesa di S. Giuseppe a Fanano, e di quello di Filippo Tronci (1905) a Fellicarolo (c. Fanano) presso la parroc- chiale di S. Pietro apostolo.

È stato attribuito a Carlo Ricci (1807) l’organo della parrocchiale di Iola (c. Montese); a Domenico Traeri quello della parrocchiale di Marano sul Pa- naro; sempre a Domenico Traeri (1700) l’organo della parrocchiale del Santissimo Croci sso a Modena.

L’organo della parrocchiale di Palagano è stato costruito da Antonio Battani e dal glio Giosuè nel 1894; quello della parrocchiale di Rocca Santa Maria (c. Serramazzoni) da Ermenegildo Sighinol (sec. xix); quello della parrocchiale di San Biagio in Palude (c. San Felice sul Panaro) da Giuseppe Gallerani (sec. xix).

A Formigine l’organo di Carlo, Francesco e Domenico Traeri (1690) è stato riportato nella chiesa della Madonna del Ponte per il quale fu realizzato, dalla vicina parrocchiale.

Sono giunti due organi di scuola meridionale a Concordia: uno nella chiesa della Conversione di S. Paolo, l’altro nella parrocchiale della frazione di San Giovanni Battista.

A San Martino Vallalta (c. Polinago) è giunto un Agati del 1868, mentre l’organo di Torre Maina (c. Maranello) è stato attribuito ad Eugenio Bonazzi (1859).

Molti strumenti (o nuclei fonici) non si trovano nel luogo per il quale ven- nero costruiti: questo aspetto tuttavia esula dalla presente trattazione. Analo- gamente non è stato preso in considerazione l’elenco dei tanti residui di organi sparsi nei sottotetti di moltissime chiese (o ambienti parrocchiali), composti di pochissimi elementi: qualche canna, parti di mantici, eccetera.

Fa parte invece di questo studio la ricerca bibliogra ca in materia di organi del territorio modenese. Un lavoro di questo tipo fu redatto a livello nazionale da Arnaldo Morelli all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, per cui attualmente risulta incompleto e datato.4 A questo proposito, bisogna rico- noscere che col passare del tempo le pubblicazioni sugli organi si sono molti- plicate e con esse è aumentato anche il grado di qualità scienti ca dei singoli contributi. In alcuni casi si tratta di opuscoli di poche pagine o di brevi saggi redatti in occasione del restauro di qualche strumento, in altri casi di ricerche monogra che più corpose.

Purtroppo però, tante pubblicazioni uscite nel corso dei restauri sono introvabili perché edite con tirature limitate e prive del codice ISBN.5 Sfortuna- tamente, molte non sono depositate neppure presso le biblioteche locali, né tantomeno presso le biblioteche preposte (Roma, Firenze, Bologna) in cui è obbligatorio il deposito legale. Per questo motivo molte meritevoli ricerche, in assenza di un editore che possa gestirle e divulgarle ad altri studiosi ed appas- sionati, sono divenute praticamente inutili. Sarebbe dunque auspicabile che nascesse un centro di documentazione per la raccolta di pubblicazioni, studi, articoli, tesi di laurea sull’argomento, almeno a livello regionale.

Per quanto riguarda la presente bibliogra a sugli organi storici della provin- cia di Modena, essa sarà suscettibile nel prossimo futuro di ulteriori integrazioni; giova ricordare che non sono state prese in considerazione guide o pubblicazioni storico-artistiche di carattere locale, articoli di giornale o pieghevoli dei concerti, anche se questi riportavano brevi notizie sugli organi storici.

Considerazioni sugli organi presenti nel modenese

Alla luce delle recenti pubblicazioni sui censimenti degli organi delle province di Bologna e Reggio Emilia6, è possibile mettere ulteriormente a fuoco l’arte organaria di questi territori, de nita “emiliana”. La scuola organaria emilia- na coincide all’incirca con le attuali province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia.

La vicinanza geogra ca e le vicende politiche che si sono succedute nei secoli hanno favorito lo sviluppo degli strumenti secondo caratteristiche tecni- che, timbriche e sonore comuni. Gli organari più importanti hanno lavorato sin dal periodo rinascimentale nelle chiese di maggior rilevanza ecclesiastica di queste zone. Anche gli organi della Romagna (quantitativamente molto inferiori a quelli presenti nei territori dell’Emilia) rientrano in sostanza nella scuola emiliana: per il momento è stato pubblicato il censimento degli organi della provincia di Ravenna7, mentre per quanto riguarda Rimini esso è stato recentemente ultimato da Mauro Ferrante e attende di essere pubblicato.

I territori di Parma e Piacenza invece, pur presentando elementi di contatto la scuola organaria emiliana, meriterebbero una trattazione a parte: nel ducato di Parma e Piacenza infatti lavorarono dal Rinascimento a tutto l’Ot- tocento organari diversi da quelli del resto del territorio emiliano, portando avanti sino alla ne del Settecento una scuola che si potrebbe de nire “parmense” con proprie speci che peculiarità, ad esempio adottando quasi esclusivamente il somiere a vento. Il ferrarese Giovan Battista Cavalletti, di cui per il momento non si conosce il maestro, trasferitosi a metà Settecento a Piacenza, lavorò anche nel Parmense e nel Reggiano portando avanti un altro modello di organo con il somiere a tiro. Anche questa bottega, sviluppatasi con i nipoti tra Mantovano e Romagna meriterebbe uno studio specifico. Nel corso dell’Ottocento inoltre tra Parma e Piacenza fu forte l’influsso dell’arte organaria lombarda.

Di seguito si riportano pertanto considerazioni sulla scuola organaria emiliana, in particolare modenese, senza riprendere il pro lo storico già trattato nella pubblicazione Antichi Organi Italiani.8

Il patrimonio organario di valore storico-artistico del territorio modenese consta di oltre 230 strumenti di notevole varietà tipologica, e in qualche caso di interesse artistico rilevante. La quasi totalità si trova in edi ci di culto di proprietà ecclesiastica, pochi sono di Enti privati.

Gli organi sopravvissuti hanno caratteristiche riconducibili a varie scuole, anche se le più rappresentate sono certamente quella emiliana e quella pistoie- se; non mancano incursioni di organari parmensi e lombardi.

Altro aspetto signi cativo è la sopravvivenza, in strumenti più recenti, di nuclei fonici cinquecenteschi o seicenteschi di cui è di cile, in alcuni casi, attribuire una paternità certa. Occorrerà attendere i prossimi restauri per rilevare misure e raccogliere dati analitici.

Del periodo rinascimentale non rimane nessun organo. Come detto sopravvivono però diversi nuclei fonici: il più antico è quello della facciata dell’attuale organo Ru atti (1964) della chiesa di S. Pietro a Modena, risa- lente all’organo di Giovan Battista Facchetti del 1519; l’altro, del 1524, dello stesso organaro bresciano, è nell’organo Agostino Traeri della parrocchiale di S. Agostino, sempre a Modena.

Nuclei fonici di Giovanni Cipri si trovano nell’organo Sona del Duomo di Carpi (risalenti al 1540), nel Traeri della chiesa di S. Adriano III papa a Spi- lamberto, nel Traeri del Santuario di Stu one (c. Ravarino), nel Traeri della chiesa di S. Giacomo a Castelfranco Emilia e da ultimo nel Montesanti della parrocchiale di Mirandola; canne di Paolo Cipri (risalenti al 1584) sono pre- senti nell’organo Alessio Verati di S. Maria delle Assi a Modena e nel Bonazzi della parrocchiale di Torre Maina.

 

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1 Carlo Giovannini - Paolo Tollari, Antichi Organi Italiani - La Provincia di Modena, Modena, Franco Cosimo Panini, 1991.

2 Per laconsultazionedidocumentazioneerelazionidirestauro,isopralluoghiaglistrumen- ti, la gentile collaborazione e le autorizzazioni concesse si ringraziano le parrocchie proprietarie dei beni, la Curia Arcivescovile di Modena-Nonantola e la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia.

3 Armonie ritrovate. Organi restaurati nel territorio modenese, Modena, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, 2007.

4 Arnaldo Morelli, Storia dell’organo italiano. Bibliogra a (1958-1992), in «Le fonti musi- cali in Italia. Studi e ricerche», n. 6, 1992.

5 Il codice ISBN (dall’inglese International Standard Book Number) è un codice numerico (nell’ISBN a 10 cifre, però, l’ultimo carattere poteva anche essere una lettera, la X) usato inter- nazionalmente per la classi cazione dei libri. È de nito da uno standard dell’ISO, derivato dalla codi ca SBN inglese del 1967. Ogni codice ISBN identi ca in modo univoco ogni speci ca edizione di un libro (non però le semplici ristampe, che mantengono lo stesso codice dell’edi- zione cui si riferiscono) e, una volta assegnato, non può più essere riutilizzato. Da Wikipedia.

6 Oscar Mischiati, Regesto degli antichi organi di Bologna e del suo territorio, in «L’Organo», xxxv (2002); Federico Lorenzani, Contributo alla conoscenza del patrimonio organario della provincia di Reggio Emilia, in «Arte Organaria Italiana», iii (2011), pp. 191-248.

7 PaoloFabbri,OrganieorganariaRavennadalxvialxviiisecolo,in«L’Organo»,xvi(1978), pp. 3-54; Giuliano Amadei - Paolo Fabbri - Sergio Monaldini, Per un censimento del patri- monio organario italiano: la provincia di Ravenna, in Restauro, conservazione e recupero di antichi strumenti musicali, Firenze, Olschki, 1986, pp. 80-96.

8 Carlo Giovannini - Paolo Tollari, Antichi Organi Italiani, cit., pp. xv-xxi. 10

 

 

  Renato Lunelli

 

 

RENATO LUNELLI, primo esponente di una famiglia di musicisti e musicologi, nacque a Trento il 14 maggio 1895 da Narciso e da Gisella Pinamonti. Di provenienza agiata, si dedicò agli studi musicali presso il liceo musicale della sua città, seguendo i corsi di organo con Attilio Bormioli e di armonia con V. Gianferrari. [...]

Nel 1920 assunse l'incarico di organista in S. Maria Maggiore. Il 16 febbraio 1921 venne nominato membro della Société française de musicologie. [...] a partire dal 1929 entrò a far parte della Commissione per la musica sacra della curia vescovile di Trento e, nel luglio 1930, vi organizzò il primo congresso organistico italiano. 

[...]

L'attività di musicologo del L. fu rivolta in particolare allo studio dell'organo barocco e alla riforma dell'organo liturgico: la divulgazione delle sue ricerche fu essenziale per la costruzione di organi secondo i più aggiornati criteri filologici tanto che - per il contributo determinante allo studio, al restauro e alla conservazione degli organi antichi - il L. viene annoverato tra i fondatori della scienza organologica italiana. 

[...]

Nel 1960 fondò, insieme con Luigi Ferdinando Tagliavini, la rivista L'Organo, della quale tenne la condirezione sino alla morte, avvenuta a Trento il 14 gennaio 1967.

 

[per leggere la biografia completa, cliccare il sotto riportato collegamento]

 

* * *

 

 

  Renzo Buja

[Renzo Buja ritratto alla consolle dell'organo "Cavaillé-Coll/Mutin" op. 901 (1906) della basilica Sagrado Corazon di Buenos Aires nel 1981]

 

 

Renzo BUJA
(Bassano del Grappa, 8 Luglio 1930 – Padova, 30 Luglio 2001)

 

A cura di Diego Bonato e Alessandro Rizzotto

 

Organista di fama internazionale, si formò con i maestri Elena Moritsch, Arrigo Pedrollo, Sandro Dalla Libera e Wolfango Dalla Vecchia, diplomandosi in pianoforte e organo al Conservatorio “C. Pollini” di Padova. Successivamente frequentò corsi di perfezionamento con Ferruccio Vignanelli, Jean Guillou e Lionel Rogg.
Iniziò molto giovane una intensa attività ottenendo contemporaneamente riconoscimenti e premi ai concorsi internazionali di Monaco, Gand e Ravenna.
La sua attività concertistica lo portò, oltre che nelle maggiori città italiane, in Germania, Francia, Austria, Svizzera, Cecoslovacchia, Messico, Brasile, Argentina, Perù, Stati Uniti, Kenia, ecc. esibendosi in Festivals Internazionali, Rassegne Organistiche e per importanti Società concertistiche; come solista e con orchestra. Importante fu, nel 1976, l’occasione nella quale sedette alla consolle dell’organo del Conservatorio di Milano, per la prima esecuzione italiana dei “Colloque n°2” per organo e pianoforte di Jean Guillou, su invito dello stesso Guillou, impegnato al pianoforte.
I suoi recitals furono oggetto di ripetute registrazioni da parte di emittenti radiofoniche italiane e straniere (Svizzera, Cecoslovacca, Argentina, Americana e altre).
Durante la sua lunga carriera insegnò Organo e Composizione Organistica nei Conservatori di Pesaro, Rovigo, Verona e Padova fino al 1996, dove si impegnò costantemente a “crescere”, in sana libertà intellettuale e affettuosa disponibilità, innumerevoli allievi, oggi valenti organisti e insegnanti.
Per i suoi meriti artistici, acquisiti per la divulgazione della musica organistica italiana all’estero e nell’ambito degli scambi interculturali tra gli Stati, tenne numerosi corsi di interpretazione organistica in Italia ed Europa e più volte ufficialmente invitato dal Governo Messicano alla “Escuela Superior de Musica Nacional de Bellas Artes” di Città del Messico.

 

Di carattere umile e poco incline al protagonismo – inteso come “insistente” promozione e imposizione commerciale di se stesso – capace, non di meno, di forti passioni, fu unanimemente riconosciuto come interprete preparato, fine e dotato di grande, innata musicalità. Ciò gli permise di affrontare, con proprietà di stile e virtuosistico equilibrio, un repertorio organistico vastissimo, espresso su ogni tipo di strumento e preparato con costante e assiduo studio quotidiano – chi non lo ricorda alla consolle per interi pomeriggi impegnato nella preparazione dei concerti – dove era evidente una particolare predilezione per l’opera organistica di César Franck, che lo portò a diventarne un indiscusso modello interpretativo riconosciuto finanche da illustrissimi interpreti come Jean Langlais.
Lontano da rissose polemiche organologiche, rifiutò sempre schieramenti di parte – atteggiamento che lo ha visto spesso tenuto in scarsa considerazione dai “potentati” - prediligendo un approccio più attento alla personale indole e capacità di approfondimento, convinto della centralità dell’esecutore sostenendone la “libertà” interpretativa, in opposizione a quanti lo preferirebbero asservito alla “prassi esecutiva”.

 

* * *

 

 

1930/2001

Renzo Buja nel ricordo degli allievi

 

Desideriamo informare che è disponibile una pubblicazione dedicata al Maestro Renzo Buja in occasione del ventennale della morte, uscita per i tipi di Editoria Poliniani (Via Campofiore, 27 – 37129 Verona).

Un centinaio di pagine in formato A4 con circa ottanta immagini a colori, tra foto, manoscritti, programmi di sala e altro. Oltre all’elenco degli allievi (settanta) occupano speciale rilievo la cinquantina di scritti/contributi pervenuti. Una partecipazione generosa che, riteniamo, sia motivo di soddisfazione per tutti noi: per chi ha ideato, fatto ricerche, prodotto; per coloro che hanno fissato sulla carta emozioni, ricordi, considerazioni e le hanno qui condivise.

Foto d’epoca della famiglia, del maestro, degli allievi; le pagelle recuperate al Pollini; cartoline inviate dal Messico; l’elenco completo dei brani del suo repertorio e dei numerosi concerti; alcune appendici, suscitate da particolari situazioni ma sempre attinenti al mondo organistico, completano questa operazione di “memoria” che siamo ben felici di presentare. La pubblicazione è acquistabile in cartaceo e online. Se qualcuno fosse interessato può:

 

1 – prenotare copia (copie) in cartaceo, al prezzo di € 20,00 più spese di spedizione € 3.90, al seguente collegamento internet;

2 – visionare e scaricare on-line, al prezzo di € 10,00, al seguente collegamento internet.

 

Pagamento (con le istruzioni che al link vengono date); la busta arriva all’indirizzo indicato. Spedizione tracciata con corriere Nexive.

 

L’iniziativa è nata da un’intesa tra un gruppo di allievi del veronese. Oltre alla pubblicazione si vorrebbe ricordare il Maestro con alcuni momenti ufficiali.
 

Per richiedere ulteriori informazioni, scrivere tramite il modulo-contatti del presente sito internet.

 

Un cordiale saluto

 

Diego Bonato e Mario Lanaro

con Paolo Baccianella, Roberto Bonetto, Paolo Buro, Silvio Celeghin, Luigi Faccin, Giuseppe Manzini, Alessandro Meneghello, Aldo Piubello, Francesca Zancanaro, Sonia Zaramella.

 

Verona, 12 giugno 2021

 

 

  Riguardo la celeberrima (ed eventualmente famigerata) AVE MARIA di SCHUBERT

 

 
 

 

La celeberrima, ed eventualmente famigerata, "Ave Maria" di SCHUBERT venne composta nel 1825 e oggi porta il numero di catalogo 839 dell'elenco ufficiale delle opere del famoso compositore viennese: "famigerata" in quanto, dato l'uso diffusamente invalso in Italia di essere utilizzata (anche in sola versione strumentale) durante le messe nuziali, molti sacerdoti - incoraggiati magari da pronunciamenti ufficiali a cura degli uffici liturgici diocesani - ne vietano l'esecuzione in ambito liturgico!

 

In proposito, qui di seguito riportiamo un utile testo esplicativo di don Antonio Parisi dell'arcidiocesi di Bari.

 

In calce, infine, la traduzione italiana del testo (originale in tedesco) di Hymne an die Jungfrau (Ave Maria) op. 52 n. 6 di Franz Schubert.

 

 

* * *

 

 

Vorrei ancora, per l’ennesima volta, spiegare e dare una risposta chiara su un tema che, a scadenze fisse, occupa le pagine dei giornali, specialmente in occasione di matrimoni vip e durante il periodo estivo, con i gior­nalisti alla ricerca di notizie e di polemiche [1].

 

Innanzitutto partiamo dai documenti ufficiali, se ci sono. Dopo varie indagini, ho trovato soltanto un artico­lo della Congregazione per il culto divino che in rispo­sta a un quesito così scriveva: «Dopo l’entrata in vigore dell’Ordo celebrandi Matrimonium, che ha restituito una ambientazione schiettamente liturgica alla celebrazione delle nozze, da più parti, regioni e popoli diversi, è stato chiesto alla Sacra Congregazione per il culto divino cosa pensare, nel quadro del rinnovamento liturgico, di alcuni brani musicali, ancor oggi molto adoperati come elementi quasi «tipici» nella cerimonia nuziale.

 

In particolare vengono indicati: Marcia nuziale di MendelssohnMarcia nuziale di WagnerLargo di Haen­delAve Maria di GounodAve Maria di SchubertAria di chiesa di Stradella. La Sacra Congregazione ha interro­gato in proposito 13 esperti: 9 musicisti e 4 liturgisti, su scala internazionale. Dalle risposte sono emerse alcune indicazioni, che riteniamo sia utile far conoscere in sin­tesi, per un orientamento generale su tale problema.

  1. In generale gli interpellati hanno espresso parere negativo, non per l’intrinseco valore artistico dei brani, ma perché ritenuti non adatti all’uso liturgico. Accettare senza riserve queste misure significherebbe far perdurare un passato anacronistico. 
  2. Anche se tali brani musicali con l’uso ed il tem­po hanno ottenuto una certa caratterizzazione sacra, è doveroso e necessario favorire melodie e canti non di semplice ascolto, ma di vera partecipazione comunitaria, secondo le norme e lo spirito liturgico. 
  3. I brani in questione appartengono ormai ad un vecchio repertorio, liturgicamente non funzionale, stili­sticamente sorpassato che occorre gradatamente rinno­vare [...]. 
  4. A norma degli articoli 39 e 119 della Costituzione liturgica, e del n. 12 della Istruzione Musicam sacram, spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale – Conferenze episcopali – determinare gli adattamenti dei testi liturgici, entro i limiti stabiliti, specie riguardo alla musica sacra [...].
  5. Più importante di tutto rimane il lavoro di educa­zione alla nuova mentalità liturgica promossa dalla rifor­ma in corso, per cui la musica e il canto sacro hanno la nobile funzione ministeriale di favorire una celebrazione piena, attiva e comunitaria dei fedeli» [2].

 

Fin qui l’intervento della Congregazione; un intervento non ufficiale, perché apparso su una rivista a firma di una sigla con le sole iniziali S.B. Questo articolo suscitò una aspra reazione dei vaticanisti e musicisti; non va dimenticato che si era negli anni caldi della riforma liturgica, avviata soltanto da pochi anni. La Congregazione fu costretta a una rettifica nel numero 69 del 1972 con queste parole: «Le indicazioni riportate nella relazione sull’inchiesta, a firma di un collaboratore della rivista, volevano offrire elementi per un orientamento generale sul problema, senza introdurre divieti di alcun genere, del resto fuori luogo in una nota di semplice redazio­ne, sotto la responsabilità dell’estensore della medesima nota». Quindi un chiarimento a chiare lettere: non si trattava di una proibizione, ma di una nota di redazione di cui era responsabile il redattore. Quindi nessuna in­dicazione ufficiale.

 

Altro documento ufficiale è il Rito del Matrimonio, pubblicato dalla Cei il 4 ottobre 2004.

 

Nella presentazione al n. 30 così è scritto: «I canti da eseguire siano adatti al rito del Matrimonio ed esprimano la fede della chiesa, in modo particolare si dia importan­za al canto del salmo responsoriale nella liturgia della Parola. Quello che è detto dei canti vale anche riguardo alla scelta di tutto il programma musicale». Alle pagine 253-264 il rito prevede alcune melodie per i vari momenti rituali del matrimonio. Nessun divieto, ma il richiamo a un uso liturgico del canto.

 

Inoltre singoli vescovi di alcune diocesi italiane sono intervenuti con alcuni documenti relativi alla celebrazione del matrimonio in chiesa, specificando anche com­portamenti e ruoli dei vari addetti – fotografo, musicisti, tecnici – e indicando alcune norme circa i canti da pre­ferire o escludere per il rito. Le motivazioni addotte per l’esclusione di alcuni canti e musiche, sono di carattere storico, di opportunità e di non pertinenza al rito; in conclusione: sono canti religiosi, ma non liturgici e le musiche sono state composte per finalità profane.

 

Analizziamo i brani: Franz Schubert compose l’Opus 52, un gruppo di sette canzoni (Lieder) tratte dal poema epico (La donna del lago) dello scrittore scozzese Walter Scott, tradotto in tedesco da A. Storck che lo adattò. Nessuna storia di amanti o altre situazioni scabrose che a volte vengono addotte come motivo del rifiuto verso questo brano; è invece l’invocazione di una ragazza per la salvezza di suo padre[3]. Nel corso degli anni a questo è stato sostituito il testo dell’Ave Maria in latino; anche altri autori e cantanti hanno adattato altre parole alla musica, rimasta sempre identica.

 

L’altra Ave Maria è stata composta da Gounod nel 1859, che scrisse per violino una melodia, utilizzando come accompagnamento pianistico il primo Preludio dal Clavicembalo ben temperato di J.S. Bach. Successivamente fece una elaborazione per canto e orchestra, con il testo in latino dell’Ave Maria.

 

Come comportarsi? Il discorso canti e musiche va inquadrato, a mio parere, nel discorso più ampio del sacramento e del rito che viene preparato e celebrato. Non possiamo dimenticare le attese e le aspettative di sposi, genitori, parenti e amici. Sembra che la chiesa venga ap­paltata agli sposi che, con l’aiuto di fotografi, musicisti, sacristi e anche qualche improvvisato scenografo, riten­gono di poter organizzare a proprio piacimento il rito e la location. Così non è. Giustamente c’è la preoccupazione da parte dei sacerdoti di celebrare un rito cristiano, pur nella solennità e nella gioia del momento. Vanno evitate le due soluzioni estreme: niente strumenti, cantanti soli­sti e violini vari, ma soltanto l’organo; e l’altra soluzione in cui tutto e permesso e la chiesa viene trasformata in un set televisivo di dubbio gusto. Per risolvere le questioni, come sempre bisogna partire dal rito, dalla celebrazione, dalla liturgia e formare con catechesi opportune, durante la preparazione, gli sposi e i parenti vari. La celebrazione del matrimonio non può diventare una festa folcloristica o essere trasformata in uno spettacolo profano, assecondando idee strampalate o gusti personali alquanto kitsch.

 

L’altro problema arduo: la presenza dei musicisti – organista, violinista, cantante, coro, quartetto d’archi, arpa –, come prepararli, come gestirli. Dire subito «no, in questa chiesa si suona solo l’organo», diventa una soluzione semplicistica e immotivata sotto l’aspetto liturgico, pastorale, musicale, canonico. Durante le messe domenicali o durante alcune ordinazioni, anche noi utilizziamo vari strumenti, mettiamo in campo varie ministerialità e professionalità; il tutto senza alcuno scandalo, anzi con la certezza di preparare una vera celebrazione solenne e partecipata, dove ciascuno svolge il proprio compito a servizio di tutta l’assemblea. Perché non si potrebbe gesti­re alla stessa maniera anche una messa di matrimonio? Le diocesi dovrebbero organizzare corsi di preparazione per i musicisti dei matrimoni e spiegare quali sono i can­ti indispensabili e richiesti dal rito (acclamazioni, salmo responsoriale, alleluia, canti rituali e processionali). La presenza dei musicisti, specialmente di un coro, potreb­be aiutare e coinvolgere l’assemblea a una partecipazione più piena e visibile.

 

L’ultima questione: si possono suonare e cantare le Ave Maria e gli altri brani ormai entrati nel repertorio classico e diventate segno sonoro e simbolo del matrimo­nio cristiano? Dopo tutte le premesse e le considerazioni di carattere storico e musicologico, la risposta non può che essere positiva. In questi ultimi anni c’è stato un pas­sa parola da una diocesi all’altra, da un vescovo all’altro che prendevano posizioni negative non supportate da argomentazioni valide di carattere liturgico e pastorale. Si sostiene e si scrive che sono brani proibiti; ma da chi e in quale documento ufficiale della chiesa universale o italiana? Come abbiamo visto all’inizio, c’è solo una risposta a un quesito posto alla Congregazione per il culto.

 

L’unico motivo da addurre è la non pertinenza ri­tuale di tali canti se eseguiti in momenti non adatti. Cantare l’Ave Maria all’offertorio o alla comunione, non risponde a una scelta pertinente. Ma eseguirla durante le firme, come omaggio alla Madonna, per quale motivo non dovrebbe essere consentito? I motivi a volte sono di carattere esecutivo, specialmente se è l’amico, il parente della sposa che vuol fare un dono. Infatti a volte capita di ascoltare veramente delle brutte esecuzioni di can­tanti improvvisati e di voci da discoteca: queste vanno ostacolate e impedite, ma perché la voce è sgraziata e la musica è calpestata nella sua scrittura. E la colpa non è né di Schubert, né dell’Ave Maria. Quanti canti abituali nelle nostre comunità dovremmo eliminare perché non pertinenti ai vari riti, eseguiti in maniera maldestra e non rispettosi dell’assemblea celebrante?

 

Una sola conclusione: eliminiamo questo equivoco privo di motivazioni, rimuoviamo questo dubbio incon­sistente, smettiamola con questo diniego e impegniamo-ci per rendere questo sacramento più partecipato e più vero.  

 

Mons. Antonio Parisi (direttore Ufficio Musica Sacra dell'Arcidiocesi di Bari-Bitonto)

 


[1] Ho scritto questo capitolo, sollecitato dall’ennesima polemica, fre­sca di stagione (agosto 2012): una diatriba fra Al Bano e il parroco di Ci­sternino (Brindisi) per il divieto di cantare l’Ave Maria di Bach-Gounod durante il matrimonio di Michele Placido. Ne hanno parlato i giornali e le televisione nazionali e locali.

[2] Cf. «Notitiae» fasc. 62 (1971) e 69 (1972).

[3] Il testo tradotto e musicato da Schubert è composto di tre strofe: 1) «Ave Maria! Vergine dolce, esaudisci la preghiera di una vergine, da questa rupe aspra e selvaggia giunga fino a te la mia invocazione. Fino al mattino dormiremo sicuri, per quanto crudeli possano essere gli uomini. O Vergine, considera gli affanni di una vergine. O Madre, ascolta una figlia che ti invoca! Ave Maria!». 2) «Ave Maria! Immacolata! Quando ci chiniamo su questa rupe per dormire, e la Tua protezione ci avvolge, la dura roccia diventa per noi morbida. Tu sorridi e un profumo di rosa sovrasta l’umido tanfo di questo crepaccio. O Madre, ascolta una figlia che ti supplica. O Vergine, una vergine ti chiama! Ave Maria!». 3) «Ave Maria! Vergine pura! I demoni della terra e dell’aria, respinti dalla grazia del Tuo sguardo, non possono restare fra noi. Accettiamo in silenzio il nostro destino, perché assistiti dal Tuo santo conforto. Benevola chinati su questa vergine, verso la figlia che per il padre prega. Ave Maria!».

 

* * *

 

Ave Maria! Vergine dolce,
esaudisci la preghiera di una vergine,
da questa rupe aspra e selvaggia
giunga fino a te la mia invocazione.
Fino al mattino dormiremo sicuri,
per quanto crudeli possano essere gli uomini.
O Vergine, considera gli affanni di una vergine.
O Madre, ascolta una figlia che ti invoca!
Ave Maria.

Ave Maria! Immacolata!
Quando ci chiniamo su questa rupe per dormire,
e la tua protezione ci avvolge,
la dura roccia diventa per noi morbida.
Tu sorridi e un profumo di rosa sovrasta
l'umido tanfo di questo crepaccio.
O Madre, ascolta una figlia che ti supplica.
O Vergine, una vergine ti chiama!
Ave Maria.

Ave Maria! Vergine pura!
I demoni della terra e dell'aria,
respinti dalla grazia del tuo sguardo,
non possono restare fra noi.
Accettiamo in silenzio il nostro destino,
perché assistiti dal Tuo santo conforto.
Benevola chinati su questa vergine,
verso la figlia che per il padre prega.
Ave Maria.

[traduzione tolta da Wikipedia]

 

 

 

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  Rivista musicale "Suonare news"

il mensile dei musicisti

  Roberto Chiozza

 

Roberto CHIOZZA, musicista cremonese diplomatosi in Organo e Composizione organistica nel 1987 presso il Conservatorio di Parma sotto la guida dei maestri Luigi Toja, Mariano Suzzani e Lorenzo Ghielmi, da diversi anni svolge apprezzata attività di organista liturgico presso la parrocchia di San Daniele Po (CR) suonando l'organo "Giuseppe Rotelli" (1921) e di organista collaboratore della Cappella Musicale della Cattedrale di Cremona diretta da Fulvio Rampi in varie occasioni concertistiche e liturgiche. Nel 1990 ha pure conseguito il diploma in clavicembalo presso il Conservatorio di Verona sotto la guida di Danilo Costantini. Ha seguito corsi e seminari con K. Gilbert, G. Murray, W. Kolneder, P. Marisaldi, M. Torrent, J. Christensen, W. Zerer, E. Kooiman, Christopher Stembridge, L. Alvini, D. Hunter. Dal 1995 al 1999 ha studiato prassi esecutiva, basso continuo e musica d’insieme nella classe di J. Christensen presso la “Schola Cantorum” di Basilea. Dal 1985 svolge attività concertistica sia in veste solistica, come clavicembalista ed organista, sia con gruppi strumentali o vocali tra cui la Camerata Armonica Sammartini di Como, il Trio XVIII Secolo, il Duo Ilaria Geroldi-Marina Morelli: con queste formazioni si è esibito al Festival Praga Europa Musica (1992), all’esposizione del Musicora di Parigi (1996), alla rassegna "Musica e Poesia in San Maurizio" di Milano. Collabora, inoltre, col violinista Giacomo Invernizzi. Come solista al cembalo è stato invitato a partecipare per due anni consecutivi all’esecuzione dell’integrale delle sonate di Domenico Scarlatti presso il Conservatorio di Annecy (Francia). [dicembre 2009]

 

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