Ignorare la bellezza (di Francesco Cera)

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Ignorare la bellezza (di Francesco Cera)

Messaggioda Moderator Fori » 20/06/2015, 9:09

["Amadeus", 5/13]
Il patrimonio artistico che attraverso secoli di mecenatismo si è accumulato in Italia non finirà mai di stupirci per l’enorme ampiezza, oltre che per l’elevata qualità artistica. Si è consapevoli della quantità di pitture, sculture e altri manufatti di valore artistico conservati nei luoghi di culto, ma ancora pochissimo si ricorda quale eccezionale patrimonio sia quello degli organi storici.
La quantità è stimabile [...] attorno ai 10.000 strumenti, se consideriamo che la sola regione Marche, più ricca di altre ma non di molto, ne ha catalogati circa 750. Numeri da record, senza paragoni tra i paesi d’Europa anche sotto l’aspetto dell’antichità.
Mentre altrove gli organi di epoca rinascimentale si contano sulle dita di una mano, in Italia se ne conservano più di una trentina, costruiti nel periodo che va dal 1475 (l'organo di Lorenzo da Prato in S. Petronio a Bologna) alla fine del '500, alloggiati in splendide casse intagliate, con portelle dipinte da maestri di primo piano. Più di un centinaio gli organi del XVII sec., migliaia quelli dei sec. XVIII e XIX, a volte tre o quattro in un solo piccolo paese.
La varietà di tradizioni lungo la penisola si esprime in sonorità differenti, sia per la scelta dei registri, sia per le qualità timbriche: a volte sfumature, a volte differenze rilevanti tra concezioni sonore, frutto di esigenze musicali, suggestioni artistiche e ambientali, in splendido legame con la cultura del luogo.
Eppure questo entusiasmante patrimonio non gode affatto della considerazione che merita, e giace ancora in buona parte nell’abbandono, nell’incuria e ancor oggi in alcuni casi viene distrutto o venduto all’estero. I deliziosi organi positivi, specialità del Regno di Napoli, restano muti in cima alle cantorie nel meridione.
Nonostante da più di 30 anni siano diffusi restauri di alto livello e fioriscano rassegne di concerti, resta irrisolto il problema fondamentale: il ruolo originario e l’utilizzazione abituale di questi strumenti.
È un dato sconfortante che nelle chiese in cui esiste un organo storico restaurato questo non viene suonato durante la messa, ma si preferisce l’organo elettronico in nome di una maggior comodità. È mai possibile ignorare la bellezza e la capacità di elevare lo spirito di un antico organo a canne per suonare un brutto surrogato? Se il problema è la distanza con l’altare o col coro, all’estero risolvono distanze enormi con telecamere, noi abbandoniamo l’organo.
Quanti strumenti potrebbero essere salvati, restaurati bene anche con cifre non alte, e suonati ogni domenica per la gioia e l’elevazione dei fedeli.
Urge una riqualificazione della musica nella liturgia, che sia sentita come inscindibile dal decoro e dal valore spirituale del rito, e un’educazione del clero in tal senso.
I giovani organisti diplomati quando possono scappano all’estero, dove trovano ciò che in Italia è negato.
Dunque un appello, oltre che alle istituzioni di salvaguardia, va soprattutto alla Chiesa.
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Re: Ignorare la bellezza (di Francesco Cera)

Messaggioda giovannimascioni » 23/09/2015, 10:22

Condivido l'analisi del prof. Cera, ma mi ha fatto pensare.

Il clero non è più un riferimento culturale, docente ma ha perso molta presa, in questo senso, come riferimento. Non so se coscientemente o naturalmente.

Oggi le edicole "culturali" sono altre. Nelle funzioni liturgiche, parlando prosaicamente, si deve cercare di "accontentare" i fedeli che frequentano stimolando, animando il loro spirito. Ben vero che ciò viene fatto nei modi più disparati ma è anche vero che, come si è adottata la lingua volgare per rendere più comprensibili le Scritture, così spesso si cercano forme liturgiche più consone al marasma culturale in cui viviamo.

Ciò per dire che, quando la società civile nelle scuole e non solo elimina Greco, Latino, la Storia ed altre materie dai suoi programmi, sostituendole con argomenti sociologici, o tecniche (es. fotografia ed uso del computer, cucito ecc.) difficilmente si può dialogare.

La Chiesa con i suoi riti può solo seguire il decadimento culturale in atto. E i risultati si vedono. Persone divenute come capre che non sanno ne vogliono più ragionare. Masse imbelli, amorfe, senza ideali ne spina dorsale ecc.

Insomma, mi pare che i preti seguono la Cultura dominante per motivi utilitaristici e spesso, purtroppo, vi si adeguano mettendo il Vangelo da parte!!! Fatte salve le poche eccezioni che pur ci sono ma sono spesso malviste per chè poco "allineate alla "pseudo cultura dominante".

In questo contesto la musica Organistica, l'Organo diventano pesci fuor d'acqua, difficili da assimilare e gustare per la maggioranza e la massa.

Ergo: non pretendiamo le grandi platee ma usiamo di questi valori, in cui crediamo, per aiutare nella ricrescita il mondo.

Un po' come fece s. Benedetto ed i suoi figli in tempi di barbarie. Ma questo implica tanta fatica, ascesi personale, martirio anche! Senz'altro non gloria e onori.

Grazie.

Giovanni Mascioni
http://win.organieorganisti.it/mascioni-giovanni.html
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Re: Ignorare la bellezza (di Francesco Cera)

Messaggioda cosimoprontera » 09/10/2015, 9:54

Salve, ho riletto attentamente l'articolo del M.O Cera e le puntuali considerazioni del M.O Mascioni che approvo, da lì sono scaturiti questi miei pensieri.
L'articolo del M.O Cera mi ha riposizionato a circa 35/40 anni fa quando gli allora pionieri Luigi Ferdinando Tagliavini e il compianto Oscar Mischiati, "sacerdoti" e sacri riferimenti per tutti gli organisti italiani e non solo, dopo le esperienze sul campo con tutta la forza del loro carisma e il loro know-how, "urlavano" agli addetti ai lavori (musicisti, amministratori, politici e clero) e all'opinione pubblica, che possedevamo tesori organologici e organistici che erano da salvare: patrimonio inestimabile, unico, raro, ecc. ecc.
Mi sembra che poco sia cambiato e poco è valsa la lezione se si riscrivono pagine simili anzi con forza affievolita (immagino sia una questione di stile) rispetto a quella delle due personalità mondiali prima citate.
Penso che in questi anni i cosiddetti organisti professionisti hanno pensato più a fare i professori e poco i maestri.
Questo, ci ha fatto salire meno sulle cantorie impolverate (nel migliore dei casi) e fraquentare di più le sale conferenze recitando la stessa lezione sul patrimonio che era unico, inestimabile e da salvare.
Non ci siamo più rimboccati le maniche e non abbiamo più respirato la "sacra polvere", ne fatto anticamere in questa soprintendenza piuttosto che in quella curia vescovile per convincere, atti alla mano, dell'indispensabile restauro dello strumento storico in quanto unici a possedere quelle armi di persuasione scaturite dalla competenza e dall'esperienza sul campo.
Abbiamo fatto i professori e poco i maestri!
Perchè oltre alle imprescindibili ricerche scientifiche sull'organologia e alle esecuzioni storicamente informate, chi viveva e vive al nostro fianco aveva bisogno anche di notizie divulgative ma offerte da competenti, ed i maestri avevano, ed hanno, questa capacità.
Penso che bisogna essere maestri e non professori anche per quel clero, non più riferimento culturale come scriveva il M.O G. Mascioni, clero che conosce a mena dito i testi delle canzoni di Claudio Baglioni e per nulla il canto Gregoriano e la situazione è destinata a peggiorare vista la penuria di vocazioni europee rimpiazzate da quelle extracomunitare (africani, filippini in primis) con culture ben diverse dalle nostre (penso sarà difficile far comprendere o addirittura far godere della bellezza di una "voce umana" con battimenti calanti come nell'organaria veneta).
"Ma questo implica tanta fatica, ascesi personale, martirio anche! Senz'altro non gloria e onori" (cit. Giovanni Mascioni).
Grazie per avermi letto fin qui. Cosimo Prontera.
cosimoprontera
 
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