L'organo, la voce di Dio (?)
di Roberto Bertero - https://www.organieorganisti.it/roberto-bertero
Premessa
L'organo è lo strumento musicale spirituale per eccellenza.
Non a caso la sua collocazione ideale, specie nelle cattedrali romaniche e gotiche, è sempre stata tra cielo e terra: sulla tribuna, sotto il rosone.
Un'esigenza simbolica oltre che acustica, in quanto sin dall'antichità si è soliti sposare il simbolismo visivo: la luce caleidoscopica che filtra tra i vetri colorati dei rosoni, col simbolismo sonoro: generato appunto dalle armonie dell'organo.
Sì, l'organo, che quando risuona a "pieni polmoni" può ben rendere l'idea di una voce tonante che scende dal cielo, sino a giungere, con tutte le gradazioni intermedie, ad un sublime "pianissimo" che può innalzare alle cose celesti i meandri più remoti del nostro animo.
Strumento quindi dalle infinite sfaccettature, definito da molti come "l'orchestra sinfonica che può esser suonata da... una sola persona". Ma con una marcia in più: è l'unico strumento musicale dotato di un legame indissolubile con la liturgia cristiana, per la quale rappresenta un valore, inimitabile e insostituibile.
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Compito e dovere dell'organista è quello di riportare le opere d'arte musicali a casa, nella Chiesa, nella liturgia.
Esatto: riportare... verbo non usato a caso, in quanto l'organo vanta una letteratura vastissima, perlopiù originariamente creata come elemento costitutivo del culto divino, letteratura che solo in un secondo tempo è approdata al mondo concertistico.
Alla luce di ciò, comprendiamo quanto l'impiego liturgico di brani che oggi possono erroneamente venir tacciati come "concertistici" di fatto null'altro è che un doveroso ritorno alla propria funzione primigenia di composizioni nate per la Chiesa, o, comunque, degne di farvi parte (per oggettiva qualità, forza simbolica ed alta ispirazione).
Questo è sempre bene ricordarlo, per chi non lo sapesse o l'avesse dimenticato.
Per suonare in chiesa è infatti indispensabile conoscere le numerose sfaccettature della letteratura organistica ed essere in grado di eseguirla, con gusto e precisione, in modo che rispecchi sempre fedelmente il tempo liturgico. Bisogna anche saper improvvisare, essendo l'improvvisazione organistica una pratica spirituale, una preghiera-musicale che nasce per la liturgia e dalla liturgia stessa.
Tutti compiti che indubbiamente richiedono competenze specialistiche!
Visto che l'orario di lavoro espletato in loco, nella casa di Dio, è solo la "punta di un iceberg", se rapportato alle ore di preparazione/studio per poter garantire sempre un alto standard qualitativo, va da sé che la mansione di organista può venire esercitata unicamente da organisti professionisti (o soggetti che abbiano comunque maturato cultura e sensibilità di pari livello).
Ma veniamo alla realtà di tutti i giorni, che, data l'imperfetta natura umana, non è sempre rosea o in linea con tali premesse.
In Italia la realtà deve fare i conti con troppi anni di abbandono istituzionale, durante i quali la cultura musicale media è andata via via scemando.
Nelle chiese chiunque in grado di "rigirare due armonie", ancor più se gratuitamente, è stato il benvenuto come "organista" (tendenza che per altro contraddice i criteri musicali richiesti nei punti 115 e 120, Capitolo VI, del Sacrosanctum Concilium del 4/12/1963) [v. http://win.organieorganisti.it/sacrosan ... cilium.htm].
È una problematica sociale, ancora ben attuale, che ha causato e continua a causare una diseducazione all'ascolto, oltre che ovvi dilemmi etici nei confronti di chi ha conseguito una laurea in organo.
Questo inesorabile processo fuorviante ha raggiunto livelli pressoché insanabili, tanto che i fedeli (sovente perfino il clero) hanno mediamente smarrito ogni basilare forma di discernimento circa quale carattere musicale sia giusto aspettarsi in chiesa.
Salvo casi felici, di cultura e sensibilità proprie, va morendo l'attitudine (e forse anche il desiderio) di assaporare della vera musica durante le funzioni religiose, di porsi in ascolto.
Quasi con rassegnazione, anziché anelare verso la qualità (cosa che dovrebbe risultare spontanea in rispetto al valore di ogni funzione), si indulge verso il "chiunque può suonare", "chiunque può tenere la manutenzione di un organo", "chiunque può cantare", "chiunque può leggere"... un fardello di concessioni che possono portare l'assemblea ad assistere a situazioni a dir poco imbarazzanti.
Sicuramente nessuno desidera, di proposito, infastidire il popolo di Dio, ma, a tutti gli effetti sovente è ciò che accade.
A volte si insegue il giusto desiderio della "partecipazione attiva", di giovani e non, tramite la chimera di chitarre e amplificatori a manetta... dimenticando forse che, a dispetto di età e apparenze, l'essere umano molto semplicemente risponde al fascino del Bello.
L'apporto musicale dell'organo a canne (lì dove ancor peggio non sia stato abbandonato e rimpiazzato da un elettrofono) è diventato un amorfo riempitivo, un "quadro abbozzato a metraggio", avulso dal nobile trasporto mistico/artistico proprio della sua funzione originaria.
La figura dell'organista è disconosciuta a livello professionale, in quanto privata dal suo iniziale ruolo di grande responsabilità.
Se non si vede l'importanza di una cosa essa stessa perde di valore, ne consegue la tendenza ad offrire bassissime paghe (se non semplici rimborsi spese) ai professori organisti rimasti operanti sul suolo italiano. Con un occhio sempre aperto ad eventuali servizi musicali offerti da volontari, di dubbia qualità ma gratuiti.
È possibile giungere addirittura al paradosso: chi ascolta per la prima volta l'organo, nei rari casi in cui a buon ragione interagisce sinergicamente con la liturgia, è "basito", poiché l'esperienza va oltre la melensaggine dei soliti due/tre accordi rigirati con fare pressapochista, ai quali ci si è ormai assuefatti.
L'organista musicista, che, in clima di declino culturale, svolge con passione e perizia il proprio ruolo, assicurando la valenza formativa dell'educazione al bello, appare alle orecchie diseducate da anni di dilettantismo come un "concertista fuori luogo" un "esibizionista". In sostanza: il mondo alla rovescia.
Che danno!
Che danno è avvenuto nel concedere - a chiunque - l'accesso alle cantorie e ai preziosi strumenti a canne!
Danno che risulta ancor più doloroso se si pensa alla premessa di questo articolo, perché non si tratta meramente di un impoverimento culturale (cosa già gravissima), bensì, specie per chi crede nel valore di atti e intenzioni della liturgia cristiana, è andata progressivamente perduta l'alta opportunità di creare un degno collegamento sonoro verso le realtà intangibili!
La voce di Dio cosa è diventata? A quali compromessi l'abbiamo fatta scendere?
Vogliamo continuare ad assistere, inerti, ad una condizione sociale che vede ormai la cultura musicale in caduta libera?
Ricercando una possibile soluzione diamo un'occhiata a cosa succede all'estero, non per esterofilia, ma perché viaggiare, conoscere e confrontarsi, favorisce l'apertura mentale.
Bene, vediamo che da tempo immemore nei paesi di derivazione anglosassone le dinamiche dei rapporti Stato-Chiesa accompagnano costantemente lo sviluppo dei sistemi scolastici che divengono il ritratto di ogni singola nazione.
Il corretto apprendimento della musica (con classi corali e strumentali), unitamente alle discipline sportive, è parte integrante di qualsiasi percorso formativo.
Imparando sin da piccoli a vivere nel mondo della bellezza e dell'armonia, si creano, e si alimentano costantemente dalle basi, realtà sociali dotate di gusto e consapevolezza musicale, che si traducono in comunità ecclesiali aperte ad una vita musicale ricca di cultura, alta qualità e tradizione.
Conseguentemente ai musicisti vengono forniti tutti gli strumenti per espletare al meglio il proprio compito, cosa che si traduce in organi funzionanti al 100%, in grado di sostenere in modo equilibrato il canto assembleare, nonché di produrre arte.
Certo non come in Italia dove l'organista, in virtù di presunti "beni artistici" e strumenti "da tutelare", nella stragrande maggioranza dei casi si ritrova di fatto ad operare sul vecchio e sul fatiscente. in sostanza: «La cultura è solo una mera e sublime ricapitolazione!» come dice, a torto, Jorge ne "Il nome della Rosa" di Umberto Eco.
Tornati ormai nel nostro Bel Paese, constatiamo, con rammarico, che lo Stato applica continui tagli su cultura e sanità, privilegiando iniziative di facciata finalizzate ad accaparrarsi nuovi consensi elettorali.
È dunque morta ogni speranza?
No, perché la Chiesa detiene comunque la possibilità di salvaguardare la cultura; l'ha sempre lodevolmente fatto in passato ed è basilare che torni ad adoperarsi fattivamente anche in Italia!
E, non potendo contare su uno Stato solido e collaborativo, ragione in più per affidarsi ed investire autonomamente su figure musicali professionali (ben presenti nel nostro Paese), valorizzando il merito e mirando a conseguire livelli di eccellenza sul lungo termine. Le evoluzioni avvengono sempre nel giusto tempo.
La musica deve tornare ai musicisti, gli organi agli organisti titolati.
Se si saprà restituire dignità all'organo, vedendolo nuovamente come mezzo per veicolare arte ed elevazione spirituale, si potrà fare, insieme, la differenza.