["Amadeus", 5/13]
Il patrimonio artistico che attraverso secoli di mecenatismo si è accumulato in Italia non finirà mai di stupirci per l’enorme ampiezza, oltre che per l’elevata qualità artistica. Si è consapevoli della quantità di pitture, sculture e altri manufatti di valore artistico conservati nei luoghi di culto, ma ancora pochissimo si ricorda quale eccezionale patrimonio sia quello degli organi storici.
La quantità è stimabile [...] attorno ai 10.000 strumenti, se consideriamo che la sola regione Marche, più ricca di altre ma non di molto, ne ha catalogati circa 750. Numeri da record, senza paragoni tra i paesi d’Europa anche sotto l’aspetto dell’antichità.
Mentre altrove gli organi di epoca rinascimentale si contano sulle dita di una mano, in Italia se ne conservano più di una trentina, costruiti nel periodo che va dal 1475 (l'organo di Lorenzo da Prato in S. Petronio a Bologna) alla fine del '500, alloggiati in splendide casse intagliate, con portelle dipinte da maestri di primo piano. Più di un centinaio gli organi del XVII sec., migliaia quelli dei sec. XVIII e XIX, a volte tre o quattro in un solo piccolo paese.
La varietà di tradizioni lungo la penisola si esprime in sonorità differenti, sia per la scelta dei registri, sia per le qualità timbriche: a volte sfumature, a volte differenze rilevanti tra concezioni sonore, frutto di esigenze musicali, suggestioni artistiche e ambientali, in splendido legame con la cultura del luogo.
Eppure questo entusiasmante patrimonio non gode affatto della considerazione che merita, e giace ancora in buona parte nell’abbandono, nell’incuria e ancor oggi in alcuni casi viene distrutto o venduto all’estero. I deliziosi organi positivi, specialità del Regno di Napoli, restano muti in cima alle cantorie nel meridione.
Nonostante da più di 30 anni siano diffusi restauri di alto livello e fioriscano rassegne di concerti, resta irrisolto il problema fondamentale: il ruolo originario e l’utilizzazione abituale di questi strumenti.
È un dato sconfortante che nelle chiese in cui esiste un organo storico restaurato questo non viene suonato durante la messa, ma si preferisce l’organo elettronico in nome di una maggior comodità. È mai possibile ignorare la bellezza e la capacità di elevare lo spirito di un antico organo a canne per suonare un brutto surrogato? Se il problema è la distanza con l’altare o col coro, all’estero risolvono distanze enormi con telecamere, noi abbandoniamo l’organo.
Quanti strumenti potrebbero essere salvati, restaurati bene anche con cifre non alte, e suonati ogni domenica per la gioia e l’elevazione dei fedeli.
Urge una riqualificazione della musica nella liturgia, che sia sentita come inscindibile dal decoro e dal valore spirituale del rito, e un’educazione del clero in tal senso.
I giovani organisti diplomati quando possono scappano all’estero, dove trovano ciò che in Italia è negato.
Dunque un appello, oltre che alle istituzioni di salvaguardia, va soprattutto alla Chiesa.