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  ANTEGNATI organari in Brescia tra il XV e il XVII secolo

[L'organo "Graziadio Antegnati" (1565) della basilica palatina di S. Barbara in Mantova]

 

ANTEGNATI è il cognome di una famiglia di organari attiva tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVIII secolo a Brescia. La loro opera si esercitava sia sugli organi, sia su altri strumenti quali cembali e spinette. Nella famiglia si contarono ben 19 figure dedite a questa occupazione, che contribuirono alla nobilitazione professionale dell'artifex instrumentorum musicorum (artigiano degli strumenti musicali), professione ritenuta nel Medioevo arte "più meccanica che liberale", praticata a volte da gente "molto bassa e quasi mendica".

 

La prima menzione di un organaro chiamato Bartolomeo Antegnati compare nel 1481, in occasione della gara indetta per il rifacimento dell'organo della chiesa di Santa Maria de Dom (duomo) a Brescia, nella quale compare Bartolomeo Antegnati (o Bartholomeus de Lomexanis de Bressia), figlio di Giovanni, giurisperito di nobili origini, proveniente da Antegnate (BG), che aveva ottenuto la cittadinanza bresciana nel 1436. Bartolomeo era probabilmente stato allievo di Bernardo d'Alemania. Oltre all'intervento del 1481 nella propria città natale, nel 1486 fu attivo nel duomo di Mantova. Nel 1488 venne assunto congiuntamente dal Comune e dal Capitolo di Brescia, con il compito di mantenere e suonare i due organi della città e nel 1490 fu chiamato a Milano per costruire il nuovo organo del Duomo e per garantire in seguito la manutenzione dell'organo vecchio e di quello nuovo. Nel 1494 ritornò a Brescia, dove ebbe l'incarico a vita di mantenere gli organi cittadini, che lasciò tuttavia dopo soli due anni. Nel 1496 fu incaricato della costruzione dell'organo della Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, ma la sua opera venne rifiutata dopo ben tre collaudi negativi e ne nacque una controversia legale per la quale si richiese perfino l'intervento del papa. Nel 1498 costruì l'organo della chiesa di San Lorenzo di Milano e nel 1501 condusse, senza esito, dalla città di Albino, trattative per la costruzione di un organo a Lodi. Poco dopo probabilmente morì. Bartolomeo ebbe tre figli: Giovan Battista (circa 1490-1559), Giovan Giacomo (circa 1495-1563) e Giovan Francesco I (circa 1505 - dopo il 1583).

 

Giovan Battista, figlio del capostipite Bartolomeo, fu autore, a quanto si conosce, di soli quattro strumenti: negli anni 1534-1535 fu incaricato degli organi per i due conventi femminili del Santo Spirito e di Santa Maria della Pace, a Brescia, e negli anni 1536-1538 dei due per la basilica di Sant'Antonio di Padova e per la chiesa di San Francesco Grande a Padova, che ebbero tuttavia collaudo negativo. Secondo L'Arte Organica di Costanzo Antegnati avrebbe costruito anche un organo per la chiesa di San Benedetto Vecchio, sempre a Padova. Nel 1544 intervenne sull'organo della chiesa dell'Incoronata di Lodi, subendo altre critiche, ma svolgendo comunque nella città l'attività di suonatore di organo e di maestro.

 

Giovan Giacomo, figlio di Bartolomeo, fu attivo a partire dal 1513 e costituì insieme al figlio Benedetto uno dei due rami principali della tradizione familiare, attivo a Milano. Tra il 1518 e il 1525 costruì tre strumenti a Milano. Nel 1524 fu organista della chiesa di Sant'Eufemia a Brescia e costruì ancora a Brescia gli organi per le chiese di Santa Maria delle Grazie (1532) di San Faustino (1533) e per il duomo di Brescia (1536-1537), grandemente ammirati dai contemporanei. Nell'estate del 1538trasferì la propria attività a Milano, spingendosi fino a Varese, Lugano, Verona, Morbegno e Vigevano. Nel 1548 costruì l'organo per il duomo di Salò, che tuttavia fu accolto freddamente dai committenti, che ne dilazionarono il pagamento per circa un decennio. Proseguì l'attività fino alla sua morte, mentre era probabilmente intento alla realizzazione di un organo per la chiesa di Sant'Alessandro a Brescia.

 

Giovan Francesco I, terzogenito di Bartolomeo, coadiuvò il fratello Giovan Giacomo nella sua attività e fu reputato per la sua personale produzione di strumenti a tastiera Sopravvivono circa una decina di sue opere, tra cui due spinette poligonali (conservate presso il Victoria and Albert Museum di Londra e presso il Museo nazionale degli strumenti musicali di Roma), mentre altri esemplari sono in Lombardia (uno di proprietà dell'"Ateneo di scienze, lettere e arti", pervenutoci nel suo stato originale, è esposto presso i "Civici musei di arte e storia" di Brescia, mentre il secondo, più riccamente decorato, ma alterato da interventi successivi, si trova presso il "Museo teatrale alla Scala" di Milano

 

Graziadio, figlio di Giovanbattista, nell'opinione del grande organaro bergamasco ottocentesco Giuseppe Serassi «[...] fu il più esatto e perfetto in quest'arte fra i molti di questa illustre famiglia [...] la solidità, la dolcezza delle canne, e la maestria delle medesime erano inimitabili».

A fronte della fama di cui gode, di lui si conoscono pochissimi dati biografici. Il periodo che intercorre tra la sua apparizione all'età di 15 anni in un laboratorio bresciano di “flaschis scloporum” e il suo primo organo, quello per la comunità di Coccaglio nel 1562, ma soprattutto quello per la Basilica palatina di Santa Barbara in Mantova, commissionatogli nel 1565 da Guglielmo Gonzaga, quando aveva quindi 40 anni, risulta ancora assai misterioso. Non sappiamo se fu quella l'occasione che lo spinse ad occuparsi definitivamente della bottega ricevuta in eredità paterna, prima forse poco frequentata per vicissitudini familiari tribolate. A quanto risulta fino ad oggi costruì meno di una decina di strumenti in un quarto di secolo, tra i quali nel 1578 uno nuovo per la chiesa del Carmine in città. Il suo perfezionismo fu favorito da una situazione economica floridissima derivatagli dall'eredità paterna e da altre due successive. Di lui rimane l'organo Antegnati più grande e famoso al mondo, quello di 16 piedi costruito con la collaborazione del figlio Costanzo nel 1581 per i frati della chiesa di San Giuseppe a Brescia. L'altro strumento preziosissimo, anch'esso sopravvissuto, restaurato recentemente da Giorgio Carli, è l'organo della basilica palatina di Santa Barbara a Mantova. Rarissimo, progettato in collaborazione con il virtuoso Girolamo Cavazzoni in tempi brevissimi, possiede 7 tasti enarmonici; è stato usato da alcune grandi figure dell'epoca come Giaches de Wert, Claudio Monteverdi, Luca Marenzio, Giovanni Giacomo Gastoldi, Amante Franzoni, Francesco Rovigo. Dell'organo di Bellinzona in Svizzera, costruito da Graziadio nel 1588 (firmato all'interno della canna principale), esistono nello strumento attuale ancora l'ottanta per cento delle canne originali. L'organo era un dodici piedi e composto da undici registri. Degli altri strumenti da lui costruiti anche assieme al figlio, non rimane quasi nulla, se non qualche decina di canne in organi recenziori. Figura ancora nell'ombra e da studiare attentamente per le sue implicazioni storico artistiche. Forse per riscattare una sua situazione familiare discontinua, si adoperò molto per l'educazione e la carriera del figlio Costanzo.

 

Giovan Giacomo Antegnati ebbe dodici figli, ma l'unico a proseguire l'attività del padre fu Benedetto, attivo fra il 1559 e il 1584, che intervenne sugli strumenti realizzati dal padre e ne fece circa una decina di nuovi, tra i quali tre a Parma e uno nel duomo di Torino.

 

Costanzo, oltre all'istruzione sull'arte familiare, ebbe al tempo stesso anche una formazione musicale. A soli ventuno anni infatti viene inviato dal padre a sistemare l'organo di Santa Barbara in Mantova, rassicurando il Duca Guglielmo Gonzagasulle sue capacità. Nel 1595 fu commissionata da Caterina Gonzaga, figlia del marchese Alfonso Gonzaga, la costruzione dell'organo per la Chiesa prepositurale di Sant'Erasmo a Castel Goffredo (Mn). Da quell'epoca la collaborazione sarà continua e verrà talvolta testimoniata da firme congiunte poste dentro le canne più grandi realizzate, come ad esempio quella esistente dentro la monumentale canna di 16 piedi (oltre 5 metri) dell'organo della chiesa di San Giuseppe. In quarant'anni costruisce o effettua circa 25 lavori, ma alla luce dei fatti bisognerà stabilire meglio quanti subappalti abbia ceduto a Bernardino Virchi o ai fratelli Moroni (come nel caso della chiesa del Corlo) e in quanti lavori abbia fatto in realtà da garante il padre. Dei suoi strumenti non rimane quasi nulla, solo pochi reperti. Nel bresciano appronta quelli per San Giuseppe (1581) e Bagolino (1590, entrambi assieme al padre), Gardone Riviera e Carmine di Salò (1594), San Gaetano in città (1596), Lonato e Calcinato (1601); per Polpenazze (1609) è garante per il figlio. Nel bergamasco notevole è l'organo della chiesa di San Nicola ad Almenno San Salvatore (1588). Tale organo è stato di recente (i lavori sono terminati nel 1996) di un accurato lavoro di restauro supportato da ricerche organologiche e filologiche. Costanzo di fatto chiude la grande epopea antegnatiana.

 

Alla sua morte, dei quattro figli maschi avuti, solo Giovan Francesco II prosegue l'attività. Egli non riuscì a svilupparla adeguatamente nonostante le aspettative di Costanzo che lo designò come interlocutore nell'Arte Organica e suo erede universale fin dal primo testamento (Costanzo ne fece 3: 1600, 1603 e l'ultimo 1615) ritrovato recentemente, (ancora sigillato e controfirmato tra gli altri da Giovanni Paolo Maggini, famoso liutaio bresciano allievo di Gasparo da Salò). La morte lo coglierà quasi sicuramente nel 1630, a soli 43 anni, probabilmente di peste.

 

I figli di Giovan Francesco, Graziadio III, Faustino II e Girolamo, assieme al nipote Bartolomeo Ludovico figlio di Graziadio III, terminarono i fasti degli avi vivendo di luce riflessa, principalmente con lavori, manutenzioni e rari strumenti, nei quali molto probabilmente copiano il richiesto, nuovo stile meiariniano. La stirpe si estinse nel 1710, con la morte dell'ultima rappresentante nella parrocchia di Sant'Agata.

 

 

 
 
 

  Chichi organi

 

 

CHICHI ORGANI - Famiglia organara dal 1957

L’azienda ha sede in Cerreto Guidi, in provincia di Firenze a pochi chilometri da Vinci, città natale di Leonardo da Vinci.

 

 

  DIZIONARIO BIOGRAFICO ORGANARI ITALIANI

 

 

DIZIONARIO BIOGRAFICO ORGANARI ITALIANI

 

Questo progetto, a cura dell’Associazione “G. Serassi”, mira a creare una enciclopedia libera, gratuita ed aperta nella quale poter ricercare informazioni su famiglie e botteghe organarie italiane.

Ogni scheda di questo Dizionario è stata curata da musicologi, organologi e studiosi di arte organaria esperti.

Per ricercare una famiglia organaria, sarà sufficiente cliccare sulla lettera che corrisponde all’inizio del cognome e ricercarla nell’elenco.

Il progetto è in continua evoluzione: nuove schede e aggiornamenti verranno continuamente pubblicati.

 

  Fabbrica d'organi MASCIONI

[L'organo "Mascioni" op. 1066 (1984) del Duomo di Cremona; cliccare sull'immagine per ascoltarne la voce]

 

 

La storia della "Fabbrica d'organi Mascioni" è strettamente legata al lavoro e alla vita dell'omonima famiglia che di padre in figlio si tramanda l'amore per questa attività. Dopo la soppressione napoleonica degli ordini religiosi (1803), due fratelli, Padre Pasquale e Giuseppe Mascioni, conventuali, tornano nella loro patria, Cuvio, in Valcuvia. Entusiasti e conoscitori della musica, consigliano ad un loro giovane nipote, Giacomo, di dedicarsi all'arte organaria. Questi, dopo un periodo di formazione musicale a Varese e di apprendistato presso gli organari Chiesa, apre a Comacchio di Cuvio la "Fabbrica d'organi Mascioni". È l'anno 1829. L'attività in questi primi anni si svolge nelle zone limitrofe raggiungendo le valli del vicino Canton Ticino, in Svizzera. Ben presto Giacomo è aiutato nell'arte da tre figli: Bernardo, Gaspare, Anacleto. Con essi costruisce strumenti anche notevoli secondo lo stile lombardo dell'epoca: somieri "a vento", trasmissioni meccaniche spesso complesse. Nel 1883 il nipote di Giacomo, Vincenzo, figlio dodicenne di Bernardo, inizia il tirocinio in fabbrica; alla morte prematura del padre e degli zii Vincenzo assume la direzione della fabbrica sviluppandone l'attività, cogliendo le esigenze dell'epoca e dominandole con la sua solida personalità artistica. Sotto la sua guida, con l'aiuto dei figli maschi: Giacomo, Ernesto, Giovanni, Angelo, Vincenzo, Tullio e dei collaboratori assunti tra la gente locale, spesso anche essi presenti di padre in figlio, la Ditta cresce d'importanza raggiungendo livelli tecnici d'avanguardia e notorietà mondiale. Dagli anni Settanta, in sintonia con i tempi, si è tornati all'uso delle trasmissioni meccaniche e ad un nuovo modo di "architettare" il suono e le strutture. Oggi la ditta è condotta dai figli di Ernesto: Eugenio, Enrico, Mario e dai nipoti Andrea e Giorgio. Da sei generazioni i Mascioni continuano una tradizione familiare che li ha portati, in un secolo e mezzo di attività, alla costruzione di più di mille organi e negli ultimi decenni ad un intensa opera di restauro di strumenti antichi.

 

  Gaetano CALLIDO

 

Gaetano CALLIDO nacque ad Este (Padova) nel 1727. [...] Passò quindi alla scuola del celebre organaro di origine dalmata Pietro Nacchini, dal quale si staccò nel 1762 per iniziare una propria attività indipendente; [...]. Nel 1766 egli riceveva il prestigioso incarico di rifare completamente i tre organi della basilica di S. Marco a Venezia; [...] Gli eventi politici e i mutamenti economico-sociali della fine del secolo XVIII, in particolar modo la soppressione delle corporazioni religiose decretata dal governo napoleonico, non sembrano aver influito gran che sul suo lavoro, che continuò a ritmo sostenuto sino al 1806 quando la gestione della fabbrica passò nelle mani dei figli. Il C. si spense a Venezia nel 1813.

Della prodigiosa attività del C. rimane il resoconto schematico nell'elenco degli organi da lui costruiti; si tratta di tre tabelloni di tela su cui sono scritti ad inchiostro di china in ordine cronologico e con numerazione progressiva i nomi delle località e delle chiese in cui furono costruiti gli organi. [...]

Non è ancora stata intrapresa un'indagine sistematica per riscontrare, sulla base del catalogo, quanti e quali organi callidiani esistano ancor oggi; [...].

Il C. è stato uno dei maggiori rappresentanti della scuola organaria veneziana del sec. XVIII di cui si riconosce il fondatore in Pietro Nacchini. [...]

Dei cinque figli, nati tutti a Venezia [...], soltanto Agostino [...] e Antonio [...] continuarono l'attività del padre, [...].

La fabbrica venne quindi rilevata da Giacomo Bazzani. [...]

  Giovanni Battista FACCHETTI

 

L'organaro bresciano Giovanni Battista FACCHETTI (sec. XV-XVI) sviluppò un'attività di prim'ordine, operando in molte regioni d'Italia con incarichi tali da dimostrare, di per sé stessi, la sua reputazione ed eccellenza artistica, in un periodo in cui non erano ancor sorti gli astri di Graziadio e Costanzo Antegnati. [...]. Nel 1516 costruiva l'organo nuovo per la Cattedrale di Asola, [...] nel 1519 restaura quello del duomo di Modena; [...] nel 1524 firma il contratto per la costruzione dell'organo di S. Pietro di Modena; nel 1526 lavora a quello di S. Benedetto Novello di Padova  [...]; nel 1524-1527 a quello di S. Michele in Bosco di Bologna; [...]; 1528: assume l'impegno di fare l'organo dei Carmelitani a Padova, [...]. Nel 1537 stipula il contratto per costruire l'organo della chiesa di S. Eufemia in Brescia. [...] del 1538 l'organo della parrocchiale di Manerbio. [...]; 1547: cattedrale di Cremona; 1552: chiesa Abbaziale di S. Benedetto Po (Mantova); 1552: duomo di Genova. [...]. Purtroppo delle opere eseguite dal Facchetti non rimangono che le casse ed i prospetti di S. Pietro di Modena e del duomo di Genova; a S. Michele in Bosco di Bologna si sono conservate la cassa e parte delle canne del Ripieno e del Flauto in ottava, [..]; la stupenda cassa della cattedrale di Asola è stata occupata da un organo Serassi (1826), [...]. [leggi il profilo biografico completo su EnciclopediaBresciana.it]

 

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Proponiamo qui in calce un contributo alla conoscenza di un organaro bresciano del Rinascimento (non meno importante dei più famosi Antegnati): si tratta di Giovanni Battista FACCHETTI (Brescia, 1475 c.a – post 1555).

 

Il saggio a firma di Paola Dessì intitolato L’organaria bresciana al servizio delle corti / Le commissioni principesche a Facchetti e Antegnati, ripercorre la storia dell’organaria bresciana rinascimentale attraverso le commesse di strumenti provenienti dalle corti dell’Italia del Nord.

 

La commissione principesca ad un organaro eccellente garantiva visibilità e prestigio al committente, e l’organo, come corpo sonoro con cassa finemente decorata, era una componente del lessico della preminenza.

 

La figura dell’organaro Giovanni Battista Facchetti si intreccia infatti con gli Sforza di Milano e in particolare con Ludovico il Moro, con gli Este di Ferrara, i Gonzaga di Mantova, i procuratori del doge di Venezia e il papa Clemente VII dei Medici.

 

L'attività del Facchetti è testimoniata a partire dal gennaio del 1515, quando scrisse al cardinale Ippolito d'Este offrndosi di costruire un organo per la chiesa di Santa Maria in Vado a Ferrara. Negli anni seguenti costruì organi in diverse città dell'Italia settentrionale, tra le quali Brescia, Bologna (San Michele in Bosco), Modena, Piacenza (San Sisto), Cremona (Cattedrale), Genova (Cattedrale), San Benedetto Po.

 

Il saggio di Paola Dessì passa poi ad occuparsi di un altro, ben più noto, nome dell'organaria bresciana dell'epoca: quello della famiglia ANTEGNATI, una dinastia di artefici che ebbe fortuna fino a tutto il secolo XVII.

 

Agli Sforza e alla Fabbrica del Duomo di Milano si lega anche la figura del primo organaro della dinastia degli Antegnati: Bartolomeo. Sarà suo figlio Giovanni Giacomo a ricevere ulteriori committenze eccellenti per la città di Milano, come quella per il Monastero di San Maurizio Maggiore, e a lavorare poi per Ottavio Farnese a Parma, dove suo figlio Benedetto unirà il proprio nome all’organo della Steccata. Commissioni ducali porteranno infine Benedetto a Torino, su richiesta di Emanuele Filiberto di Savoia, e suo cugino Graziadio a Mantova, su richiesta di Guglielmo Gonzaga per l’organo della cappella palatina di Santa Barbara.

 

 

*** IL CITATO SAGGIO DI PAOLA DESSÌ È A DISPOSIZIONE QUI IN CALCE IN ESCLUSIVA PER GLI UTENTI ISCRITTI AL PRESENTE SITO ***

 

 

 

 

  Giovanni TAMBURINI

 

Giovanni TAMBURINI nacque il 25 giugno 1857 a Bagnacavallo (Ravenna) da famiglia umili origini. Iniziò l'apprendistato come riparatore e costruttore di fisarmoniche. L'avviamento all'attività organaria ebbe inizio nel 1884 presso la ditta Trice-Anelli di Codogno (LO). Nel 1887 fu poi assunto dalla ditta di Pacifico Inzoli di Crema, con lo specifico incarico di trovare soluzione ai problemi di ordine meccanico rimasti insoluti o non adeguatamente superati. Trascorse un periodo di formazione a Milano presso la Società Elettrica Industriale, ideando la trasmissione elettrica dal tasto al ventilabro. Risale al 1893 a Crema la fondazione della propria fabbrica d'organi (la prima opera fu collocata nel 1894 nella chiesa di Nogarè di Crocetta del Montello in provincia di Treviso). Moltissimi gli organi costruiti e installati a Roma, Milano e nelle più importanti Cattedrali sia in Italia che all'estero. Collaudatori dei suoi strumenti furono illustri maestri quali Perosi, Bossi, Tebaldini, Baronchelli, Ravanello, Terrabugio, Coronaro, Matthey, Pagella, Vignanelli, Germani etc. Morì a Crema il 23 novembre 1942.

 

  Gli organari Lingiardi di Pavia

 

 

LINGIARDI. - Famiglia di organari attivi a Pavia dal 1807 al 1920. Il fondatore, Giambattista, nacque a Mozzanica (BG) nel 1765 [...]. Nel 1836 l'attività passò ai figli Giacomo e Luigi, nati a Pavia. Con la costruzione dell'organo di S. Maria del Carmine a Pavia (op. 40, 1836, restaurato nel 1985-86 e nel 1992), inaugurato dal celebre padre Davide da Bergamo, la ditta Fratelli Lingiardi avviò l'attività verso il periodo più importante, ricco di miglioramenti e innovazioni. [...] Luigi fu certamente la personalità più interessante di tutta la famiglia, come emerge dai suoi scritti e particolarmente dalle Memorie, [...]. Il montaggio dell'organo del duomo di Cannes (op. 110, 1856, non più esistente) fu per Luigi l'occasione di conoscere l'organaria francese [...]. Da queste e altre esperienze maturò la convinzione che, per adeguare la sonorità dell'organo alle chiese di grandi dimensioni, non fosse sufficiente aumentare semplicemente il numero dei registri. Così, volendo mantenere inalterato il carattere del Ripieno ma nello stesso tempo rinforzare il timbro dei registri ad ancia, giudicato ancora troppo debole, egli giunse alla determinazione di impiegare differenti pressioni su uno stesso somiere dotato di due secrete. [...] Il primo strumento di nuova concezione, dallo stesso Luigi definito "organo-orchestra", fu collocato nella collegiata di Trino nel 1861 (op. 131, in seguito trasformato a trasmissione pneumatica); [...]. Il successo dell'organo-orchestra fu però avversato dal nascente cecilianesimo, che si proponeva di moralizzare i costumi musicali ecclesiastici (improntati al gusto teatrale corrente) riportando in auge i classici italiani e la letteratura organistica d'Oltralpe: un repertorio allora sconosciuto ai più.[...] Tra il 1900 e il 1920, sotto la forte concorrenza degli organi a trasmissione pneumatica ed elettrica, che andavano conquistandosi il consenso degli organisti, la produzione rallentò e negli ultimi otto anni furono collocati soltanto sei strumenti (in precedenza la media era di tre-quattro organi all'anno). L'attività cessò definitivamente nel 1920. [...] Tra il 1807 e il 1920, dalla fabbrica Lingiardi uscirono 270 organi, collocati soprattutto in Lombardia, Piemonte, Liguria e Francia, parte dei quali sopravvive tuttora. Alcuni di essi sono stati oggetto di accurati restauri e sono stati utilizzati per incisioni discografiche.

 

- per leggere il profilo biografico completo, a cura di Maurizio Tarrini, cliccare il sotto riportato collegamento

 

 

  I BERNASCONI NEL CREMONESE

  ORGANARIA E STORIA DELLA MUSICA SACRA - GLI ORGANARI AMATI, LINGIARDI ED INZOLI

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