QUALE MUSICA PER LA LITURGIA?
di Vincenzo De Gregorio [*], Preside del Pontificio istituto di Musica Sacra in Roma
La domanda che mi è stata consegnata [...] suppone un dubbio: quale è la musica per la nostra liturgia?
Questo suppone l’esistenza di parametri validi per decidere l’autenticità della musica nella Liturgia. Lancio una definizione che faccio mia: un’esperienza di fede illuminata dalla gioia estetica che scuote le fibre più profonde dell’esistenza.
La gioia estetica: è questa la musica, ma non è l’estetica del sentimentalismo o delle emozioni superficiali. La musica della liturgia ha un carattere “orante”. Questo carattere orante è quello innanzitutto dell’essere comunità, famiglia di Dio, Chiesa. L’essere Chiesa quando preghiamo, a sua volta ha un risultato: la preghiera che si fa carità e che diviene nel mondo testimonianza viva di verità, libertà, giustizia e pace.
La Musica di cui parliamo e alla quale ci riferiamo qui, [...] non è l’arte dei suoni (così viene definita) generica e anonima: è questa musica (con le armonie che conosciamo, con i ritmi codificati per i quali un valzer o un swing o un tango o un concerto rock sono quello che sono), ad essere la ”nostra” musica, quella per la quale tutto il nostro mondo acustico, dalle colonne sonore dei films e delle fictions, all’opera, ai concerti delle star negli stadi, al Jazz, a tutto il paesaggio sonoro che ci circonda, anche di notte, esiste. Questa musica è nata lì dove voi, oggi, cantate: in chiesa.
La nostra musica, la “NOSTRA” del mondo occidentale, che è la più complessa che mai il pianeta abbia elaborato, con la sua orchestra di strumenti a fiato, ad arco, a percussione, con il suo immenso repertorio che spazia dagli inizi del mondo “moderno”, quello del primo ‘600, del Monteverdi del Vespro della beata Vergine e di Orfeo, fino a Strawinsky e Berio e alla musica elettronica, ha alle spalle il cantore, i musicisti delle abbazie e delle scuole delle cattedrali, i Cori che cantano in Chiesa.
Questa musica che è diventata quella di Mozart e di Brahms, di Verdi e di Puccini è espressione di una tradizione colta, non soltanto popolare, anche se il popolare vi appartiene. Ma si tenga presente che fino alla fondazione delle prime Università, l’unico luogo di conservazione della cultura, di ricerca, di produzione di cultura sono stati i monasteri e le biblioteche e gli archivi delle cattedrali.
Sgombriamo, perciò, il campo da una pericolosissima idea: la musica della Chiesa è la musica spontanea, è la musica ispirata ma non coltivata. Se così fosse stato non avremmo provocato, noi Chiesa, la più grande epopea di arte, e non solo di musica, che l’umanità abbia avuto in assoluto.
Cerchiamo di comprendere la causa di tutto ciò. [...]
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