Ogni due organi restaurati si finanzi un organista

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Autore: Fausto Caporali organista liturgico, concertista e didatta

Sezione Articoli

Una proposta concreta alla CEI da parte di Fausto Caporali, organista titolare del Duomo di Cremona

Non è infrequente assistere al silenzio di organi restaurati coi soldi dell'Otto per Mille: bisognerebbe che i vescovi italiani investano anche su chi gli organi li sa suonare

Italia


“Ogni due organi restaurati si finanzi un organista!”




di Fausto Caporali



Non si può non registrare con favore il rinnovato interesse degli ultimi decenni verso la salvaguardia di un prezioso bene artistico qual è l’organo a canne; non solo la prospettiva del recupero e del restauro va nella direzione della conservazione dei capolavori del passato, ma la stessa costruzione di nuovi strumenti si attua nel ripristino delle modalità e delle tipologie costruttive più consolidate.



L’organista professionale assume un ruolo culturalmente decisivo: egli non solo indica direttive di manutenzione o restauro o costruzione, ma ha la piena conoscenza del migliore uso dello strumento-organo; la tutela dell’organo avviene non unicamente nel momento del ripristino, ma, correlativamente e pariteticamente, nel momento del suo uso regolare e completo in tutte le sue possibilità; è proprio l’uso dell’organo il punto focale del restauro o della nuova costruzione. Purtroppo è da segnalare che il detto divenuto ormai proverbiale secondo cui “l’inaugurazione di uno organo è il suo funerale” diventa piuttosto frequente, per i più svariati motivi.



In questo caso, il restauro o la costruzione, diventano inutili se non vi è un intervento incentivante della figura dell’organista, il cui ruolo è primariamente quello di intervenire nella liturgia, ma, nello stesso tempo, è anche quello di conservare e valorizzare uno strumento nella sua ripristinata e/o piena funzionalità.



Troppo spesso le attenzioni verso l’organo si attuano sul versante strettamente organologico, mentre la tutela completa, ossia l’uso concreto di tutto l’apparato, non viene prevista del tutto o viene lasciata a persone non preparate adeguatamente o tutt’al più ad un uso marginale ed episodico; è inutile ricordare, come difatti avviene, che l’intervento di restauro o costruzione si vanifica nel corso di qualche anno, rendendo necessari, come anche sta avvenendo, nuovi lavori a relativamente breve distanza di tempo dal precedente.


Le modalità di intervento sugli organi sono state oggetto di attenzione normativa da parte della Conferenza Episcopale Italiana; contributi finanziari sono previsti in generale per interventi a favore dei beni culturali ecclesiastici e, dunque, per gli organi a canne (Disposizioni concernenti la concessione di contributi finanziari della C.E.I. per i beni culturali ecclesiastici, Art.1, f). In particolare, per il restauro di organi a canne è previsto un contributo del 30% della spesa ammissibile, fino a un massimo di tre interventi per diocesi (Art.3, f).



Ciò che manca è l’attenzione al momento focale del restauro o costruzione, e cioè dell’uso cultuale-culturale concreto; la peculiarità della musica è di svolgersi nel tempo per opera di abilità tecnico-espressive di volta in volta attuate, e quindi di realizzare nell’articolazione sonora la sua funzione artistica ed estetica. Troppi elementi inducono a pensare che mentre c’è grande attenzione per i beni visibili e immobili, ve ne sia molta di meno per l’arte dei suoni, storicamente altrettanto importante, ma spesso oggi affidata al caso, alle circostanze fortuite o al pressappochismo di volonterosi.

Poiché non sembra nei fatti praticata da parte delle autorità religiose competenti la strada del riconoscimento giuridico della figura dell’organista, si potrebbe forse essere utilmente pensare la funzione dell’organista sotto la prospettiva della tutela del bene artistico correlato e in questo senso essere incentivata dagli organismi competenti.



Se vi è finanziamento per restauri, ugualmente dovrebbe esservi finanziamento o incentivo per l’uso, proprio in vista della conservazione, anche per spirito di giustizia ed equità; uso che, come raccomandano gli organari stessi, dovrebbe essere continuato, periodico, completo in tutti i dettagli, attento alle misure di precauzione conservativa e tale da creare nei fruitori l’abitudine al suono accurato e alla letteratura artistica.



Gli incaricati regionali, nominati dalle Conferenze Episcopali regionali, hanno la possibilità di promuovere a livello diocesano, in accordo con la Conferenza Episcopale regionale e con i Vescovi delle singole diocesi, la tutela e il restauro dei beni culturali, in conformità con le Norme della CEI e di offrire suggerimenti al Comitato per la valutazione dei progetti di intervento (art. 7, a,b); la tutela dovrebbe consistere anche nel suonare il “bene-organo”; ciò potrebbe rientrare anche nelle ipotesi di un “sostegno a iniziative di livello nazionale promosse dall’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici della CEI con riferimento agli edifici di culto e alle loro dotazioni storico-artistiche, nonché agli archivi e alle biblioteche specificamente previsti dall’intesa di cui all’art. 12, n. 1, comma 3 dell’Accordo di revisione del Concordato Lateranense” (Art.1, h), qualora ciò venisse indicato, come sarebbe da auspicare, a partire dall’alto.


Le ipotesi di intervento, che devono essere filtrate dagli organismi diocesani e vanno concordate di volta in volta con i responsabili delle operazioni, possono essere molteplici; accanto ai contributi per organi da restaurare si potrebbero prevedere contributi per organisti deputati all’attività di tutela conservativa; si potrebbe estendere la somma destinata al restauro fino a prevedere un incarico di “conservatore” del bene per un determinato tempo là dove non vi sia organista titolare; si potrebbe individuare organisti “ad obiettivo” o un “agenzia di organisti” che garantiscano sul territorio la quantità e la qualità di interventi liturgici e culturali; tale esigenza si fa tanto più sentire quanto più specialistico diventa il suonare uno strumento restaurato, come per esempio quelli d’impianto classico italiano fino a gran parte dell’Ottocento, la cui tipologia richiede cognizioni specifiche.

Quella che sembra una contraddizione – finanziamenti continui agli organari, talvolta senza controllo e senza vero utilizzo ex-post, contro nessun riconoscimento dell’organista - potrebbe essere un poco attenuata da un impegno concreto non solo, e primariamente, per persone disposte a porre passione e competenza al servizio dei riti e dell’arte, ma per gli stessi strumenti da tutelare e valorizzare in oggetto delle disposizioni normative.


Pieve San Giacomo, 24 luglio 2007




 

contenuto inserito da: - Segreteria OrganieOrganisti.it