L'organo nella liturgia

Tu sei qui

 

A – Gli strumenti musicali nella Liturgia

 

A.1 – L'Organo.

 

 

Il primo posto nella chiesa spetta naturalmente all'Organo, possibilmente a canne, che com­porta ahimè un costo ingente e richiede un'attenta, continua e onerosa manutenzione.

Oggi vengono però prodotti anche degli ottimi strumenti funzionanti in base a principi di­gitali, nei quali il suono è “campionato” per ogni tasto e per ogni registro (voce diversa): in sede di progettazione/fabbricazione viene copiato dal timbro vivo di uno strumento a canne, per poi esse­re riprodotto, su comando dei tasti, dalle casse acustiche amplificate. Benché si tratti pur sempre di un ripiego rispetto alla maestà dello strumento tradizionale, per i budget limitati questa soluzione è eccellente. La consolle dell'organo elettronico è del tutto simile a quella di un organo a canne, co­sicché l'organista si sente facilmente a proprio agio; il suono è puro e forte ed in più - aspetto da non sottovalutare - l'intonazione è quasi sempre perfetta e la necessità di manutenzione pratica­mente inesistente.

Riguardo alla storia, la magnificenza ed il significato teologico del suono dell'organo tra le navate di una chiesa non è questa la sede giusta per una trattazione approfondita. Di fatto, essendo spesso l'unico strumento disponibile nelle chiese, è naturale risulti anche quello più usato ad ac­compagnamento del canto, oltre che in funzione solistica.

Conviene però qui precisare curiosamente, che il suono dell'organo non è di per sé dei più adatti a sostenere le voci. La sorpresa che questa affermazione può suscitare, richiede una spiega­zione.

La voce umana è un suono vibrante e tenuto. Lo strumento che la accompagna perciò do­vrebbe sostenerla e completarla: sostenerla garantendole un riferimento di intonazione fermo, pre­ciso e ben percettibile, e completarla col supporto ritmico di una “percussione”, un accento sull'at­tacco (mancante nella voce), intrinseca in alcuni strumenti quali pianoforte, chitarra, vibrafono, ecc. o che si può simulare su quasi tutti gli altri (archi, legni, ottoni, ecc.)

Ebbene, per quanto riguarda l'intonazione, l'organo a canne è assai incerto. L'accordatura delle sue numerosissime canne non sarà mai perfetta: si va da un'intonazione un poco imprecisa – nella migliore delle ipotesi – ad una marcatamente precaria. La stessa caratteristica “vibrante” del suono dell'organo è data dalle migliaia di battimenti tra le numerose canne mai perfettamente ac­cordate. La spiegazione sta nella molteplice foggia delle famiglie di canne (ad anima, ad ancia, ecc.), nella loro estrema sensibilità alle differenze di temperatura e di umidità, nella presenza ed in­filtrazione al loro interno di polvere e corpi estranei e, soprattutto, nel loro stesso numero sovrab­bondante (migliaia), ragion per cui è praticamente impossibile metterle tutte d'accordo.

La voce umana non è sufficientemente sostenuta dal suono dell'organo anche perché le tim­briche sono troppo simili; il cantore, se cerca nell'organo un riferimento sicuro, trova perciò delle zone “cieche” di percezione, coperte dalla medesima fascia di frequenze della propria voce. Succe­de così che si tendano a cogliere con maggiore chiarezza i suoni più acuti o più gravi di quelli che si stanno cantando e per tal motivo gli organisti, per sostenere meglio le voci, sarebbe bene utiliz­zassero anche i toni profondi del pedale insieme ad alcuni registri di colore chiaro e tessitura acuta (4' - 2' - mutazione)

Ultima lacuna dell'organo come strumento destinato all'accompagnamento del canto è la mancanza di qualunque tipo di “percussione” del suono, cioè di un momento di attacco marcato che aiuti a percepire e rassicurare l'armatura ritmica del brano.

Quale sarebbe, allora, lo strumento ideale per l'accompagnamento delle voci? La risposta è semplice: il pianoforte, il quale infatti sta in tutte le sale prova dei teatri e delle istituzioni musicali del mondo dove accompagna la stragrande maggioranza del repertorio vocale pubblicato. La sua presenza nelle nostre chiese, a differenza dei Templi di altre confessioni, striderebbe per innumere­voli motivi storico-culturali, ma non certo per l'intima dignità di tale strumento, specialmente quando è suonato con perizia e misura.

 

Qualche breve osservazione sulla Messa accompagnata dall'organo solo.

Oltre alle formule miste (versetti vocali alternati a versetti organistici, come ad es. nelle Messe di G.Frescobaldi), non sono rari i casi in cui, più che per scelta, per legittime motivazioni or­ganizzative (celebrazioni in cui non è disponibile né coro, né animatore, né tantomeno assemblea disposta a cantare), si preferisca l'ornamento del solo organo.

In altre nazioni questa è una prassi consolidata, soprattutto dove la civiltà musicale locale coltivi la pratica dell'improvvisazione organistica. Nel caso fortunato di poter contare su un buon musicista improvvisatore seduto alla consolle, andrebbero qui approfonditi vari aspetti dello svi­luppo estemporaneo di frammenti melodici dal patrimonio gregoriano, dalle tradizioni locali o co­munque da repertori significativi per l'associazione ai diversi momenti del rito.

Nel caso l'arte improvvisatoria non facesse parte della cultura per l'organista locale, piutto­sto che vagare sconsideratamente tra concatenazioni mal assortite o inconcludenti, sarà meglio che egli attinga alla letteratura scritta, ancorché modesta.

In questo caso l'organista predisporrà con attenzione un programma adatto al tempo litur­gico e ai diversi momenti della celebrazione, sorvegliando attentamente che le durate non allarghi­no oltre un limite ragionevole la scorrevolezza del rito.

L'aderenza sinestetica dei brani scelti sarà governata dai medesimi principî che altrove ri­chiamiamo a proposito dei canti, facendo attenzione a non indugiare eccessivamente in riferimenti che esulino dalla coerenza teologica. Le pagine del grande repertorio classico, per la loro purezza, saranno facilmente adattabili a tutti i tempi liturgici. Volendo trovare in più, nelle proposte compo­sitive originarie, relazioni suggestive verso temi dall'antico repertorio cristiano, dai corali luterani, dalle evocazioni mistiche (cfr. O. Messiaen), ecc., la celebrazione potrà arricchirsi di ulteriori spunti meditativi.

Il carattere del programma musicale sarà naturalmente adattato al rito anche nel suo svi­luppo emotivo (momenti forti, momenti dolci, ecc.), evitando però di lasciarsi andare troppo (ci ri­petiamo) a quei sfondi dolciastri e lagnosi, che qualcuno considera, a torto, adatti alla chiesa.

Ricordiamo ancora che, quale preparazione e coda al rito, la musica d'organo può iniziare anche molto tempo prima della Messa, nonché prolungarsi lungamente dopo la sua conclusione.

 

Aggiungiamo qualche riga a proposito di uno strumento che, per tradizione ottocentesca, nelle Cattedrali si utilizzava ad accompagnamento dei canti durante i periodi penitenziali (Avven­to e Quaresima), quando l'organo grande doveva restare chiuso, e naturalmente era il sostituto per­manente dell'organo nelle chiese più povere.

Parliamo dell' “Harmonium”, invenzione dell'Ottocento, derivata indirettamente dall'anti­co “Regale”. Tralasciando la descrizione e la storia, che possono essere rintracciate facilmente sul Web, diremo che in certe culture, il suo suono ondeggiante e caratteristico, era associato quasi immancabilmente all'atmosfera sacra, certamente con una dignità e una presenza ben diverse da quelle dell'organo.

Bisogna però riconoscere che gran parte di una certa comune disistima gli viene, oltre che dalle capacità talvolta limitate di alcuni esecutori, anche dalla qualità del suono, prodotto da ance piccole, come quelle di strumenti popolari, quali la fisarmonica o l'armonica a bocca, e prive della risonanza e dell'amplificazione, ovvero della nobiltà che aggiunge la canna alle ance dell'organo.

Non ci dilungheremo oltre, in quanto a tale strumento, anche nelle chiese povere, oggi vie­ne generalmente preferita la tastiera elettronica, spesso assai meno costosa anche dell'Harmonium di un tempo, e in grado di offrire una resa acustica nettamente superiore.

Prima di chiudere questo paragrafo, vogliamo però difendere la dignità di questo strumen­to, diventato più importante sul piano storico che per le sue effettive potenzialità. Ricordiamo che, proprio per la sua personalità particolare, venne espressamente inserito in alcune proprie opere da importanti compositori: G. Rossini, F. Liszt, A. Schönberg, ecc.

 

[quanto sopra è tolto da: Marco SofianopuloLiturgia e Musica - manuale essenziale, Edizioni musicali Pizzicato 543, Basaldella di Campoformido 2013]

 

 

 

Autore: 
Marco Sofianopulo
Qualifica autore: 
Maestro Direttore della Cappella Civica di Trieste (1986-2014)