L'animazione liturgica

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L’ANIMAZIONE LITURGICA


 

1. I concetti di "animazione liturgica" e "animatori liturgici"

L’animazione è un autentico ministero liturgico. L’animatore si mette a servizio dell’assemblea per aiutarla a diventare responsabile della sua preghiera e a vivere pienamente la celebrazione. Ciò richiede non solo un dono speciale dello Spirito, ma delle specifiche capacità tecniche.

Possiamo distinguere diversi gradi e forme di responsabilità nell’animazione liturgica. Esistono, infatti, degli animatori che svolgono il proprio ruolo durante le celebrazioni, mentre altri hanno delle mansioni da espletare al di fuori del momento liturgico. Vogliamo innanzitutto riflettere sul ruolo di questi ultimi e soprattutto dei catechisti e di coloro che hanno l’incarico di curare gli spazi della chiesa.

I catechisti hanno una funzione basilare nell’ambito dell’animazione che anticipa i momenti celebrativi. Essi hanno il delicato compito di accompagnare nel cammino di fede i fanciulli, i ragazzi, i giovani, gli adulti; e, se è vero che la liturgia è una delle componenti più importanti dell’esperienza di fede del cristiano, ne consegue che il catechista dovrà essere attento e saggio animatore liturgico. Così si esprime il documento-base della CEI Il rinnovamento della catechesi: "Il catechista deve studiare e spiegare attentamente il senso, talora recondito ma inesauribile e vivo, dei segni e dei riti liturgici, osservando non tanto il loro simbolismo naturale, ma considerando piuttosto il valore espressivo proprio che essi hanno assunto nella storia dell’antica e della nuova alleanza. L’acqua, il pane, il radunarsi in assemblea, il camminare insieme, il canto, il silenzio, lasceranno trasparire più chiaramente le verità di salvezza, che evocano e che misticamente realizzano" (n. 115. Si vedano anche i nn. 27-29, 32, 45-46, 113-117). Ne deriva che la catechesi aiuta il cristiano a comprendere e vivere la liturgia, e la liturgia pienamente vissuta diventa essa stessa catechesi. Il catechista ha il dovere di capire e vivere per primo questo dinamismo per poterlo poi proporre e far comprendere a quanti sono stati affidati alle sue cure.

Generalmente si sottovaluta una serie di servizi che precedono le nostre liturgie e che sono alla base dell’animazione liturgica stessa: è bene rivalutare e rendere qualitativamente più adeguato il servizio reso da coloro che sono incaricati della preparazione del luogo in cui la celebrazione si svolge. Oltre la giusta attenzione affinché il luogo della celebrazione sia sempre pulito e accogliente, si deve curare una sensibilità particolare per la giusta disposizione di tutte le strutture che si utilizzano nelle liturgie: sedie, banchi, credenze, altare, libri, vasi sacri, candelieri, fiori, illuminazione, impianto sonoro... I luoghi di culto non sono fatti per essere riempiti di tante cose! La preoccupazione non deve essere quella di moltiplicare i segni o le suppellettili all’interno delle nostre chiese, ma di utilizzare ogni cosa in maniera discreta e sempre a servizio della celebrazione. Non è assolutamente vero, ad esempio, che tantissimi fiori contribuiscono alla "riuscita" di una celebrazione, anzi, spesso è vero il contrario. Pertanto potrebbe essere più adeguata una sola composizione floreale che pone in risalto la sede della parola di Dio (ambone), che tanti fiori posti a caso che occultano i segni liturgici, o risaltano degli arredi o delle suppellettili che nulla hanno a che fare con la celebrazione. Ciò che più conta non è la quantità ma la giusta collocazione delle cose. Mons. M. Magrassi affermava: "I "segni" per parlare al cuore non hanno bisogno di molti fronzoli. La bellezza si allea volentieri con la semplicità. Occorre trovare il giusto equilibrio tra la banalità e la sciatteria da una parte e la sontuosità barocca che diventa ostentazione dall’altra".

 

È quindi importante che coloro che guidano le comunità ecclesiali si preoccupino di assicurare un essenziale cammino formativo anche a coloro che rendono un servizio così umile e nascosto ma altrettanto necessario per lo svolgimento delle liturgie.

La ricchezza delle nostre liturgie necessita di un gran numero di servizi da svolgere, ma anche una capacità di organizzazione e armonizzazione di questi stessi servizi. C’è quindi da provvedere ad una distribuzione dei ruoli previsti in relazione all’azione liturgica da celebrare, all’assemblea e alla disponibilità dei ministri. Ci saranno quindi animatori incaricati di facilitare la convocazione dei fedeli attraverso un servizio di accoglienza; altri chiamati a proclamare la Parola (lettore, salmista); altri che prestano la loro opera affinché i segni liturgici che vengono compiuti significhino appieno le realtà di salvezza che contengono (presidente dell’assemblea, diaconi, accoliti...); altri cureranno l’aspetto musicale (guida dell’assemblea, strumentisti, coro, direttore del coro, solisti, salmista); un altro interverrà in momenti differenti per eventuali spiegazioni (monizioni) utili per la piena partecipazione dell’assemblea (commentatore). Ciascuno cercherà, compiendo il suo servizio, di far avanzare la celebrazione assicurandone il ritmo, gli accenti, le necessarie pause o intervalli, l’equilibrio fra la durata delle diverse parti ecc.

L’esercizio del ministero dell’animazione domanda, da parte di coloro che si pongono al servizio dell’assemblea, alcune disposizioni a tutti comuni e che sono altrettante condizioni per una riuscita dell’esercizio del proprio ruolo. E’ indispensabile, anzitutto, che gli animatori si pongano di fronte all’assemblea e al suo servizio in un atteggiamento giusto. Ne conoscano anzitutto la cultura, i problemi, le attese, le possibili tensioni nonché le dimensioni numeriche e le concrete possibilità di espressione, per non chiedere più di quello che i fedeli non possono dare, per non esercitare nessuna forma di violenza morale e quindi per tener conto, per quanto è in loro, di tutti e non solo di alcuni con i quali possono sentirsi più affini; e, soprattutto, per non separare l’evento salvifico, di cui si fa memoria nella celebrazione, dal suo farsi presente nella storia e nella vita di una concreta comunità di credenti.

Gli animatori devono inoltre avere chiara consapevolezza, sia sul piano teorico sia su quello operativo, dei propri personali limiti e di quelli inerenti al compito che svolgono: non abbiano mai la pretesa di sostituirsi agli altri e tanto meno all’assemblea. Così, ad esempio, un cantore canta per facilitare e sostenere il canto di tutti e non per sommergerlo con la propria voce o mortificarlo.

Ciascun animatore dovrà essere dotato di fantasia e di immaginazione per imprimere vivacità e varietà alla celebrazione, per evitare un certo meccanicismo che ingenera facilmente assuefazione e tedio e anche per non ripetere in un’assemblea ciò che si è visto fare in un’altra, magari molto diversa nella composizione e nella natura.

Sarà attento ad aderire personalmente a tutto ciò che dice e che compie, per aiutare gli altri a fare lo stesso, conscio del suo ruolo di mediazione che lo terrà lontano da un duplice pericolo: 1) quello di attirare l’attenzione più sulla sua persona e sulle sue tecniche espressive che non su Colui di cui è segno o sull’evento di cui è strumento; 2) quello di compiere gesti distaccati, impersonali, neutri e niente affatto incisivi.

A queste condizioni l’azione liturgica diventerà una vera professione di fede e una reciproca esperienza di comunione con Dio e con i fratelli. Ma per realizzare tutto questo è necessaria una attenta e continua formazione. Il cammino formativo dell’animatore liturgico dovrà procedere secondo cinque linee basilari essenziali:


 

 

1) formazione biblica, 2) formazione ecclesiologico-pastorale, 3) formazione liturgica, 4) formazione spirituale, 5) formazione tecnica, secondo le diverse mansioni.


 

2. La regia celebrativa

L’animazione di un’assemblea non è un’attività da realizzare sotto la spinta della casualità. L’articolazione dei riti, la pluralità dei ministeri, le diverse composizioni dell’assemblea esigono una programmazione e una progettazione accurata. Affinché tutta l’assemblea possa realizzare una partecipazione piena, consapevole e fruttuosa alle celebrazioni è importante acquisire un metodo. Metodo significa "strada per...", è quindi un percorso che mi conduce in maniera spedita alla meta che mi sono prefisso. Definiamo regia celebrativa proprio questa strada privilegiata per la realizzazione di una celebrazione piena e consapevole. Come ogni cammino, anche il metodo di regia celebrativa ha delle tappe progressive che riassumiamo schematicamente in cinque punti: 1) progetto, 2) programma, 3) preparazione, 4) celebrazione, 5) verifica.

2.1. Il progetto celebrativo

Sfogliando i libri liturgici possiamo scoprire una ricchezza di indicazioni che spiegano la natura e lo scopo delle sequenze rituali. Queste affermazioni configurano quello che definiamo "progetto" della celebrazione. Un progetto non è mai compiutamente realizzato, ma è necessario per passare in maniera chiara ed efficace da una formulazione teorica ad una realizzazione concreta. Durante la realizzazione di un’opera il progetto non va mai accantonato o dimenticato, ma è necessario tenerlo sempre presente affinché le concrete realizzazioni possano continuamente ispirarsi ad esso. L’animatore deve comprendere profondamente il rito che deve essere realizzato rispondendo con chiarezza alla domanda: "cosa dobbiamo celebrare e quali frutti deve realizzare nella mia assemblea questa celebrazione?"

Il progetto può riferirsi all’intera celebrazione o a una parte di essa. Riguardo alla celebrazione eucaristica si potrebbe ricercare e chiarire il progetto globale, ma anche il progetto di singoli riti (riti introduttivi, liturgia della Parola, liturgia eucaristica...).

Ecco alcune piste per la comprensione del progetto in riferimento alla celebrazione eucaristica.

1. Comprensione esauriente dei testi che spiegano la natura dei riti attraverso le indicazioni di Principi e Norme per l’uso del Messale Romano (PNMR). C’è una tentazione molto pericolosa e diffusa tra gli animatori liturgici: dare per scontata la comprensione dei riti. Quante confusioni nell’interpretare la finalità di un rito o di una sua parte! Ad esempio, in molti ancora ritengono che l’Agnello di Dio sia il canto che accompagna il gesto di pace, mentre in PNMR 56e.114 "scopriamo" che si tratta della litania che accompagna la frazione del pane.

2. Comprensione dei riti alla luce del mistero liturgico celebrato nel tempo. Il progetto liturgico di un rito acquisisce sottolineature diverse a seconda del tempo in cui viene realizzato. L’atto penitenziale delle domeniche di quaresima, ad esempio, assume un tono più significativo e appropriato che in altri periodi dell’anno liturgico.

3. Comprensione dei riti alla luce della parola di Dio da celebrare. La caratterizzazione propria di ogni celebrazione è data dalla varietà della parola di Dio che in essa viene proclamata. I segni liturgici sono a servizio dell’"incarnazione" di questa parola. Parola e gesto si completano a vicenda, e, integrandosi, realizzano meglio la portata comunicativa di tutta la celebrazione.

4. Comprensione dei riti alla luce delle parti celebrative proprie: antifone di ingresso e di comunione, colletta, orazione sulle offerte, prefazio, orazione dopo la comunione. Queste componenti rituali pongono in evidenza il tono che la celebrazione nel suo insieme deve realizzare, e, raccogliendone i contenuti, si può comprendere ancora meglio il progetto celebrativo da realizzare in concreto.

5. Comprensione del significato di quel rito o di quella celebrazione per la mia assemblea. La celebrazione è gesto liturgico di un’assemblea concreta col proprio cammino di fede, la propria maturità spirituale, i propri limiti, le proprie attese, la propria storia... La celebrazione porta con sé questo "bagaglio" di religiosità e di umanità che la rende celebrazione reale, inserita nella storia, sempre nuova, continuamente disponibile a realizzare in pienezza il culto in spirito e verità.


 

2.2. Il programma

Si è già notato come nei libri liturgici si può scoprire una ricchezza di indicazioni che spiegano la natura e lo scopo delle sequenze rituali e che queste affermazioni configurano il "progetto" della celebrazione.

Continuando a prendere in mano i libri liturgici notiamo che questi, oltre presentare la natura dei riti, contengono delle affermazioni che propongono e descrivono i riti attraverso i quali si concretizza la celebrazione, e nei quali il progetto si incarna per diventare realtà celebrativa nelle assemblee.

Queste asserzioni — che non sono solo di tecnica rituale, ma spiegano anche il significato che ciascun elemento rituale ha in sé o nel contesto — configurano quello che chiamiamo il "programma" o i vari "programmi". Un progetto, quindi, prende corpo in programmi che sono le diverse soluzioni rituali che si hanno a disposizione per realizzare una celebrazione o parte di essa. Spesso infatti i libri liturgici presentano varie possibilità di realizzazione di un uguale progetto.

Cerchiamo di esemplificare questi concetti teorici prendendo in considerazione l’atto penitenziale della celebrazione eucaristica.

L’atto penitenziale fa parte dei riti di introduzione il cui scopo "è che i fedeli, riuniti insieme, formino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio ed a celebrare degnamente l’Eucaristia" (Principi e Norme per l’uso del Messale Romano, 24). Il senso e lo scopo "teologico" (= progetto celebrativo) dell’atto penitenziale è contenuto nell’ultima affermazione: disporre i fedeli a celebrare degnamente l’Eucaristia. Se qui è descritta la finalità del rito ecco che nelle pagine 295-300 del Messale Romano ci vengono offerte diverse possibilità di realizzazione (programmi celebrativi) del rito stesso di fronte alle quali dobbiamo compiere una scelta. Vengono proposte tre formule alternative, ma la terza formula offre a sua volta 17 variazioni a seconda del tempo liturgico, per un totale di almeno 19 diversi programmi. L’atto penitenziale può essere quindi realizzato secondo diverse modalità, ma c’è ancora un’alternativa per le messe domenicali: la sua sostituzione con il rito di benedizione e di aspersione con l’acqua benedetta (Messale Romano, pagine 1031-1036) che consta di due formulari principali a loro volta diversificati a seconda del tempo liturgico, per un totale di 5 variazioni. A questo punto è giusto chiedersi: se il messale è così ricco di programmi rituali alternativi, come mai le nostre celebrazioni sono sempre uguali? Il teologo liturgista Domenico Mosso, con tono scherzoso ma indubbiamente efficace, dice: "Eh sì! sono finiti i bei tempi in cui per dire messa bastava andare in sacrestia, dare un’occhiata al calendario liturgico, vestirsi e poi trovavi tutto di seguito (o quasi) sul messale, senza problemi di scelta. Ma è proprio una mania dei tempi moderni, questa! Bisogna fare scelte...". Anche nella liturgia! (La messa e il messale. L’arte di celebrare, LDC, p. 24-25).

Ecco quindi quattro indicazioni pratiche e imprescindibili per cercare e scegliere il programma rituale più adatto per le nostre celebrazioni:

1. "studiare" il Messale Romano e riscoprire la ricchezza qualitativa e quantitativa dei programmi rituali in esso contenuti;

2. prendere coscienza delle varie modalità proposte dal Messale per la realizzazione dei singoli momenti celebrativi;

3. ricercare le soluzioni rituali più adatte per celebrare quanto abbiamo compreso dall’analisi del progetto;

4. compiere una scelta conforme al tempo liturgico, alla configurazione dell’assemblea, ai tempi a disposizione per lo svolgimento della celebrazione, ai mezzi tecnici di cui ci si può avvalere.


 

2.3. La preparazione

Dopo aver compreso il progetto e, conseguentemente, aver scelto il programma adatto, si deve passare alla concreta esecuzione della celebrazione. Prima però è necessario curare una preparazione immediata attraverso la quale può essere data chiarezza a cosa, dove e come devo predisporre per una celebrazione. La parola d’ordine è "prevedere-provvederepredisporre". Il prefisso "pre" indica una attività da anticipare nel tempo, da realizzare prima di qualche altra cosa. Il termine "preparare" significa: "rendere qualcosa pronta all’uso, fornendola di tutto il necessario; mettere qualcosa o qualcuno nelle condizioni necessarie ad affrontare una determinata situazione; mettersi nelle condizioni migliori per realizzare qualcosa". La preparazione dei momenti celebrativi è quindi quella tappa imprescindibile della regia celebrativa che consente di realizzare nel migliore dei modi le liturgie. La "tecnica" opposta alla preparazione è l’"improvvisazione", tecnica assai diffusa nell’allestimento delle nostre celebrazioni.

Preparare una celebrazione significa innanzitutto predisporre le persone che in essa interagiscono. Questa preparazione comporta l’esigenza di un cammino formativo remoto e immediato che coinvolga non solo i ministri ma anche l’intera assemblea. Ogni celebrazione, nella propria singolarità, va’ sempre "provata". Coloro che proclamano dei testi devono acquisire quella giusta padronanza che consenta disinvoltura e convinzione nel farli diventare celebrazione. Anche i movimenti dei ministri e dei ministranti non vanno mai improvvisati, soprattutto in occasioni particolari. È importante ricordare che l’assemblea liturgica è portata a cogliere più facilmente, distraendosi, quelle situazioni in cui gli attori liturgici incespicano o sbagliano, che i tanti momenti in cui la celebrazione procede con linearità, ritmo e ordine.

Certamente la "preparazione" delle persone è alla base della buona riuscita di una celebrazione, ma non bisogna sottovalutare la "preparazione" delle "cose" utili per lo svolgimento dell’azione liturgica. Quanti momenti di panico e quanti atteggiamenti bruschi e carichi di impazienza quando manca qualcosa! Si pensi ad esempio al sacerdote che, durante la celebrazione eucaristica, si accorge di non aver predisposto il calice, l’ostia, la chiave del tabernacolo, oppure non è stato preparato il lezionario con le letture corrispondenti alla liturgia del giorno, il microfono è spento e... chi più ne ha più ne metta!

Potrebbe essere utile a questo proposito un promemoria da scorrere velocemente, soprattutto in circostanze particolari, nel momento in cui si deve predisporre quanto sarà utile per la celebrazione. Ecco un esempio.

a) Attori

1. assemblea, 2. presidente (eventuali concelebranti), 3. altri ministri (diaconi, accoliti, ministri straordinari della comunione, lettori) 4. ministranti, 5. animatori musicali (coro, solisti, guida del coro, guida dell’assemblea, tecnico del suono), 6. commentatore, 7. altri...

b) Luoghi

1. Chiesa (presbiterio: sede, mensa, ambone; aula dell’assemblea), sacrestia.

c) Libri liturgici e eventuali sussidi per l’assemblea

1. messale, 2. lezionario, 3. orazionale, 4. altri rituali per i sacramenti e i sacramentali, 5. fogli per la messa, 6. libretti o fogli dei canti.

d) Altro

1. impianto di amplificazione (microfoni sufficienti, disposizione e uso dei microfoni, dosaggio volumi...), 2. suppellettili e vasi sacri (croce astile, candelieri, turibolo, navicella, calice, pisside, ostie sufficienti, aspersorio...), 3. impianto luci.

Questo promemoria può essere personalizzato a seconda delle esigenze delle particolari comunità celebranti.


 

2.4. Celebrare e verificare

Concludiamo il nostro itinerario di approfondimento sulla regia celebrativa riflettendo sulla realizzazione della celebrazione e sulla verifica.

Dopo aver percorso le prime tre tappe della regia (progetto-programma-preparazione), siamo giunti al momento in cui dobbiamo dar vita alla celebrazione, dobbiamo cioè fare in modo che questa concreta assemblea celebri usando gli elementi del programma rituale scelto per attuare il progetto. Presentiamo sinteticamente alcuni consigli utili da tener presenti durante lo svolgimento di una celebrazione:


 

 

1. Adattarsi alle situazioni non considerate senza lasciarsi prendere dal panico. 2. Cercare di porre l’assemblea a proprio agio. 3. Creare un clima di preghiera e di coinvolgimento. 4. Evitare i protagonismi (esibizionismo, teatralità, "faccio tutto io"...)

5. Evitare eccessivi e inutili spazi di attesa. 6. Salvaguardare i momenti di silenzio. 7. Ecco uno "slogan" molto utile per qualsiasi animatore: "Quando basta una frase, non fare un discorso. Quando basta una parola, non dire una frase. Quando basta un gesto, non dire una parola. Quando basta uno sguardo, non fare un gesto".

La quinta e ultima tappa della regia celebrativa è la verifica. Abbiamo avuto modo di accennare al senso e al metodo della verifica delle liturgie presentando i compiti del gruppo liturgico parrocchiale, ma vale la pena dire qualcosa in più. Innanzitutto è importante compiere una duplice valutazione delle liturgie: subito dopo la loro realizzazione e in un momento successivo.

La revisione immediata permette di cogliere senza indugio la positività o l’inadeguatezza delle scelte compiute e messe in opera attraverso la regia celebrativa. Ci si deve chiedere immediatamente se le nostre soluzioni rituali hanno "funzionato" e se l’assemblea è stata messa in condizione di celebrare con una partecipazione consapevole e coinvolgente.

La revisione postuma consente una riflessione più matura e pacata sulla celebrazione e apre alla possibilità di confrontarla con le precedenti così da verificare l’intero cammino di animazione liturgica dell’assemblea, ponendo in evidenza i progressi o i regressi che si realizzano nelle nostre celebrazioni.

Affinché la verifica sia "vera" non basterà accogliere esclusivamente le impressioni e le analisi degli animatori liturgici ma sarà fondamentale recepire analizzare le reazioni dirette dei componenti dell’assemblea.

È importante, in sede di verifica, non valutare esclusivamente gli aspetti tecnici della celebrazione, quanto invece cercare di comprendere se l’assemblea si è sentita partecipe dell’attuazione del memoriale della risurrezione di Cristo realizzato nella liturgia, se si è favorita una vera apertura all’amore del Padre per accogliere il dono della parola e dell’evento sacramentale, e se si è realizzato un senso profondo di preghiera comune.

In sede di verifica, specialmente nei primi tempi, è importante non scoraggiarsi a motivo di eventuali "insuccessi". Sappiamo bene come sia difficile per un singolo cristiano imparare a pregare, a lodare, a ringraziare... Realizzare una celebrazione comunitaria non può che essere ancor più impegnativo poiché questa necessita anche del cammino di fede e di preghiera personale del singolo fedele. E’ quindi inutile ostinarsi sulle tecniche celebrative se prima i nostri fedeli non recuperano la disponibilità a percorrere un cammino di fede e di spiritualità profonda.


 

 

IL GRUPPO DI ANIMAZIONE LITURGICA


 

1. Alcune idee di fondo

Nell’ambito della pastorale liturgica italiana il soggetto ministeriale denominato "gruppo di animazione liturgica" (GAL) è sorto in tempi piuttosto recenti. In più circostanze i vescovi italiani hanno sottolineato la necessità di responsabilizzare gruppi di fedeli che pongano il proprio impegno per la preparazione e la realizzazione delle celebrazioni.

Innanzitutto, nel documento pastorale “Eucaristia, comunione e comunità” (22/5/1983), essi affermano: “La Messa domenicale sia adeguatamente preparata, coinvolgendo sempre meglio gruppi di fedeli durante la settimana per la riflessione sui testi liturgici, particolarmente sulle letture della Scrittura” (n. 78). E nella nota pastorale “Il rinnovamento liturgico in Italia” (21/9/1983) ancor meglio dichiarano: "Ogni comunità avrà modo di promuovere al suo interno la formazione di gruppi liturgici per la preparazione e l’animazione delle celebrazioni soprattutto quelle domenicali e delle feste più importanti" (n. 9). La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti in Suggerimenti e Proposte per l’anno dell’Eucarestia, del 2004, al n. 35 afferma: “Accogliere l’invito del Santo Padre è fare il possibile, durante questo Anno, per dare all’Eucaristia domenicale il posto centrale che le compete nella parrocchia, a giusto titolo chiamata «comunità eucaristica. In questa luce, si suggeriscono alcune piste: ... Incremento o costituzione del gruppo liturgico parrocchiale. Cura dei ministri istituiti e dei ministri straordinari della Santa Comunione, dei ministranti, della schola cantorum ecc.”.

Il senso fondamentale del servizio svolto da un GAL è da ricercare nelle esigenze di coordinamento e armonizzazione delle diverse presenze ministeriali che interagiscono nelle celebrazioni: “La preparazione pratica di ogni celebrazione liturgica si faccia di comune intesa fra tutti coloro che sono interessati rispettivamente alla parte rituale, pastorale e musicale, sotto la direzione del rettore della chiesa, e sentito il parere dei fedeli per quelle cose che li riguardano direttamente” (Principi e norme per l’uso del Messale Romano [PNMR], n. 73). Inoltre, le diverse possibilità di realizzazione delle celebrazioni suscitano la necessità di compiere scelte coerenti ed efficaci per una buona e serena realizzazione dei momenti liturgici. Infatti in PNMR n.313 leggiamo: “Dal momento che è offerta un’ampia possibilità di scegliere le diverse parti della messa, è necessario che prima della celebrazione il diacono, il lettore, il salmista, il cantore, il commentatore, la schola, ognuno per la sua parte, sappiano bene quali testi spettano a ciascuno, in modo che nulla si lasci all’improvvisazione. L’armonica disposizione ed esecuzione dei riti contribuisce moltissimo a disporre lo spirito dei fedeli per la partecipazione all’Eucaristia”.

L’importanza della presenza di una équipe liturgica nelle comunità parrocchiali nasce dalla necessità di realizzare celebrazioni che esprimano efficacemente il senso comunitario della liturgia, infatti “Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è "sacramento dell’unità" (...). Perciò tali azioni appartengono all’intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; ma i singoli membri vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli stati, degli uffici e della partecipazione effettiva” (SC, 26). A questo si aggiunga il fatto che per rispettare la dignità della celebrazione liturgica, ogni ministro o semplice fedele è chiamato a realizzare una piena partecipazione compiendo tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e delle norme liturgiche, è di propria competenza (cfr. SC 28).


 

 

In breve:

1) il GAL è frutto di “maturazione liturgica” di un’intera comunità parrocchiale che sente l’esigenza di prepararsi nel modo migliore alle celebrazioni; 2) il GAL può sorgere solo in parrocchie in cui è vivo il desiderio di realizzare una chiesa tutta ministeriale, articolata secondo una diversità di ministeri e di carismi; 3) il GAL nasce in quelle comunità in cui è maturato un senso di collaborazione e di compartecipazione a tutta la vita della Chiesa, si tratta infatti di una struttura comunionale che esige disponibilità continua al confronto e allo studio; 4) nessun GAL può rendere un vero servizio di pastorale liturgica se non pone al di sopra di ogni suo interesse l’intera assemblea celebrante e le sue esigenze; 5) un GAL serio ed efficiente cura con metodo e costanza la formazione dei suoi membri.


 

2. Chi fa parte del gruppo liturgico?

Poiché il gruppo liturgico parrocchiale si propone come una struttura comunionale per la preparazione e la realizzazione delle celebrazioni, è indispensabile che in esso convergano anzitutto coloro che in prima persona sono impegnati nell’animazione liturgica.

Un ruolo fondamentale all’interno del GAL è da riservare al parroco o ad uno dei presidenti delle celebrazioni parrocchiali (vicario parrocchiale o presbitero collaboratore). Il parroco rende sensibile la presenza del vescovo nell’ambito della comunità affidatagli, e il vescovo è il liturgo per eccellenza. Liturgo non esclusivamente dal punto di vista "tecnico", ma soprattutto teologico. Infatti, "Poiché nella sua Chiesa il vescovo non può presiedere personalmente sempre e ovunque l’intero suo gregge, deve costituire necessariamente dei gruppi di fedeli, tra cui hanno un posto preminente le parrocchie organizzate localmente e poste sotto la guida di un pastore che fa le veci del vescovo. (...) Per questo motivo la vita liturgica della parrocchia e il suo legame con il vescovo devono essere coltivati nell’animo e nell’azione dei fedeli e del clero (...)" (SC 42).

Come abbiamo già visto, possono far parte del GAL tutti coloro che hanno un ufficio connesso alla vita liturgica della parrocchia: animatori della Parola di Dio (lettori, salmisti), animatori musicali (strumentisti, coristi, direttore del coro, solisti), coloro che prestano servizio nell’ambito dell’altare e nei riguardi del presidente della celebrazione (diaconi, accoliti, ministri straordinari della distribuzione dell’eucaristia, ministranti), coloro che si pongono a diretto servizio dell’assemblea (guida del canto assembleare, commentatore, ministri dell’accoglienza, incaricati per il riordino e le pulizie della chiesa). Nel GAL non possono assolutamente mancare dei rappresentanti dell’assemblea.

Tutti questi soggetti ministeriali "possono" far parte del GAL, ma non tutti "devono", in quanto il GAL è una struttura rappresentativa e di coordinamento. Ogni ambito di servizio liturgico sarà quindi rappresentato in seno al GAL da un numero limitato di elementi. È importante che i membri del GAL vivano in una dimensione vocazionale non solo il proprio specifico servizio, ma anche la loro partecipazione al GAL. Chi fa parte del GAL deve sentirsi "chiamato" a svolgere questo servizio riconoscendo in sé quelle doti indispensabili per partecipare a un organismo di confronto e di dialogo: disponibilità, sensibilità comunionale, partecipazione alla vita ecclesiale, apertura alla comunità e ai suoi problemi, desiderio di migliorare la qualità delle celebrazioni. I membri del GAL dovranno anche evitare il rischio del puro efficientismo. È bene che la scelta del parroco cada su animatori che, oltre avere buona volontà, possano partecipare alle attività del GAL per un tempo prolungato: il GAL perderebbe il senso e l’efficacia delle proprie funzioni se fosse costituito ogni anno da nuovi elementi.


 

 

3. Come nasce il gruppo liturgico?

È piuttosto difficile che un GAL nasca serenamente se prima non sono stati curati i singoli animatori, se prima cioè non è stato avviato un gruppo di lettori, un’équipe di animatori musicali, un gruppo efficiente di ministranti ecc. Prima di far sorgere il GAL è bene curare i singoli settori dell’animazione liturgica affinché qualche rappresentante possa convergere in questa struttura di sintesi.

È pur vero che in quelle parrocchie nelle quali la ministerialità liturgica debba ancora esplicitarsi o ampliarsi, un GAL di base potrà farsi promotore della nascita dei singoli settori di animazione.

Il GAL, comunque, non nasce da un giorno all’altro, deve attraversare un periodo paziente di formazione, di organizzazione e funzionamento da rispettare e sollecitare. È conveniente che, per qualche tempo e secondo le circostanze concrete di ogni comunità, prima di iniziare l’attività di animazione, disponga di un lasso di tempo necessario per costituirsi come gruppo secondo le tecniche moderne.


 

4. Compiti del gruppo liturgico Le attività che un GAL deve svolgere possono essere riepilogate attraverso cinque

verbi: studiare, osservare, riflettere, programmare e verificare.

1. Studiare

Senza una formazione liturgica di base un GAL non potrà mai svolgere con competenza la propria missione. Imprescindibile è un cammino di iniziazione al linguaggio liturgico accompagnato da un solido approfondimento sul senso della celebrazione cristiana e sulle dimensioni antropologiche e teologiche che la caratterizzano. Ma l’impegno di studio non può limitarsi solo agli aspetti teologici o, meno ancora, esclusivamente a quelli "tecnici" delle celebrazioni. Almeno altri due ambiti devono qualificare l’itinerario formativo di un GAL: la sacra scrittura e la teologia della Chiesa e dei ministeri.

È bene riservare un’attenzione particolare allo studio dei documenti magisteriali sulla liturgia, in particolar modo quelli che hanno realizzato il rinnovamento liturgico conciliare e le introduzioni ai nuovi libri liturgici.

Il GAL, oltre curare la formazione dei suoi membri, può farsi promotore di incontri catechetici aperti a tutti quei fedeli che volessero approfondire le proprie conoscenze in ambito liturgico.

2. Osservare

Un compito specifico del GAL è quello di essere attento osservatore dell’assemblea. Prima di rendere il proprio servizio alla comunità bisogna conoscerne la composizione, la cultura, i problemi, la disponibilità o la difficoltà a lasciarsi coinvolgere... Viviamo un tempo di pluralismo culturale e religioso e ciò è riscontrabile anche nelle nostre assemblee. Le stesse messe domenicali sono partecipate da gruppi molto eterogenei, sia per cultura che per grado di fede, è quindi importante che ad ogni specifica assemblea venga proposto lo stile celebrativo più adatto ed efficace. Ma uno stile celebrativo appropriato potrà essere conseguito esclusivamente osservando in profondità le comunità celebranti.


 

 

3. Riflettere

Ciò che viene appreso attraverso lo studio e ciò che emerge dall’osservazione delle assemblee deve condurre i componenti del GAL a "riflettere insieme". È importante che le impressioni e le idee di ciascuno possano convergere in un dialogo fraterno e costruttivo. Si tratta di una riflessione matura, che non si lascia condurre da impressioni o capricci personali. È un dialogo comune che conduce a scelte celebrative veramente utili e non determinate da "smania riformatrice" dettata esclusivamente dal desiderio irrazionale di novità.

4. Programmare

Per giungere alla tappa della programmazione bisogna aver percorso le tre tappe precedenti: si può programmare solo dopo aver studiato, osservato e riflettuto.

Un primo impegno è quello della programmazione annuale. Ogni anno il GAL deve stilare un piano di lavoro nel quale emergeranno le esigenze formative dei suoi membri, le scelte principali che caratterizzeranno le celebrazioni di tutto l’anno, gli eventi straordinari nell’ambito della vita parrocchiale (cresime, prime comunioni, ordinazioni, dedicazione della chiesa, anniversari particolari...).

È bene prevedere anche una programmazione periodica, specialmente in prossimità dei tempi più significativi dell’anno liturgico (Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua). Un GAL efficiente deve programmare la vita liturgica di questi tempi almeno due settimane prima del loro inizio.

Comunque, a scandire il cammino del GAL sarà la programmazione settimanale. L’organizzazione delle messe domenicali è un impegno costante. È importante sottolineare che il GAL ha innanzitutto una "funzione di organizzazione" dei momenti celebrativi, pertanto non può e non deve addossarsi da solo la realizzazione delle liturgie. Dovrà invece stimolare e attivare i servizi che i diversi animatori o ministri sono chiamati a prestare, ognuno secondo le proprie capacità e la specifica preparazione.

5. Verificare

Come la programmazione anche la verifica dovrà essere annuale, periodica e settimanale. Verificare significa "fare la verità" su come sono state realizzate le celebrazioni e sulla loro efficacia reale. La verifica è quindi frutto di ulteriore osservazione e di ascolto dei membri dell’assemblea, ma nasce anche dal dialogo franco e aperto all’interno del GAL stesso. Da una verifica seria scaturisce l’esigenza di nuovo studio, di ulteriore riflessione e di più appropriata programmazione.


 

 

Gli animatori musicali


 

1. Introduzione

Da qualche tempo è diventato di uso comune parlare di animazione e di animatori di assemblea. Tale terminologia si può applicare a tutti coloro che svolgono un ruolo particolare nell’assemblea per l’assemblea: dal sacerdote al lettore, dal diacono al direttore del canto ecc.

Il concetto di animazione pone in risalto la funzione dinamica e vitale dei ministeri e servizi che si esplicano nella celebrazione. Non si tratta di compiere quasi meccanicamente questo o quel gesto previsto dal rituale, ma di dare anima all’assemblea perché ciascuno viva interiormente, nel modo più attivo e consapevole possibile, il rito che si compie esteriormente. Non si tratta di competenze personali da rivendicare e fare valere di fronte agli altri, ma di disponibilità e di impegno al servizio della comunità dei fedeli, a seconda delle circostanze, delle necessità e delle possibilità che di volta in volta si presentano (Cfr. SC 29; RLI 10). Sotto questa luce va vista e compresa anche la figura dell’animatore musicale.

2. Definizione del ministero dell’animatore liturgico

Procediamo in maniera sintetica richiamando i peculiari fondamenti ecclesiologici, liturgici e pastorali.

1. E’ un ministero di fatto riconosciuto dall’autorità ecclesiastica.

2. L’animatore musicale svolge il suo ministero perché è la Chiesa a chiamarlo e a inviarlo a compiere tale ufficio. L’animatore musicale offre il suo operare non a titolo personale ma per mandato della Chiesa che lo invia a servire l’intera assemblea.

3. L’esercizio di ogni ministero quindi anche dell’animatore musicale ha come fonte primaria Dio stesso. E’ lui che concede talenti e innumerevoli doni che servono non per essere contemplati con orgoglio e vanagloria, ma per porli a servizio degli altri. E’ quindi giusto che l’animatore musicale risponda a questa vera e propria vocazione con generosità e amore.

3. Diversità di animatori per una varietà di servizi

Dalla definizione generica di animatore musicale passiamo a una concreta identificazione. Sorgono immediatamente alcune domande: è uno solo? sono molti? chi sono? cosa fanno? Una prima risposta, forse non sempre scontata, è che gli animatori musicali sono parecchi e di varie tipologie. Potremo dire che sono tanti quanti sono i servizi musicali che vengono esplicati nelle celebrazioni liturgiche.

Alla domanda "chi sono?" urge una risposta di importanza fondamentale: sono parte dell’assemblea. Questo vale non solo per l’animatore musicale ma per qualsiasi animatore liturgico! Nessuno può dimenticare la propria appartenenza all’intera assemblea, pena il mettersene irrimediabilmente fuori, diventandone un corpo estraneo e spesso di disturbo, facilmente soggetto a crisi di rigetto.

L’assemblea, essendo il principale soggetto celebrante (SC 26), deve essere considerata il termine ultimo dell’azione degli animatori musicali. Nelle celebrazioni interviene con parti proprie, non delegabili, se non eccezionalmente. Per meglio realizzare e armonizzare il canto dell’intera assemblea è importante l’ufficio di alcuni ministri specializzati quali sono gli animatori musicali.


 

3.1. Il presidente della celebrazione

Anche il presidente della celebrazione fa parte dell’assemblea anche se in maniera speciale. Egli ha il compito di far sentire ai fedeli la presenza di Cristo. E’ un servizio delicato e difficile, anche dal lato musicale. Chi presiede deve aver presente molto bene tutto li progetto rituale: gesti, parole, silenzi, canti, possibilità di interventi particolari, giusti spazi di creatività ecc. Da ciò derivano alcune conseguenze.

1. Deve essere in assoluta sintonia con l’animatore generale (di cui parleremo più avanti). Questa è la prima e fondamentale condizione per uno svolgimento sicuramente sereno di una celebrazione.

2. Chi presiede dovrebbe saper cantare le parti rituali più significative, almeno le più brevi realizzate con melodie semplici.

3. Nel caso di una vera impossibilità al canto, ci si abitui a dare una diversa intonazione alla parola declamata a seconda dei contesti rituali e dei generi letterari.


 

3.2. Il coro

La trattazione sul coro che presentiamo procederà in maniera molto sintetica e schematica, cercando di porre in evidenza solo ciò che è essenziale e più importante.

Cerchiamo innanzittutto di fornire una definizione di coro liturgico. Per coro liturgico intendiamo qualunque gruppo di cantori costituito per iniziare, educare, guidare un’assemblea che celebra in canto e per raggiungere quelle note di solennità e di bellezza che aiutano il fedele a vivere il clima della festa (definizione di Paolo Iotti). A partire da questa definizione possiamo proporre un’analisi più ampia e dettagliata.

1. Il coro è l’attore liturgico specializzato nel canto di gruppo; esso corrisponde al gruppo base animatore del canto rituale.

2. Un coro può essere di varia struttura:

a) A UNA VOCE:

UNICA solo voci bianche, solo femminili, solo maschili MISTA voci bianche+ maschili, femminili+maschili b) A 2, 3, 4 O PIÙ VOCI: PARI solo voci bianche, solo femminili, solo maschili

MISTE o DISPARI voci bianche+maschili, femminili+maschili 3. Il coro deve avere chiara cognizione del suo ruolo, ossia:

 

a. Introdurre, sostenere, alternare e animare il canto di tutta l’assemblea b. Arricchire alcuni canti con forme polifoniche (ad esempio all’inizio e alla comu

nione) c. Sovrapporsi a più voci mentre l’assemblea canta all’unisono ( ad esempio

l’Alleluia e il Santo)

d. Sostituire l’assemblea quando essa non sia in grado di rendere bene un determinato rito (ad esempio l’inno Gloria a Dio). In questo caso l’assemblea partecipa con l’ascolto. E’ importante non assolutizzare e non prediligere questa funzione del coro che potrebbe andare a discapito dell’assemblea celebrante e della stessa liturgia.

4. Il coro può intervenire in maniera appropriata nei momenti in cui l’assemblea è in movimento, ad esempio durante la distribuzione dell’Eucaristia: l’assemblea in movimento canta meno volentieri. L’intervento del coro può anche creare un momento di meditazione, ad esempio dopo la proclamazione del Vangelo o dopo la comunione.

5. Il coro deve prendere coscienza della sua importanza liturgica come:

a. Stimolo e aiuto ritmico-melodico per tutta l’assemblea, affinché la Parola che si fa canto possa risuonare nella sua esattezza e nella sua bellezza, esprimendo nel miglior modo la verità che essa contiene

b. Mezzo indispensabile per realizzare una forma di differenza-contrasto (pochi-tutti) che esprima l’immagine vera della Chiesa che è articolata, non statica né uniforme

c. Opportunità determinante per creare varietà, qualità, vivacità di forme musicalirituali in conformità con l’articolazione rituale di tutta la celebrazione.

6. Il coro non deve essere mai elemento estraneo, di contorno, di lusso e meno ancora deve appropriarsi tutti i canti della celebrazione.

7. Per compiere bene un tale servizio sarà pure indispensabile trovare il luogo più idoneo all’interno dell’aula della chiesa. Non è cosa da sottovalutare, e... non solo per "motivi acustici" (Cfr. IOE 97; PNMR 274; MS 23).


 

3.3. Il direttore del coro

Definita in questo modo la natura del coro liturgico ne deriva che la figura del direttore deve avere delle caratteristiche ben precise come ben preciso e assai delicato è il servizio che gli viene richiesto. Alcune di queste caratteristiche consistono in una serie di doti personali imprescindibili, altre devono essere acquisite attraverso un’accurata formazione che deve tendere a far sorgere nel direttore del coro competenze

· musicali, · liturgiche, · psicologiche e pedagogiche.

 

Non meno imprescindibili sono le qualità umane che un direttore di un coro liturgico deve possedere: deve essere un amico, un fratello; elemento unificante dei vari coristi, capace di conciliare eventuali contrasti; pieno di pazienza, sereno, sempre gioviale e imparziale con tutti.

Nello stesso tempo gli si richiede senso di disciplina, unitamente ad una capacità carismatica di imporsi senza far pesare l’autorità.


 

3.4. Il solista

Per solista non si intende colui che canta con atteggiamento esibizionistico, ma un buon porgitore della parola di Dio attraverso il canto.

1. Dovrà essere principalmente un buon salmista. Curerà, quindi, più la capacità cantillatoria che melodica, affinché sappia dare più spazio alla Parola che alla musica.

2. Dovrà prendere esatta coscienza di essere un chiaro trasmettitore di un testo, piuttosto che una bella voce.

3. Dovrà conoscere alcune tecniche, perché è chiaro che nessuno può improvvisarsi solista. Perciò sarà bene che frequenti qualche corso specializzato e sappia esercitarsi personalmente.

4. Le sue funzioni saranno:

· cantare da solo

· alternarsi con il coro e con l’assemblea

· animare e aiutare, se necessario, l’assemblea.


 

3.5. Gli strumentisti

Gli strumentisti sono attori liturgici specializzati nel suono strumentale.

1. Anzitutto devono saper accompagnare, ossia essere di sostegno al canto; non primeggiare ma piuttosto "essere accanto a".

2. Devono convincersi che per accompagnare un canto rituale è necessario dosare bene il volume e la timbrica a seconda del significato del canto o del rito stesso.

3. Massima importanza si deve a dare a pre-, intere post-ludi, che devono costituire la giusta cornice del quadro "canto". Improvvisare sul canto sarebbe la soluzione migliore, nel caso di un solo strumentista accompagnatore, ma dovrebbe farlo soltanto chi è veramente esperto dal lato liturgico-musicale.

4. In alcuni momenti rituali funzionerà benissimo una musica strumentale senza canto. Ci si dovrà però organizzare, sia per quanto riguarda i vari momenti rituali, sia per la durata, la tipologia degli strumenti da usare, la qualità del suono.


 

 

3.6. Il tecnico del suono

1. Di grande importanza è il ruolo del tecnico del suono, anch’egli vero e proprio animatore liturgico.

2. Oltre la preparazione tecnica riguardante gli strumenti di amplificazione e diffusione, dovrà curare la formazione liturgica.

3. Dovrà rendersi conto delle qualità acustiche della chiesa in cui opera.

4. Dovrà essere attento a una giusta distribuzione di toni e volumi, specialmente quando si diffondono attraverso un impianto di amplificazione strumenti, coro, solisti.

5. Dovrà essere in sintonia con l’animatore generale e stare alle sue indicazioni.


 

3.7. La guida dell’assemblea

Il servizio che deve essere svolto dall’animatore dell’assemblea è forse il più delicato fra i tanti ministeri liturgici che si esplicano all’interno di una celebrazione.

Non si tratta di un esperto direttore di coro o di un solista dalla voce estasiante. Le doti naturali di una buona voce e la necessaria competenza tecnica possono facilitare chi è chiamato a guidare l’assemblea ma ciò spesso non è sufficiente, anzi, se assolutizzate, possono indurre a forme narcisistiche, esibizionistiche che non permetteranno di essere vere guide del canto dell’assemblea. Procediamo, come sempre, in maniera sintetica e schematica.

1. E’ di enorme importanza che la guida dell’assemblea conosca le tecniche di animazione di massa e che abbia una sensibilità psicologica che gli permetta di comprendere lo stato d’animo, le reazioni, le capacità e le esigenze dell’assemblea cui si rivolge.

2. Non basta che conosca solo le tecniche di animazione di massa, ma che sia esperto anche e specialmente nelle tecniche musicali dell’animazione di massa che si esplicano attraverso la gestualità, la lettura musicale, il colpo d’occhio.

3. Inoltre è bene che sappia compiere una scelta dei canti che faciliti l’intervento dell’assemblea: non tutti i canti sono adatti, né sono stati composti per l’intervento dell’assemblea; mentre alcuni sono stati creati e sperimentati proprio per un intervento facile, spontaneo e immediato dell’assemblea.

4. Perché questo animatore compia un servizio efficace dovrà escogitare sempre qualcosa di nuovo e interessante per coinvolgere l’assemblea. E’ quindi necessario che la guida dell’assemblea lavori sempre in stretto accordo con gli altri animatori liturgici.

5. Dovrà vagliare opportunamente le modalità per l’insegnamento dei canti all’assemblea.

6. Durante le celebrazioni il suo intervento deve essere deciso ma non invadente né autoritario. La frequenza degli interventi attraverso le parole e i gesti dipenderà dalle esigenze dell’assemblea e non da smania di protagonismo che spesso può caratterizzare azione di una guida più attenta a sé stessa che all’assemblea. Ciò che è importante non è muovere le braccia, cantare al microfono o dire parole frequentemente inutili, ma coinvolgere l’assemblea e aiutarla ad intervenire nei momenti propri.


 

3.8. L’animatore musicale generale

Anche l’animatore musicale generale ricopre un ruolo molto importante per la realizzazione di una intelligente animazione musicale. Il suo è un ruolo di coordinamento e di supervisione. Può assolvere a questo servizio o il direttore del coro o la guida dell’assemblea. Spesso capita che un’unica persona ricopra i tre ruoli contemporaneamente: guida dell’assemblea, direttore del coro e animatore generale, non è cosa facile ma non potendo avere la possibilità di numerosi e qualificati animatori si può tentare di accumulare le funzioni.

Elenchiamo le caratteristiche e i compiti di questo animatore.

1. L’animatore generale deve sapere coordinare il servizio dei vari animatori musicali: più sono gli animatori e più è necessaria la presenza di un coordinatore.

2. Gli si richiedono solide competenze sia in campo musicale che in campo liturgico.

3. Dovrà prendersi la responsabilità della programmazione del canto e della musica per le liturgie non solo con gli altri animatori musicali ma con tutti i responsabili della celebrazione e in particolare con il presidente e il cerimoniere.

4. E’ il primo responsabile della scelta dei canti. E’ importante che conosca bene i criteri per una buona scelta dei canti: ogni scelta và motivata e fatta comprendere sia agli altri animatori musicali, sia all’intera assemblea.

5. L’animatore generale deve anche distribuire le parti ai vari "interpreti": solisti, coro assemblea, strumenti. Si preoccuperà quindi di verificare la preparazione dei singoli animatori musicali.

6. E’ necessario che richieda agli strumentisti intelligenza di interventi, specialmente a sostegno del canto dell’assemblea.

7. Dovrà coordinare gli interventi dei vari attori della celebrazione: soli-coro-tutti (fra i "soli" ci sono anche il presidente della celebrazione, i concelebranti, il salmista, i lettori, i solisti), gli strumentisti che accompagnano il canto o eseguono musica di sottofondo o meditativa, gli interventi parlati.

8. E’ importante verificare (anche con l’eventuale tecnico del suono) il funzionamento e la regolazione dell’impianto di sonorizzazione (amplificatori, microfoni, radiomicrofoni, altoparlanti). Dove esiste la radio parrocchiale, è importante verificarne gli strumenti di trasmissione.

9. L’animatore generale curerà anche la verifica della celebrazione attraverso valutazioni immediate ossia subito dopo la celebrazione e successive. solo la programmazione e la verifica costanti possono assicurare un vero ed efficace servizio di animazione musicale.


 


 

4. Conclusione


 

Abbiamo iniziato parlando dell’assemblea, chiudiamo il cerchio con una brevissima conclusione che prende ancora lo spunto dall’assemblea liturgica.

Il servizio di tutti gli animatori musicali che abbiamo presentato sarà veramente tale se avrà come termine ultimo l’assemblea, affinché questa possa lodare bene, acclamare bene, ringraziare bene, ascoltare bene, tacere bene, perché possa, in poche parole, celebrare bene il mistero della propria salvezza.


 

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