A che punto si trova il canto gregoriano?

Tu sei qui

[Lo studioso e cantore di Gregoriano prof. Giacomo Baroffio]

 

 

 

Giacomo Baroffio Dahnk

 

A che punto si trova il canto gregoriano?

 

 

 

1. 2000 nuova panoramica geopolitico-culturale

 

Prima irriso, poi emarginato, infine eliminato: questo è il destino del canto gregoriano che getta un’ombra gelida sull’operato della Chiesa dopo la presa di posizione netta di papa Sarto, Pio X, con il Motu Proprio del 1903 sulla musica sacra. Si sono moltiplicate parole, è vero, ma insufficiente è stato l’impegno sul piano concreto operativo. Mentre cessava di risuonare in chiesa, il gregoriano si è diffuso altrove, in contesti talora ambigui. Una patina di estraneità rispetto alla musica di consumo gli ha aperto le porte delle discoteche e di ammucchiate di persone. Lo scenario è velato da ombre tenebrose. Cupo risuona il Dies iræ e con esso anche l’Alleluia, quando al banchetto pasquale si sostituisce la sbornia delle droghe. È quasi il canto del cigno che con crudezza rivela il dramma del figlio prodigo che non trova più il cammino per ritornare dal Padre.

Ma è inutile lamentarsi; è necessario chiedersi perché tutto ciò sia accaduto. E come sia possibile porre un rimedio.

Il canto gregoriano è uno dei capitoli della civiltà occidentale la cui narrazione è tra le più lacunose con risultati nulli o assai incerti. La massima parte degli interessi si concentra su ambiti limitati, con casi estremi come uno studio dedicato a un singolo minuscolo segno notazionale o a un singolo canto. Tali lavori possono essere impegnativi e hanno certamente un valore, ma dovrebbero rientrare in un contesto di interessi assai più ampio, in un costante dialogo costruttivo tra gli addetti ai lavori e agli aspiranti apprendisti. Si pensi alle numerose eccellenti tesi di diploma e di laurea che non hanno un seguito.

Fino a metà del Novecento ricerche comparative sono state molto trascurate, nonostante lavori pioneristici; basti pensare a Gustav Jakobstahl († 1912), Paul Cagin († 1923), Abraham Zvi Idelsohn († 1938), Karl Ott († 19..), Urbanus Bomm († 1982). Solo pochi decenni or sono, un gregorianista che in Italia avesse voluto interessarsi ad altri repertori, nell’orizzonte di una corretta vergleichende Choralwissenschaft, era considerato un traditore della causa e bandito dal dominante cerchio magico.

 

Oggi si sta affermando un movimento di interessi e di studi che fanno maturare la speculazione geo-politica, la cui urgenza dipende anche dalle condizioni concrete in cui ci stiamo trovando. È frequente sentir parlare di geopolitica, con tutto ciò che i due termini geo e politica suggeriscono nell’affrontare l’analisi dettagliata della situazione globale. Non ci si accontenta più di imporre schemi di comodo per distinguere i singoli elementi in gioco. Su tutto pesa l’inerzia intellettuale che si è adagiata su concetti, il cui significato e uso appare sempre più ambiguo, contrario, talora persino contraddittorio. Parole ‘sacrosante’ come verità, libertà, pace finiscono per essere ingannevoli slogan pubblicitari, evidenti menzogne.

 

Per conoscere quanto ancora si può sapere del gregoriano, è necessario allargare l’orizzonte e fare riferimento a tre poli Geo - politico - culturale.

La componente Geo sottolinea il fatto che occorre tenere presente la terra nella sua concretezza e molteplicità di esperienze vissute realmente. Quindi occorre fare un continuo lavoro di zoom tra individuo e comunità, persone e istituzioni.

Politico: il termine sottolinea l’importanza di una visione storica che tenga conto i fatti costituenti, appunto, la polis: la persona con le varie radicazioni nei terreni sociali, economici, diplomatici.

Cultura: anche qui emergono varie istanze da tenere presenti, cominciando da quella richiamata dal termine stesso fondamentale cultus, cioè la dimensione spirituale-religiosa dell’esistenza umana. Poi va dato spazio alla cultura in senso ampio e coerente, cioè alla formazione umana e professionale delle singole persone, alla comunicazione nelle molteplici modalità di lingue, segni, numeri...

 

Conoscere il gregoriano presuppone la dimestichezza con quanti lo hanno praticato: dagli anonimi compositori e maestri della tarda antichità e del Medioevo agli intellettuali che si sono occupati principalmente di questioni teoriche e filosofiche. Il repertorio liturgico cantoriale è presente nel mondo cristiano sin dall’inizio, da quando cioè si è innestato sulla tradizione giudaica nella prospettiva di risponderealle esigenze manifestate dalla nuova comunità di credenti. La maggiore difficoltà di stendere un affresco adeguato, che permetta di raggiungere una discreta familiarità con il mondo liturgico musicale, è dovutaprincipalmente alla mancanza di testimoni in grado di fornire dati inequivocabili.​

 

Tutta una serie di domande e provocazioni derivano dall’analisi di quanto negli ultimi decenni e ancora oggi abbiamo vissuto e di cui siamo testimoni. È difficile che comportamenti frequenti – sia positivi che negativi – siano isolati e vengano considerati massi erratici casuali nel corso della storia. Anche nel nostro campo purtroppo la storiografia da sempre è condizionata fortemente dall’esito di differenti conflitti. In altre parole, ciò che si dice e si tramanda non corrisponde sempre alla situazione reale del tempo e dei luoghi, ma esprime soltanto l’opinione di quanti sono stati considerati i ‘vincitori’. Nelle relazioni interpersonali possono prevalere atteggiamenti scorretti che impediscono l’affermarsi della pars sanior. Difficile da stabilire tra gruppi diversi quale è prioritario, quale minoritario.

 

* * *

 

È triste constatare l’emarginazione di avversari messi al bando e ai quali non è permesso di far sentire la propria voce. Ci sono singoli tiranni o gruppuscoli che finiscono per diventare centri di potere ridicoli, ma nefasti. Basti vedere la violenza ostinata dei ‘baroni’ universitari nel troncare la carriera di quanti potrebbero fare ombra al ‘capo’ e alla sua corte sventurata. D’altra parte, nella società umana è difficile che ci sia qualcosa di totalmente bianco o totalmente nero. I punti bianco e nero possono essere forse prevalenti; ma poi c’è tutta una vasta successione di sezioni grigie o di altri colori.

 

Che cosa sappiamo noi realmente della vita quotidiana delle grandi abbazie e nei piccoli monasteri nel passato? Uno degli esempi più chiari al riguardo lo fornisce l’abbazia francese di Solesmes. Rifondata nel 1833, presto è diventata un punto di riferimento per tutta la Chiesa cattolica, in particolare per l’attenzione prioritaria rivolta alla liturgia, ogni giorno celebrata con grande decoro, passione, fede. Solesmes è stata inoltre un’accademia culturale di primo ordine, riuscendo a coniugare in modo armonico le tre istanze fondamentali della vita monastica: la preghiera, la lettura, il lavoro. Ciononostante la comunità ha attraversato momenti difficili. Periodicamente ci sono state crisi dovute alla divergenza di opinioni tra i monaci – che avevano assunto la responsabilità di guidare le ricerche sul canto gregoriano – e i confratelli subalterni. Le tensioni sono iniziate presto, già nella contrapposizione tra i primi due maestri Joseph Pothier († 1923) e André Mocquereau († 1930). Non c’è da meravigliarsi. Le relazioni interpersonali condizionano spesso la vita dei singoli monaci e dell’intera comunità, com’è avvenuto anche a Pomposa, nel caso drammatico di Guido d’Arezzo († 1050 ca.) costretto a lasciare l’abbazia. Chi pensa soluzioni o ipotesi contrastanti le scelte ufficiali, diventa estraneo e straniero in casa propria.

 

Un fatto lascia perplessi: che cosa non ha funzionato a Solesmes e in tante comunità religiose e parrocchiali, in molti gruppi e solisti che si esibiscono (sic!) ‘abusando’ malamente del canto liturgico? Probabilmente si è sottovalutata la forza distruttrice dell’orgoglio: il veleno – che sembra imprimere energia vitale – ci convince di essere superiori agli altri, mentre in realtà sconquassa e abbruttisce tutta la nostra persona.

 

Mi sembra strano che certe notizie negative non siano diffuse. C’è tutta un gamma di silenzi negativi dovuti a complicità e ipocrisia; talora il silenzio rivela superficialità e irresponsabilità oppure pusillanimità e paura. Fatto sta che sono poche le notizie come quella dell’intervento di papa san Gregorio Magno († 604) contro l’esibizionismo fatuo di alcuni diaconi romani.

 

Ci deve essere qualche motivo se le ricerche non hanno condotto a risolvere problemi storiografici importanti, a dare una risposta convincente agli interrogativi Chi ha sentito l’esigenza di un nuovo repertorio cantoriale? Chi ha cantato le prime melodie? Quando? Dove? Come? Perché?

 

Un motivo imbarazzante mi sembra di trovarlo sempre nell’orgoglio umano che non alimenta la fiducia reciproca, ma genera frizioni e fratture. Mi sono bastate poche presenze a ‘concorsi’ di canto gregoriano per rendermi conto dello sfacelo di certi eventi, per esempio, il Concorso di Arezzo (per inciso, anche don Giulio Cattin [† 2014] disgustato ha lasciato allora la giuria aretina). “Concorso gregoriano” è un ossimoro: il nome stesso sottolinea l’antagonismo, il desiderio di primeggiare. Il prossimo diviene il con-corrente da superare e umiliare perché non rialzi la testa. In questo ambito va elogiato il Festival di Watou, in Belgio. È esclusa, prima di tutto, ogni forma di competizione. Quando l’ho frequentato, sono rimasto colpito dal dialogo costruttivo tra cantori e partecipanti.

 

Temo che singoli cantori e interi cori, sia nelle relazioni interne che in quelle esterne, si lascino condizionare dal proprio orgoglio e contribuiscano così a sgretolare l’edificio corale. Basta pensare alle tante scissioni di compagini corali, all’atteggiamento da ‘prima donna’ anche nei gruppi virili, al clima anarchico e confusionario che fa perdere attenzione e tempo nelle prove, a mio avviso sempre insufficienti.

 

L’immersione nella realtà quotidiana di un coro, che ogni giorno intona le melodie nella celebrazione delle Ore e della santa Messa, permette di scoprire varie dinamiche che rientrano nelle previsioni o che possono sorgere impreviste. Si pensi al repertorio e all’occasione che s’affaccia quando qualcuno parla di un brano sentito altrove. Sulle prime c’è attenzione o indifferenza; in seguito può nascere interesse e si può collaborare insieme per rinnovare il repertorio, avere un canto pronto per qualche occasione particolare.

 

In passato l’organizzazione liturgico-musicale era assai articolata, c’erano varie gerarchie da rispettare. Quale è stata la parte dei pueri, degli assistenti, del Maestro negli impegni quotidiani e nell’evoluzione dei repertori in uso, nell’eventuale adattamento di testi o melodie?

 

Quale credito dare ai singoli autori, vittime di eventuali pregiudizi? Alcune volte è possibile scoprire dei circoli ermeneutici interessanti che obbligano a modificare il giudizio su fatti o persone di cui si conosceva soltanto un aspetto. Caso emblematico è la descrizione minuziosa della liturgia e dei suoi canti proposta da Amalario di Metz († 850).

 

Considerato uno dei Padri dell’esegesi allegorica, proprio a causa della molteplicità delle sue interpretazioni ‘fantasiose’, alcune sue testimonianze non sono state prese in seria considerazione. Il confronto con pochi dati forniti dal cerimoniere di San Pietro in Vaticano, il canonico Benedetto nel Liber Politicus (1140 ca.), impone una revisione del giudizio negativo a vantaggio di entrambe le parti. I canti segnalati da Amalario appartengono veramente all'antico repertorio dell’Urbe; l’uso testimoniato da Benedetto nel XII secolo può essere fatto risalire almeno al tempo di Amalario.

 

2. tra pratica e ricerca: il singolo nel contesto comunitario

 

Il canto liturgico nel Medioevo è al centro dell’attenzione nelle istituzioni ecclesiastiche dedicate alla formazione dei giovani. Si tratta delle scuole annesse alle cattedrali e ai noviziati dove crescono i futuri monaci. C’è un filo rosso che congiunge le scuole medievali a felici isole ancora piene di vitalità. Oltre a leggere i testi che illustrano il passato, si può avere un’idea realistica frequentando oggi, per esempio, le scuole di formazione presso le cattedrali inglesi (a London anglicana [St. Paul] e cattolica [Westminster Cathedral]) o una Escolania sopravvissuta presso alcune abbazie iberiche. In Italia notevole è l’istituzione moderna del coro che risuona cattedrale di Lodi.

 

Ogni sguardo al passato vissuto conferma alcuni aspetti di un’unica realtà: la presenza della Parola di D-i-o nella nostra esistenza. Pertanto:

1] il canto gregoriano vive e nasce nella liturgia quale accoglienza della Parola di D-i-o che ogni cantore fa risuonare affinché tutti gli oranti si uniscano a lui e con lui si rivolgano a D-i-o in rendimento di grazie;

2] corista o solista, poco importa, ogni cantore accoglie dentro di sé – anche se non ha nessun mandato ufficiale – il dono della missione profetica. Pur peccatore e disgraziato, egli dà voce allo Spirito Santo di Gesù. Il cantore non può non cantare, e il suo canto è la Parola di D-i-o;

3] ogni battezzato vive la Parola, vive della Parola, vive con la Parola. Per necessità interiore avverte la necessità di approfondire il legame con la Parola, per conoscerla sempre meglio, per poterla vivere nel modo meno inadeguato possibile. Il cantore sente il bisogno di una preparazione supplementare che aiuti a superare le difficoltà presenti nel testo melodico;

4] Ogni cantore, compreso il solista, non vive isolato e non gestisce la sua diaconia profetica da solo e a suo profitto individuale. Egli è sempre membro della comunità a servizio della quale egli si mette condividendo con gli altri i propri talenti artistici.

 

3. orientamenti per scrivere oggi una guida al canto gregoriano

 

Bisognerebbe chiarire subito un punto preliminare che riguarda la natura stessa di ogni pubblicazione che si offra quale guida al canto gregoriano (monografia ‘scientifica’, manuale scolastico, opera divulgativa...). Penso a un’introduzione per chi ha interesse di conoscere nel miglior modo possibile la natura stessa del canto gregoriano e della liturgia. Di solito un’operazione del genere mira a creare conoscenze chiare; di qui lo sforzo di un autore nel proporre una redazione che soddisfi le esigenze del lettore. Ciò porta spesso a modificare la realtà storica.

 

Prendiamo l’esempio di una grande strada, una bella autostrada, che si muove in pianura, poi in collina, in seguito in montagna. Noi attendiamo sempre una strada molto ampia e senza curve strette,ostacoli e via dicendo. Il cammino della storia non è però un’autostrada. È un tracciato in cui si susseguono situazioni molto diverse l’una dall’altra. Ad esempio, c’è un ciottolato, poi un pezzo di asfalto ottimo cui seguono sezioni con buche profonde e pericolose; poi c’è un tracciato quasi invisibile, interrotto da rami, frane, alberi secolari caduti... Chi avanza in quelle condizioni può avere l’impressione di non progredire più, ma piuttosto di allontanarsi dalla meta che si era prefissato.

 

Ciò significa che la narrazione più chiara e coerente – quando ogni affermazione sembra logica – nonostante l’impressione positiva è fondamentalmente falsa perché molte volte non corrisponde alla verità. Ciò vale in modo particolare per la liturgia e, ancora di più, per il canto gregoriano. Molte volte nel decorso storico incontriamo spazi di confusione solenne, dove non è per nulla scontato che la narrazione debba procedere per tasselli ben levigati, disposti logicamente per mettere in risalto una verità assoluta. Non è così nella storia reale anche del canto gregoriano, dove si è costretti a procedere con ipotesi più o meno fondate. Qui, purtroppo, emerge sovrana e non ammette discussione la fantasia di qualche avventuriero devoto alla fantascienza.

 

Il lettore avido di sapere che cos’è il gregoriano, cerca spontaneamente frasi che gli svelino finalmente tanti particolarità, le notizie più ovvie, come avviene per le persone care di cui interessa sapere dove e quando sono nate... Di fronte a un discorso che si regge su ipotesi, egli può rimanere sconcertato; ma purtroppo non si può procedere in altro modo, se si vuole essere onesti. Una guida ha il compito di accompagnare i lettori attraverso tutti gli spazi – lisci, scoscesi, facili e quasi impossibili da praticare – come avviene in montagna. Là si alternano passaggi facili in salita, in discesa, per gradini... A volte è necessario fare dei piccoli salti, talora occorre cingersi strettamente con le funi e si può anche finire a penzoloni rischiando di perdere contatto con la realtà. Quando può accadere di essere sospesi nel vuoto ed essere sul punto di cadere nel precipizio, se si rompesse la fune di ancoraggio che è la salvezza.

Quindi secondo me bisognerebbe proprio avere chiara l'idea di quello che si vuole dire e come lo si vuole comunicare. Non bisogna aver paura della verità, ma la verità non sempre coincide con la chiarezza;anzi, tante volte, nozioni estremamente chiare sono le più confuse e opache: affermano qualcosa del sole, ma si muovono nelle tenebre complete.

 

Penso che il primo passo da fare nell’introdurre una persona o un gruppo nel mondo del canto gregoriano, sia quello di far conoscere subito il nucleo centrale di questa esperienza. È un aspetto della vita liturgica che si vive nella grazia per dono dello Spirito Santo. Il gregoriano, possiamo affermare con semplicità, si muove e vive secondo una dinamica musicale. Infatti giustamente lo si chiama canto gregoriano; ma se noi vogliamo avvicinarci a questa realtà, dobbiamo scavalcare un muro, quello della fede. Per chi non ha fede il gregoriano è un interessante oggetto culturale che si può investigare con tante modalità; ma solo nella fede si riesce a comprendere che nel nucleo centrale il gregoriano non è per nulla un canto. Si esprime con il linguaggio musicale pur non essendo in se stesso musica. Il gregoriano fondamentalmente è preghiera.

 

Il gregoriano vive la Parola di D-i-o e permette a noi di rivivere questa Parola, mettendoci al centro di un movimento straordinario: D-i-o parla e la sua parola giunge alla creatura. Il cantore gregoriano l’accoglie e permette alla Parola di D-i-o di farsi voce dell’uomo. In quanto parola della creatura, il gregoriano ritorna a D-i-o quale preghiera vissuta. Ciò avviene grazie alla mediazione del cantore che permette alle assemblee e a tutte le persone che non cantano, o che cantano con il cuore soltanto sottovoce, permette a tutti di condividere questo tesoro.

 

Il gregoriano è una realtà e questa realtà è una verità che partecipa alla natura della Parola di D-i-o fatta carne in Cristo Gesù – vero D-i-o e vero uomo – Parola fatta messaggio che dona la vita, illumina,sorregge, consola. Questo è il gregoriano, e quando si parte da questa realtà, si può accettare in seguito anche tutta una serie di affermazioni ipotetiche, quelle mezze verità alle quali si giunge attraverso l’analisi dei fatti storici nelle evoluzioni a livello culturale delle peripezie che ogni creatura deve affrontare.

 

Come il lettore non esige più di sapere l’ultima verità – quella verità che a livello storico non può ancora essere svelata – così anche l’autore non deve sentirsi obbligato a mentire ai suoi lettori, ma con semplicità afferma quello che è possibile dire, lasciando intravvedere a volte le varie gradazioni di verità che si trovano delle singole ipotesi: alcuni punti possono essere molto probabili, altri restano assai vaghi e sono proposti forse solo per cercare di non cadere nella disperazione. Bisogna dare una risposta, è vero; ma l’unica risposta su cui ci si può basare non è a livello di indagine storiografica, bensì nell’economia spirituale: scoprire il gregoriano nella dinamica della Parola che D-i-o comunica al suo popolo, alla sua Chiesa, ai suoi santi. A coloro che nella forza dello Spirito Santo sono suoi figli.

 

4. conclusione

 

In ogni momento, nel passato e nel presente, N in cui religiosi e clero abbandonano il gregoriano o ne abusano per fini diversi dalla laus perennis, la Chiesa subisce una grave ferita. In attesa che tutti ci convertiamo e siamo in grado di ricominciare da capo la formazione cristiana, possiamo unirci in piccoli focolai virtuali e aiutarci a vicenda. Iniziando di nuovo a cantare e studiare. Sarà il momento fausto della rinascita-resurrezione pasquale.

 

ut in omnibus glorificetur Dominus

Hæundæ s. Giuseppe artigiano 2024

 

***

QUI IN CALCE UNA VERSIONE IN FORMATO “PDF” STAMPABILE DEL PRESENTE ARTICOLO
È A DISPOSIZIONE ESCLUSIVAMENTE DEGLI 
UTENTI ISCRITTI AL PRESENTE SITO

***

Sezione: 
Autore: 
Giacomo Baroffio
Qualifica autore: 
professore di canto gregoriano