Fernando GERMANI, nato a Roma nel 1906, già a 4 anni si esibisce come pianista e violinista e a 8 anni viene ammesso al Conservatorio di Musica "Santa Cecilia" di Roma ove inizia lo studio della composizione con Ottorino Respighi e del Pianoforte con Francesco Bajardi. È dietro consiglio di Respighi che Germani intraprende anche lo studio dell’organo, frequentando le lezioni di Raffaele Manani presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra.
All’età di 15 anni viene nominato organista della sala dell’ “Augusteo”, sede dei concerti dell’Orchestra dell’Accademia di S. Cecilia. Germani amava spesso ricordare l’importanza per la sua formazione di musicista di questa sua esperienza, avendo suonato sotto la direzione dei più grandi direttori d’orchestra dell’epoca. Nel 1927 (a 21 anni) debutta negli Stati Uniti d’America, dove si esibisce in varie città ottenendo sempre successi strepitosi, davanti a platee immense. Al suo concerto nella Wanamaker Stores di Philadelphia erano presenti diecimila spettatori.
Nel 1932 è invitato in Inghilterra, dove suona in tutte le principali cattedrali e sale da concerto.
La fama del maestro dilaga e Germani è invitato in ogni paese d’Europa. A Roma, nel 1936, commemora la morte (avvenuta nel 1916) di Max Reger con un récital delle più grandi e difficili composizioni del compositore tedesco. Questo concerto fu replicato nella chiesa di S. Tommaso a Lipsia, ove l'organista titolare Karl Straube, amico di Reger, rimase stupefatto da quella esecuzione, anche per il fatto che Germani suonò a memoria e senza l’aiuto di registranti.
Sempre nel 1932 il conte Chigi Saracini fonda l’Accademia Musicale Chigiana nel suo palazzo di Siena e chiama Germani per dare inizio ad un corso d’organo: il Maestro era già famoso in tutto il mondo e la sua fama attirerà un grandissimo numero di giovani organisti da ogni continente. Egli, infatti, ha compiuto numerosissimi giri di concerti in Italia, Inghilterra, Germania, Svizzera, Francia, Spagna, America del Nord, America del Sud, Messico, Canada, Tasmania, Sud Africa, presentandosi sempre come solista. E come tale ha, inoltre, partecipato a vari concerti con le orchestre dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma, della RAI di Roma, Torino e Napoli, Firenze, Colonia, Berlino, New York, Philadelphia, El Paso, Chicago, Portland (Oregon), San Francisco, Londra, Sydney, Melbourne, Adelaide, Brisbane e moltissime altre in città americane ed europee. A Siena continuò ad insegnare fino al 1971.
Germani tenne anche la cattedra di Organo al Conservatorio “S. Cecilia” di Roma dal 1934 al 1976.
Nel biennio 1936-38 Philadelphia ha diretto il corso di perfezionamento al celebre Curtis Institute.
Nel 1939 pubblica il primo volume del suo Metodo per organo.
Nel 1945, per la prima volta nella storia organistica italiana, Germani ha presentato davanti ad un grandissimo uditorio, nella chiesa di S. Ignazio in Roma e, successivamente, per altre otto volte consecutive, sia nella chiesa di S. Ignazio sia nella basilica di S. Maria in Aracoeli, l’opera completa per organo di Johann Sebatian Bach. Tali esecuzioni hanno avuto luogo per iniziativa dell’Accademia di Santa Cecilia e sotto gli auspici della città di Roma. All’esecuzione delle opere complete di Bach (per le quali Germani ha scritto anche una guida illustrativa), fecero seguito anche quelle dedicate all’opera omnia per organo di César Franck e alle più grandi e difficili composizioni di Max Reger, mai eseguite prima in Italia e all’estero.
Il ciclo bachiano fu ripetuto a Londra nel 1947 sotto gli auspici della British Broadcasting Corporation (BBC) nella Cattedrale di Westminster e, nel 1959 e nel 1962, all’Università di Oxford; successivamente, fu eseguito anche all’Università e nella Cattedrale di Manchester e nel 1961, per la prima volta in America, nella Grace Cathedral di San Francisco in California davanti ad un pubblico enorme convenuto per l’occasione non soltanto da varie città degli Stati Uniti d’America, ma anche dal Messico e dal Canada. Nel 1963 ha eseguito lo stesso ciclo bachiano a New York nella St. Thomas Church in Fifth Avenue e l’opera omnia per organo di Gerolamo Frescobaldi ricevendo onori speciali dal Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy e dal Sindaco di New York.
Dal 1948 al 1959 è stato organista principale della Basilica di S. Pietro in Vaticano
Fernando Germani è morto a Roma il 10 giugno 1998 all’età di 92 anni.
Gent.mo dott. Agostino Greco,
Le sono molto grato per il profilo biografico e artistico che Lei ha redatto [per l'Osservatore Romano] in ricordo di Ferdinando (o Fernando) Germani.
Viviamo anche del nostro passato e, certamente, il Maestro Germani, nell'ambito dell'interpretazione (anche innovativa) artistica e della didattica — lo si voglia o meno — riveste un ruolo fondamentale del nostro DNA di organisti del Ventunesimo secolo, allo stesso modo di Marco Enrico Bossi, di Filippo Capocci e di altri noti nomi che non sto qui a elencare.
Sfortunatamente, devo constatare che, nonostante le molte memorie di Ferdinando Germani pubblicate, ancora non siano state ancora rimosse alcune ombre sulla sua carriera di studente e continuino a circolare racconti leggendari sul suo periodo di formazione come organista.
Fernando Germani fu studente a tutti gli effetti del Pontificio Istituto di Musica Sacra (PIMS), allievo di organo di Raffaele Manari (che solo lato sensu può essere considerato uno dei fondatori di questa più che centenaria istituzione) e forse, per un brevissimo lasso di tempo, anche di Ernesto Boezi. Frequentò tutte le discipline — che la ratio studiorum allora vigente prevedeva — sotto la guida degli altri docenti presenti in quel periodo. Il suo curriculum comprendeva anche il conseguimento della Licenza in Canto Gregoriano, senza la quale non avrebbe potuto continuare gli studi nella classe di organo di Raffaele Manari.
È tutto perfettamente documentato e documentabile e, del resto, io stesso ho avuto l'onore e il piacere — consultando gli archivi del PIMS — di venire a contatto visivo con i verbali degli esami da lui sostenuti. Ne ho parlato in modo molto dettagliato nel mio Organi, organisti e insegnamento dell'organo al PIMS. 1911-2011, inserito nel volume curato da F. Luisi e A. Addamiano, Cantemus Domino. Formazione e prassi musicale al PIMS. 1911-2011, Torre d’Orfeo, Roma 2011 (pp. 141-195), pubblicato in occasione del centenario del PIMS (1911).
Lì troverà persino notizie sulla votazione che Fernando Germani ricevette in occasione di alcune sue prove d'esame. Il maestro si diplomò il 24 marzo del 1925, con una media di 8,38/10... all'epoca non si dava 30/30 o 110/110 e lode a tutti! Si pensi che egli ricevette dalla commissione d'esame "solo" un 8,5/10 alla sua prova di accompagnamento del canto gregoriano scritto (disciplina ancora fortunatamente esistente al PIMS), perché il suo compito era "macchiato" da due vistosi errori (un errore di due quinte parallele e due errori di due ottave parallele; negli archivi del PIMS è ancora conservata la bella copia del suo compito, un'armonizzazione dell'Intr. Nos autem, ora in GT 162-163).
Germani era molto affezionato al PIMS e all'allora Preside, l'Abate Ferretti, al quale inviò numerose amorevoli lettere per informarlo dei progressi nella sua brillante carriera concertistica.
Francamente, non riesco ancora a comprendere la ragione dell'eclissi del ruolo del PIMS nelle biografie di questo grande organista, che ha seminato nella sua carriera di docente alcuni allievi formidabili, come il mio collega Roberto Marini, concertista di fama mondiale, che da diversi anni è un apprezzatissimo membro del corpo docente del PIMS.
Alcuni biografi — basandosi su testimonianze dirette — sostengono che Germani tacque volutamente rispetto alla sua formazione presso il PIMS per una serie di dissapori che si crearono quando egli venne rimproverato da qualche superiore ecclesiastico per aver eseguito un concerto presso una chiesa luterana, cosa (a detta di qualcuno) ritenuta assai sconveniente per chi ricopriva il posto di organista della Basilica di S. Pietro in Vaticano.
Dell'assenza di notizie riguardanti i rapporti fra Germani e il PIMS si fece carico molto coraggiosamente mons. Ferdinand Haberl (Preside del PIMS), in un articolo pubblicato il 29 gennaio 1978 su «L'osservatore romano». Scrive Haberl: «Ed una cosa che lessi con vivo rincrescimento in quel foglio romano [un articolo uscito ne «Il Tempo» il 3 gennaio del 1978], come d'altra parte in precedenti articoli, fu quella — da parte dell'intervistato [Germani] — di non nominare mai il Pontificio Istituto di Musica Sacra […].
Chiedo scusa dell'intrusione... ma sono affezionato al ricordo di persone che ho conosciuto personalmente.
Con immensa stima,
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PER FERNANDO GERMANI
Una volta per tutte: Fernando Germani non ha bisogno di difese d'ufficio, è stato e rimane uno dei più grandi Organisti della storia, punto. Né (credo di poter intuire) avrebbe gradito che l’esaltazione della sua personalità artistica avvenisse attraverso la denigrazione di alcuni, diciamo così, suoi colleghi antagonisti; perché Germani, oltretutto, era anche un gran signore.
Mi permetto altresì di aggiungere – sperando di riuscire a placare una certa esagerata animosità che, come ho già detto in altre occasioni, non giova alla figura di Germani né artisticamente né umanamente – che il più volte sollevato antagonismo tra Fernando Germani e Luigi Ferdinando Tagliavini nella realtà non è mai esistito; si tratta nella sostanza di una ‘competizione’ principalmente creata dagli estimatori e da qualche allievo facinoroso… è una storia vecchia come il cucco, ed è una storia tutta italiana: Coppi/Bartali, Callas/Tebaldi, Mazzola/Rivera, Germani/Tagliavini… Cosa c’è di vero dietro tutte queste storie?... Quasi nulla sul piano della rivalità personale: soltanto un modo differente di affrontare la ‘realtà’ nella propria professione, ciascuno con la propria, forte, personalità. Vogliamo un attimo pensare che mondo noioso sarebbe se tutti cantassero con lo stesso timbro vocale, se tutti avessero lo stesso stile agonistico, se infine tutti gli organisti suonassero con lo stesso tocco e il medesimo stile?!... L’Arte, la creatività, l’espressività dell’Uomo sono meravigliose proprio per via della loro varietà; è proprio la molteplicità che fa la ricchezza e il fascino ineguagliabile di tutto quello che passa attraverso la mente di quegli uomini che avvertono l’esigenza di voler trasmettere le proprie emozioni ad altri uomini. Nel campo delle Arti non esiste una ‘verità’ codificata; esistono però la personalità e il buon gusto (anche il cattivo gusto, certo, perché no… ma soltanto quello è da combattere), e su quelle si deve fare leva.
A volte ho ‘sentito’ delle testimonianze tutte sbilanciate da una sola parte (certe mi hanno stupito, certe mi hanno perfino irritato…).
Se posso dire la mia (e ormai, com’è noto, non sono più un ragazzo…), ho conosciuto molto bene, nell’arco di molti anni, sia Fernando Germani che Luigi Ferdinando Tagliavini; del primo sono stato assistente alla consolle soprattutto quando suonava a Bari (dove negli anni Settanta eseguì quasi tutta l’Opera Omnia di Bach nella Basilica di San Nicola; il ciclo non fu completato per problemi di natura organizzativa…), del secondo sono stato allievo per molti anni… Bene: da nessuno dei due ho mai sentito proferire una sola parola che potesse lasciar trasparire questo presunto antagonismo tanto vituperato. Certamente l’approccio estetico, specificamente nella musica dal Cinque- al Settecento, era differente; ma va anche ricordato che c’erano ben 23 anni di differenza tra i due (e non sono pochi). L’approccio estetico, il gusto, la sensibilità variano anche a seconda dei contesti sociali, che ci plasmano e ci configurano spesso indipendentemente dalla nostra volontà: è un fenomeno antropologicamente complesso tutto ancora da studiare.
Madame Rolande Falcinelli (1920-2006) arrivò addirittura a dire che Frescobaldi era talmente facile da eseguire che non valeva la pena che si perdesse tempo a studiarlo in Conservatorio… Ma oggi si possono ancora proferire simili eresie?... C’è tutta una poetica dello stile improvvisativo, su cui io stesso ho effettuato dei particolari studi presentati in alcuni Congressi internazionali di Musicologia, che ci dice chiaramente che il segno musicale scritto, nel primo barocco italiano, non va riprodotto pedissequamente, così come appare; pertanto l’esecutore, o meglio l’interprete, ha la responsabilità di dover completare l’atto compositivo compiuto soltanto in parte dall’Autore.
Pertanto oggi affermare che i veri organisti sono quelli che suonano Reger, mentre chi suona Frescobaldi sarebbe poco più che un dilettante, è semplicemente una stupidaggine e niente più.
Difatti vorrei molto velatamente, ma altrettanto seriamente, ricordare, a chi è convinto di simili baggianate, che chi, come me, si è diplomato in Organo (e Composizione organistica…) col vecchio ordinamento e in anni ormai lontani, ha dovuto studiare di tutto e di più. Poi nella vita si fanno anche delle scelte elettive: io, ad esempio (e mi scuso per l’autoreferenzialità), da tempo suono quello che mi emoziona di più. Non suono Reger perché non lo ‘sento’ nelle mie corde, non perché non ne sia capace. Certamente preferisco Frescobaldi e Bach, ma suono anche tanti autori poco conosciuti dal Rinascimento fino all’Ottocento; una delle missioni di un buon interprete è anche quella di far conoscere al pubblico tanta letteratura organistica caduta nel dimenticatoio o addirittura per niente conosciuta. Ma in concerto (quando capita lo strumento giusto…) suono anche Jehan Alain, che tecnicamente non è certamente più facile di Max Reger, però, in compenso, mi emoziona di gran lunga di più.
Chiudo; sono stato troppo lungo, e me ne scuso vivamente.
Ma colleghi organisti, vi prego, smettiamola una buona volta di applicare alla Musica, quella con la M maiuscola, e ai grandi Artisti, come Germani e Tagliavini, atteggiamenti da tifoseria della curva sud… Oltretutto lasciamoli riposare in pace questi veri “Signori della Musica”: sono certo che nell’aldilà, ridendo delle nostre grette ‘tifoserie’, sono diventati amici e si vogliono anche bene.
Vi lascio con le parole di un altro dei miei grandi Maestri del passato, l’indimenticabile Gustav Leonhardt, il quale affermava: «Personalmente non sono interessato alle esecuzioni ‘corrette’. Io cerco di applicare le possibilità tecniche che erano disponibili in una data epoca e poi, con la mia personalità musicale, tento di dar vita alla musica».
Meditate (e grazie a tutti per la pazienza).