Antonio Parisi
Gli ingredienti necessari per il perfetto organista liturgico
Conoscenza dello strumento...
...tecnica e repertorio organistico...
...conoscenze liturgiche e consapevolezza del ministero svolto
Introduzione dell'autore
Con la Riforma Liturgica molti hanno creduto che la figura storica
dell'organista di chiesa fosse relegata in soffitta.
È stato un giudizio troppo sommario e poco documentato. Certo, la
funzione dell'organista è stata di molto ridimensionata: non può più
suonare a suo piacimento durante tutta la Messa, deve acquisire
competenze liturgiche, deve fare i conti con coristi dilettanti, deve
praticare forme musicali nuove.
Ma, in compenso, ha acquistato una funzione ministeriale più
precisa e dai contorni più ecclesiali: il suo servizio lo pone nel vivo
della celebrazione liturgica, credente fra credenti, umile ministro
della musica, a servizio del popolo cristiano, radunato in preghiera.
È importante, specialmente per gli organisti tradizionali, scoprire
questa nuova collocazione all'interno della liturgia cristiana, ed
offrire la propria competenza e preparazione come “munus
ministeriale”.
Questo quaderno vuol offrire alcune indicazioni concrete, frutto di
una lunga pratica strumentale e liturgica, ai nostri organisti che di
fatto suonano durante la Messa, nelle nostre parrocchie. È una
guida, un percorso, un “vademecum” fatto di notizie, osservazioni,
suggerimenti, consigli, premesse per uno studio serio e prolungato.
Vorrei che ogni organista diventasse un punto di riferimento per la
propria parrocchia: dovrebbe diventare l'esperto della preghiera
cantata di tutta la comunità.
Direttore dell'Ufficio Musica Sacra della diocesi di Bari
Direttore dell'Istituto per Animatori Musicali della Liturgia della diocesi di Bari
Consulente per la Musica Liturgica presso l'Ufficio Liturgico Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana
Chi è l'organista liturgico?
È un cristiano convinto e maturo, che vuol essere utile alla comunità,
offrendo un servizio specifico nel settore dell'animazione musicale
della liturgia.
Ha la consapevolezza di aver scoperto una vocazione ministeriale e
vuol mettere al servizio della comunità i propri talenti musicali.
Per svolgere bene tale ministero gli occorre competenza spirituale,
liturgica, musicale, e tutto un bagaglio di qualità umane,
psicologiche, buon senso, gusto estetico.
L'istruzione “Musicam Sacram” (1967), al n. 67, così si esprime: “È
indispensabile che gli organisti, oltre a possedere un'adeguata
perizia nell'usare il loro strumento, conoscano e penetrino
intimamente lo spirito della sacra liturgia, in modo che assicurino il
decoro della sacra celebrazione, secondo la vera natura delle sue
varie parti, e favoriscono la partecipazione dei fedeli”.
Preludio: le brutte copie dell'organista liturgico!
ORGANISTA GIROVAGO: va in giro per le varie chiese a suonare le
“messe cantate”. A volte sembra una corsa contro il tempo, e più di
una volta è costretto ad interrompere una messa per scappare in
un'altra chiesa. Un consiglio: attento allo stress da... messa.
ORGANISTA AFFARISTA: suona là dove è pagato di più; gestisce
un proprio esercito di subalterni che invia nelle varie chiese o
confraternite; ha un monopolio assoluto su parecchie chiese.
ORGANISTA ALL'ANTICA: magari è in possesso di un diploma
musicale, ma suona accompagnando durante la Messa brani
strumentali di autori classici collaudati. È contrario ad accompagnare
i canti, si presta volentieri ad accompagnare un coro classico, con
repertorio latino e gregoriano. Tutte le altre musiche moderne non
sono per lui, offendono il suo buon gusto e il suo diploma.
La Riforma Liturgica del concilio Vaticano II per lui non è mai
avvenuta.
ORGANISTA DA CONCERTO: si concede solo durante i concerti.
Per lui l'organo serve solo per eseguire letteratura organistica dei
secoli passati. Non si abbassa ad accompagnare il canto di
un'assemblea sgangherata e stonata: la sua arte non glielo
consente.
ORGANISTA DA MATRIMONIO: solo e sempre quel repertorio:
Wagner, Schubert, Mendelssohn. Tariffa fissa - repertorio fisso. Può
anche cambiare repertorio, ma cambia anche la tariffa, alzandola.
So di alcuni organisti che hanno un prezzario adeguato ai vari brani
di repertorio: il “top” è la Toccata e fuga in re minore di Bach BWV 565.
ORGANISTA CIRENEO: chi è costretto a suonare tutte le messe
domenicali (4, 5, 6 e più...). Conosco un organista, che suona 10
messe ogni domenica dell'anno, presso un Santuario famoso, in
Italia. Un consiglio: cambiare... religione? O forse cambiare
Santuario...
La conoscenza dello strumento
Non è questa la sede per un trattato di organaria, diremo soltanto
che è indispensabile, per un bravo organista, conoscere la storia e
l'evoluzione dell'organo, il suo funzionamento, le parti di cui è
costituito, le famiglie dei registri, i diversi tipi di “trasmissione” ecc.
In Italia [e anche in Ticino, ndr] l'evoluzione tipologica dell'organo ha
dato luogo a strumenti profondamente diversi, nelle varie epoche.
Lasciando la filologia esasperata ai manieristi, la liturgia sicuramente
ha meno vincoli rispetto ad un concerto. Sarà dunque possibile
eseguire, con una registrazione adeguata, un brano di Frescobaldi o
Zipoli anche se non si ha sotto le dita un “Antegnati” ma un organo
novecentesco, senza irritare la sensibilità dei più, e magari con
grande pertinenza liturgica. Certamente l'impresa è più ardua se si
vuole suonare un preludio di Bach su un organo ottocentesco con
12 note di pedaliera, o un brano sinfonico francese su un positivo
con ottava corta: starà all'intelligenza e al buon senso dell'organista
scegliere opportunamente.
È altresì importante la conoscenza dello strumento dove si suona
abitualmente, in modo da poter trarre maggior profitto a livello fonico
e saper riconoscere difetti di funzionamento.
Un bravo organista sarà inoltre capace di accordare i registri ad
ancia del proprio strumento, per sfruttarne sempre appieno le
potenzialità.
La bravura degli organisti sta anche nella “flessibilità”, quando ad
esempio ci si ritrova a suonare su uno strumento a trasmissione
meccanica e con i registri “spezzati” e si è abituati a un “Mascioni”
degli anni '60 con trasmissione elettrica.
In commercio si trovano numerose pubblicazioni sull'organo a
canne, tra queste un “must” che dovrebbe stare nelle librerie di tutti
gli organisti è: “L'organo italiano” di Corrado Moretti (600 preziose
pagine!), pubblicato dalla casa Musicale "Eco" di Milano.
La tecnica e il repertorio organistico
Il mondo degli organistici liturgici è quantomai variegato sia per
formazione che per capacità tecnica. Ci sono i diplomati dei
Conservatori, delle Scuole Diocesane, gli studenti di organo, i
pianisti prestati all'organo, gli autodidatti...
Noi riteniamo importante che ogni organista abbia un livello
“standard” e minimo di tecnica organistica, e quindi anche di
repertorio da proporre nella liturgia. Questo “standard” potrebbe
essere la capacità di eseguire in modo dignitoso i canti del proprio
repertorio diocesano di canti.
Se vogliamo dare un altro “metro di giudizio” potremmo decidere che
lo standard minimo sia il saper suonare i brani contenuti nelle
raccolte (che tutti gli organisti probabilmente conoscono) “Antologia
organistica” o “100 pezzi classici” di Alessandro Esposito, editi negli
anni '70 dalle edizioni Carrara.
Come libri didattici per lo studio dell'organo il “Gradus ad
parnassum” di R. Remondi (167 studi) rimane secondo noi il migliore
libro di tecnica organistica (soprattutto per la pedaliera); senza
dimenticare i “gloriosi” libri di F. Germani (che portavano alla
distruzione fisica le articolazioni delle caviglie dell'organista) e il
metodo “Bossi – Tebaldini” di fine '800.
Alla tecnica che si impara dai metodi e con l'esercizio è altrettanto
importante avere altre qualità esecutive:
· Una ottima lettura a prima vista;
· Una discreta capacità di “trasportare” in modo estemporaneo i
brani un tono (o una terza) sotto l'originale;
· Saper interrompere con senso logico un brano organistico se il
momento liturgico lo richiede (l'organista accompagna il rito e
non viceversa);
· Improvvisare l'accompagnamento alla melodia di un canto;
· Saper intonare un canto dall'organo (un po' come scriveva
Frescobaldi: "con obbligo di cantare la quinta parte senza
toccarla").
Organista e assemblea
Caratteristica peculiare dell'organo è la capacità di tenuta del suono,
che nei secoli ne ha fatto insostituibile aiuto all'accompagnamento
del canto.
Questo servizio, apparentemente semplice, è svolto con
metodologie molto differenti: si va da chi conosce sommariamente le
sigle dei principali accordi, a chi scrive di suo pugno complesse
partiture, preludi e interludi. In generale è necessario, ma non
sufficiente, che l'accompagnamento di un canto, di un ritornello, di
un versetto, sia un adeguato sostegno armonico alla melodia.
Un buon accompagnamento dovrà allo stesso tempo sostenere
l'armonia, essere di ausilio all'assemblea per la melodia e
l'andamento del brano, “suggerire” l'attacco successivo, “respirare”
insieme al fraseggio.
Tuttavia l'apporto dell'organo è ancor più utile se si considera la
vastità di risorse dinamiche e timbriche che mette a disposizione: un
accompagnamento troppo esile renderà difficoltoso, per l'assemblea
o il coro, mantenere intonazione e tempo, mentre un
accompagnamento di eccessiva potenza sonora (ripieni e ance)
finirebbe con l'annullare ogni altra fonte di emissione di suono
nell'ambiente.
L'esperienza di ciascun organista e la sua familiarità con lo
strumento e l'ambiente dovrebbero suggerire i limiti dinamici entro i
quali muoversi. L'uso del pedale, anche solo in raddoppio alla parte
più grave della mano sinistra, sarà inoltre ulteriormente funzionale al
sostegno dell'armonia, soprattutto in ambienti vasti, con adeguati
registri da 16 e 8 piedi, e l'unione alle tastiere.
Il “passo successivo” a questi semplici cenni è un utilizzo più
“creativo” di queste grandi potenzialità, sulla base della collocazione
di un brano, o della sua struttura o del tempo liturgico.
Senza fatica si può individuare infatti la differenza tra un Kyrie e un
Gloria, che può essere adeguatamente espressa con un uso
intelligente dei registri, dalle sfumature discrete dei Flauti alle
sonorità vivaci di armonici più acuti, alle mutazioni, o, se l'occasione
lo giustifica, le ance, per dichiarare la gloria di Dio e la sua maestà.
La minore o maggiore presenza di comandi a disposizione
dell'esecutore ("combinazioni" o altri artifizi, presenza di più tastiere)
sarà chiaramente di grande ausilio, oltre che di stimolo. La
presenza, inoltre, nel repertorio liturgico, di molti brani in forma
responsoriale, o che alternano ritornello e strofa, suggerisce
l'alternanza di almeno due sonorità distinte (utilizzando anche le
tastiere a disposizione).
La presenza poi di diversi solisti potrebbe stimolare ulteriormente
l'organista ad operare piccole variazioni timbriche. Questo è
chiaramente da rapportare al tipo di strumento che si viene ad
usare: i piccoli organi positivi con ottava corta, gli ottocenteschi più o
meno variamente “riformati”, i “ceciliani” ricchi di fondi e viole, i
recenti strumenti più eclettici, oppure le copie di organi antichi, fino
agli elettronici.
Organista solista
Prima della Riforma Liturgica del Vaticano II, il ruolo dell'organista
era ben definito e preciso: egli aveva essenzialmente il compito di
accompagnare i vari riti liturgici, quasi esclusivamente col suono
dell'organo.
Un preludio solenne e maestoso all'ingresso, un brano all'offertorio,
una dolce melodia alla consacrazione, una canzoncina alla
comunione, un postludio o una toccata come finale. L'organista
metteva in mostra tutta la sua bravura, ed in tanti erano attratti da
quelle musiche, quasi sempre composte da autori famosi e
conosciuti.
Ricordo che in Seminario (circa 30 anni fa), c'era il senso di attesa
nelle gradi feste, perché si aspettava di sentir suonare come brano
finale qualcuno dei pezzi più conosciuti di Bach, o di altri musicisti. E
la gioia era tanta, quando si ascoltava la Toccata e Fuga di Bach, il
giorno di Pasqua. Oggi invece, dopo la Riforma Liturgica, l'organista
svolge un ruolo più umile e discreto, ma un ruolo essenzialmente
liturgico; un servizio che lo pone all'interno della celebrazione come
soggetto attivo e non come “suonatore di professione”.
Come può e deve intervenire oggi, l'organista durante una
celebrazione?
PRELUDIARE, PREPARARE, DARE INIZIO
Quando l'assemblea si raccoglie in chiesa, l'organista può aiutare e
orientare tale raccoglimento; può intervenire con l'organo,
esplicitando il senso della festa e del mistero che si celebra.
Dà inizio alla processione del celebrante con un segnale di
attenzione che deve introdurre il canto. Qual è il repertorio più
adatto? A seconda dei tempi liturgici, può attingere ad una vasta
letteratura organistica: per esempio una Pastorale per il Natale, un
commento al Veni Creator per il giorno di Pentecoste, un corale di
Bach per una festa ordinaria, ecc.
INTERLUDIARE E ALTERNARE
Specialmente nei canti processionali, che richiedono molte strofe,
l'organista può alternarsi con il coro o l'assemblea. Qui è richiesta
una dote fondamentale per l'organista: l'improvvisazione. L'organista
è obbligato a improvvisare, prendendo spunto dal canto che si sta
eseguendo, non può invece suonare musica libera o d'autore. Deve
improvvisare, rimanendo nello stile del canto, con lo stesso tempo
del canto, con le stesse sonorità del canto.
CREARE MUSICA DI SOTTOFONDO
Per collegare un momento all'altro, nei momenti di passaggio, a
volte per attutire i rumori di fondo, l'organista può creare musica di
sottofondo.
Non si può parlare di brano musicale in senso stretto, sono soltanto
accordi tenuti, che si concatenano l'uno all'altro, con una sonorità
dolce e profonda.
Poche note, poco suono, poco ritmo: una musicalità immobile. Tale
suono, come un tappeto sonoro, crea le condizioni per orientare
l'attenzione, per far scendere in profondità la Parola, per sostenere
una preghiera silenziosa, per creare un clima di raccoglimento e di
contemplazione. Un organista distratto, assente, lontano, non potrà
mai improvvisare musica. Quali sono i momenti in cui è possibile
utilizzare tale fondo sonoro?
· Quando le strofe del salmo responsoriale vengono lette e si
canta solo il ritornello;
· Subito dopo l'omelia, se lo si ritiene opportuno e significativo.
È invece proibito il suono dell'organo come sottofondo durante la
Preghiera eucaristica, in quanto le parole del celebrante non devono
essere coperte, e l'attenzione dei fedeli non deve essere distolta
dall'altare. Certamente è abuso di minore gravità un adagio eseguito
alla consacrazione con un “bordone da 8” in cassa chiusa rispetto a
tanti “teatrini” cui si assiste in altri momenti della celebrazione, ma si
presuppone che un buon organista dia primaria importanza alle
norme che anche i sacerdoti celebranti dovrebbero conoscere e
rispettare.
Interludio: l'organista nei matrimoni
II servizio che l'organista presta a tale celebrazione, spesso è fonte
di critiche, di malumori, di interventi disciplinari, di polemiche infinite.
Quali brani eseguire, quando eseguirli, quando suonare, come
comportarsi con le Ave Maria, (e i cantanti dove li mettiamo?), quali
devono essere le tariffe, e si può suonare insieme ad un violinista, e
può intervenire anche un complesso da camera (i soldi ci sono e la
sposa vuol far parlare di sé): sono alcune delle questioni più spinose
del “problema matrimoni”.
Mi preme evidenziare alcune considerazioni basilari:
· i problemi celebrativi del matrimonio non si risolvono affrontando
la questione musica ed organo, ma hanno delle radici e delle
cause ben più lontane e importanti;
· il problema fondamentale durante la celebrazione dei matrimoni,
è quasi sempre, l'assenza di una comunità di cristiani credenti e
praticanti;
· si crea una assemblea di curiosi e di spettatori assenti e svagati;
· il problema grave e difficile va affrontato partendo da una buona
preparazione e catechesi non soltanto degli sposi, ma anche di
tutti gli invitati;
· va inoltre detto, senza paura, che non pochi matrimoni non
andrebbero celebrati ma rimandati, dopo una opportuna ed
adeguata preparazione umana, cristiana, e celebrativa.
Detto questo però, alcune precisazioni e osservazioni sono utili per
l'organista che vuoi svolgere il proprio servizio con serietà.
Qual è il repertorio organistico adatto alla celebrazione del
matrimonio?
Innanzitutto, accompagnare i canti rituali (Salmo responsoriale,
Alleluia, Santo, Agnello di Dio); poi intervenire con alcuni brani
strumentali adatti.
Come comportarsi con i brani ormai entrati nel repertorio comune di
tutti gli organisti: marce nuziali, Ave Maria, adagi vari?
Tenendo presente i regolamenti diocesani innanzitutto, e con molta
concretezza e larghezza di vedute. Ormai le marcie nuziali sono
diventate segnali sonori del matrimonio, eliminarle sarebbe una
stupidità. Fra l'altro, provate a sostituire con un altro brano la marcia
nuziale, e vi accorgerete della estrema difficoltà di trovarne un altro
adatto (a accettato dagli sposi) ad esprimere tutta la festa e la gioia
di quel giorno.
Quindi è inutile fare battaglie perse in partenza; certo sarebbe bello
suonare corali di Bach, o alcuni brani di C. Franck, o brani della
scuola organistica italiana, ma occorre una assemblea di competenti
per gustare tale musica.
Come comportarsi invece con brani profani, canzonette dei Beatles
e varie altre canzoni famose adattate all'organo?
Far capire che sono degli adattamenti per l'organo, che
funzionerebbero male, che sono brani adatti alla sala e non in
chiesa, e che quindi è bene ascoltarli in sala da ricevimento.
Quale deve essere il compenso dell'organista?
Adeguato alla sua funzione e alla sua preparazione musicale:
considerare che è un professionista che impegna la mattinata (o il
pomeriggio) per rendere la celebrazione più solenne e festosa, che
per tanti musicisti è l'unico introito per sostenere le spese per
spartiti, corsi, convegni, incontri; si spendono spesso palate di soldi
per organizzare la festa e quindi non è la spesa dell'organista che
farà lievitare i costi (fate finta di invitarlo al pranzo di nozze;
confrontate il suo compenso con il compenso di un qualsiasi
animatore musicale chiamato per la sala da ricevimento).
Una sola parola conclusiva su questo spinoso problema: come
organisti, impegniamoci a svolgere al meglio il nostro servizio
liturgico, ma i pastori e i responsabili si impegnino dal canto loro a
risolvere il problema alle radici, affrontandolo sotto l'aspetto
ecclesiale, pastorale e celebrativo.
Le conoscenze liturgiche dell'organista
L'organista deve avere familiarità con i riti che si celebrano, con i
testi sacri che è chiamato spesso a commentare con la musica,
deve essere in grado di collaborare consapevolmente con gli altri
responsabili all'intera regìa della celebrazione.
Oggi è richiesta, molto più che nel passato, una competenza fondata
sul giusto equilibrio tra arte musicale e arte del celebrare: "Chi
desidera lo spettacolo non viene a cercarlo in chiesa. In chiesa ci si
aspetta di trovare dei segni semplici, senza pretese, ma di
trasparente bellezza: trasparenza divina. Segni particolari e vissuti,
che non sono eseguiti da attori, ma da credenti che si lasciano
coinvolgere per creare la festa intorno al Risorto" (M. Magrassi,
Cristo risorto festa dell'uomo, 1981).
L'organista, come scritto in altri capitoli di questo quaderno,
partecipa sia all'équipe di animazione liturgica per la progettazione
della celebrazione, per la scelta dei canti, sia alla fase più operativa:
prove di canto con il coro, con il salmista, con l'animatore musicale.
Le competenze liturgiche aiutano l'organista ad evitare scelte di
canti "casuali" o "anonime", se non addirittura sbagliate.
Per questo motivo continuo ad insistere perché sia ampliato e
approfondito l'aspetto liturgico nel piano di studi di una scuola
diocesana di musica.
Conoscere le differenze tra "inno" e "antifona", tra "acclamazione" e
"recitativo" permetterà all'organista di scegliere, ad esempio, i
registri più adeguati per accompagnare al meglio il canto nei vari
momenti che la liturgia prevede.
E, da ultimo, una buona competenza liturgica permetterà
all'organista di allestire programmi di "concerti spirituali" per i vari
tempi liturgici in modo corretto e consapevole.
Conclusione...
“Una parola conclusiva rivolta a te, organista liturgico. Dalla lettura di
questi brevi appunti, avrai compreso l'urgenza di adeguare e
perfezionare sempre più la tua preparazione musicale. Se scegli di
svolgere questo servizio musicale a favore della comunità, occorre
avere passione, volontà, gioia. Devi trovare in te un sano desiderio
di far fruttificare i talenti che il Signore ti ha donato: usali per il bene
della tua comunità. Come? Con lo studio, frequentando corsi di
aggiornamento, comprando e leggendo riviste, spartiti, CD, libri,
andando a sentire concerti d'organo; insomma tutto serve per la tua
preparazione.
Cerca anche di superare gli eventuali contrasti con animatori,
responsabili, presbiteri, dai tempo agli altri di maturare e scoprire
quelle realtà che tu già hai compreso e vivi. Non ritenere che tutti
debbano dare all'organo la stessa importanza che gli dai tu!
Voglio salutarti con la spiritualità del poeta Gibran: “La musica vera
è quella che rimane nell'orecchio di chi l'ascolta, dopo che il cantore
ha terminato il suo canto, e quando lo strumentista ha finito di
toccare le corde”.
Postludio
“Se passi davanti a una chiesa e senti suonare un organo, entra e
mettiti a ascoltare. Se poi hai fortuna tu stesso di metterti seduto ad
un organo, prova la tastiera con le tue piccole dita e rimarrai stupito
dinanzi a quell'immane potenza musicale.
Non perdere l'occasione di esercitarti sull'organo: non c'è strumento
che sappia vendicarsi con tanta prontezza di tutto quello che può
esserci di impuro e impreciso sia nella musica stessa sia nel modo
di eseguirla”.
Robert Schumann, Regole di vita musicale (1845)
“Nelle mie passeggiate per la città avevo udito due o tre volte
suonare l'organo in una chiesetta della periferia, ma non mi ero
soffermato. Passando un'altra volta da quelle parti, udii di nuovo
quel suono e ravvisai una musica di Bach. Trovai la porta chiusa, e
siccome la strada era deserta, mi sedetti accanto alla chiesa, su un
paracarro, e avvolto nel mantello stetti ad ascoltare. Era un organo
non grande ma buono, e chi suonava esprimeva in modo singolare e
molto personale una volontà e una costanza che parevano una
preghiera. Ebbi l'impressione che l'esecutore doveva sapere quale
tesoro fosse racchiuso in quella musica e stava facendo ogni sforzo
per scavare quel tesoro come ne andasse della sua vita. In quanto a
tecnica, io non so molto di musica, ma fin da bambino ho capito
istintivamente quell'impressione dell'anima e ho sentito dentro di me
la musica come una cosa ovvia. [...] Quando mi sentivo depresso,
pregavo [l'organista] di suonare la passacaglia del vecchio
Buxtehude. Nella chiesa buia stavo ad ascoltare quella musica
strana, fervida e fonda, in ascolto di se stessa, e ogni volta era per
me un beneficio e mi rendeva maggiormente disposto a dar ragione
alle voci dell'anima”.
Hermann Hesse, Demian
[articolo pubblicato sul periodico «Incontrarsi. Informazioni e proposte del Centro di Liturgia e della Commissione diocesana di Musica Sacra», maggio 2010, n. 31, pp. 11-26; a cura della Commissione diocesana di Musica Sacra di Lugano]
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