A ogni chiesa il suo maestro di cappella

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Autore: don Antonio Parisi Consulente per la Musica Sacra presso l'Ufficio Liturgico Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana

Sezione Articoli

Una proposta concreta a cura di don Antonio Parisi, consulente della CEI per la musica sacra

«Sogno una schiera di maestri di cappella, organisti e vari strumentisti che si preparano o presso i Conservatori di musica nel ramo della musica per la liturgia, o presso le scuole diocesane e istituti di musica sacra, acquisendo professionalità e seria preparazione, in modo da essere inseriti in un elenco diocesano secondo una graduatoria motivata. Sogno che vengano nominati maestri di cappella, organisti, direttori di coro presso le varie cattedrali, santuari, parrocchie, con un accordo economico dignitoso»

Italia

[nella foto è ritratto l'autore di questo articolo: don Antonio Parisi, sacerdote della diocesi di Bari]

 

La musica sacra fa discutere, fa problema, crea partiti contrapposti. Si innescano polemiche ottuse e inestricabili che non rendono un buon servizio a nessuno: né alla liturgia, né alla musica, né tantomeno ai musicisti. Accuse reciproche di incompetenza, schierano tradizionalisti contro innovatori, diplomati contro dilettanti, organo contro chitarra, coro e assemblea in perenne conflitto, gregoriano e polifonia perdenti nei confronti della musica popolare, musica "ritmica giovanile" contro musica tradizionale e via di questo passo.

Molti interventi di illustri musicisti e musicologhi, hanno finora affrontato e parlato con competenza solo di un aspetto del problema: l’aspetto esclusivamente musicale, le così dette ragioni della musica. A fronte di queste indagini, manca invece l’attenzione all’aspetto più importante, le ragioni della liturgia, che dicono quanto la musica sacra, e quindi il musicista, s’inserisca e sia a servizio della celebrazione, svolgendovi un compito ministeriale. È proprio qui il problema dei problemi: non partire dalla musica e fermarsi alla musica; ma partire dalla liturgia, dalla celebrazione e inserirvi il canto e la musica.

Alcune precisazioni e convincimenti:

La riforma del Vaticano II ci ha donato un nuovo messale e un nuovo rito, alla luce dei quali vanno reinterpretati i ruoli dei musicisti impegnati nella liturgia. In particolare:

* va ridefinito il nuovo modo di pensare la "vera solennità" liturgica,
* va riscoperta la vera partecipazione attiva alla celebrazione dei misteri,
* va approfondito il compito ministeriale svolto dall’organista come da tutti gli operatori musicali impegnati nella celebrazione,
* va ristudiato il rapporto tra la funzione dei riti e il tipo di forme musicali adeguate,
* vanno ridisegnati i ruoli e le competenze dei vari "attori" del canto e della musica.
* è necessario ampliare ad altri strumenti questo servizio di sostegno musicale.

Si comprende bene allora che non basta porsi la domanda: si può o non si può, è lecito o è proibito? si deve o non si deve fare?

Alcuni musicisti sarebbero indotti a interpretare le prospettive ispirate dalla riforma liturgica del Vaticano II, come una diminutio del loro ruolo, come realtà troppo subalterna, come una rinuncia all’arte. Tali interpretazioni nascono a partire da una mistica dell’organo, dal mito che enfatizza un "sacerdozio" del musicista, da una esaltazione romantica di un ruolo. «Siamo nel cantiere aperto di una riforma, che è obbedienza ai moti dello Spirito del Signore e non strategia vaticana o clericale» (Felice Rainoldi).

Non si riforma nulla, senza una presa di coscienza del senso e delle componenti di un rinnovato o almeno ‘aggiornato’ tipo di ministerialità; il musicista è stato scelto per servire il popolo di Dio e non può invece servirsi della Chiesa. E l’aggiornamento è tra l’altro, componente insostituibile di una autentica professionalità. La riforma è certamente anche nelle cose (organi, repertori, contratto…), ma è soprattutto nelle persone.

Don Guido Genero, così scriveva fin dal 1994 «…gli organisti (e in genere i musicisti) si impegnino per una vera formazione liturgica, basata sulla comprensione specialistica dell’azione celebrativa cattolica e delle sue ragioni. È evidente che senza una esplicita condivisione della fede cristiana e dei suoi contenuti, o almeno, senza un chiaro riferimento al sentire tipicamente ecclesiale intorno alla liturgia come esperienza religiosa, non sia possibile un esercizio credibile di questo ruolo musicale…».

Questioni sul tappeto:

Prima di proseguire, vorrei, per quanto è possibile, fotografare brevemente la situazione attuale dei musicisti di chiesa in Italia.
La realtà è tra le più variegate e complesse, ma in movimento su tutti i fronti. Si va da situazioni in cui non esiste la benché minima competenza necessaria a svolgere con correttezza e dignità il proprio compito, fino ad arrivare a musicisti preparati e convinti del proprio ruolo ministeriale.
Quindi, da un lato, dilettanti che per tanto tempo hanno reso un servizio prezioso alle proprie piccole comunità; dall’altro, cattedrali e santuari che si sono accontentati di volontari, senza mai vagliare le competenze specifiche di un organista o di un direttore di coro.
Oggi in Italia non è possibile dare un "volto" liturgico, culturale, giuridico, economico ben definito alle persone che svolgono tale incarico.

Quali i motivi di una situazione non più accettabile?

Da una parte si è pensato che con la riforma liturgica del Vaticano II, con la introduzione della lingua italiana, con nuove pubblicazioni di musiche moderne, la chiesa non richiedesse più una seria preparazione liturgica, musicale, spirituale. Dalla parte dei musicisti diplomati si è ritenuto, a torto, che la riforma avesse bandito dalle chiese, gli organi, i cori, la polifonia, il gregoriano. Sono sotto i nostri occhi le polemiche e i partiti contrapposti che hanno fatto perdere tempo, ritardando un approfondimento ed un’applicazione esatta del dettato dei Padri conciliari.

Ora siamo ad una svolta: il clima si è alquanto rasserenato, la produzione di canti per la liturgia è più attenta alla celebrazione e alle persone. Si comprende meglio cosa voglia dire partecipazione attiva, piena e consapevole; si riscopre il gusto del silenzio e dell’ascolto; si esige da parte degli animatori musicali più preparazione; si moltiplicano corsi estivi, incontri per gli operatori musicali; la pubblicistica ha al suo attivo, libri e sussidi che aiutano ed orientano una seria preparazione sia liturgica che musicale.

Il clero, finalmente comprende che al primo posto della propria attività pastorale è la liturgia, "fonte e culmine" della vita della chiesa e che pertanto deve dedicarsi con più attenzione e interesse pastorale alla formazione liturgica e tecnica dei propri animatori liturgici e musicali. Non è più tempo di abdicare ad un gruppo di giovani di buona volontà tutto il settore della liturgia, senza seguirli, orientarli, prepararli.

Cosa sta progettando la chiesa in Italia attraverso l’Ufficio Liturgico Nazionale?

Dal 1994 è stato attivato a livello nazionale, sotto la responsabilità della sezione Musica Sacra dell’Ufficio, un Corso di perfezionamento Liturgico-Musicale (Co.Per.Li.M.), indirizzato ai musicisti diplomati presso i Conservatori di musica e ai diplomati presso le scuole e istituti diocesani di musica sacra. Tale corso è destinato a formare i responsabili diocesani, gli incaricati di musica liturgica delle comunità religiose e aggregazioni ecclesiali, i docenti delle scuole e istituti diocesani di musica sacra.
Il Corso, diviso in tre aree, comprende:
- riflessioni fondamentali di liturgia e musicologia liturgica,
- impegni progettuali: pastorale della musica, didattica e pedagogia della musica,
- tecniche pratiche: vocalità-coralità, animazione e regia sonora.
In sei anni si sono diplomati 50 allievi e circa la metà ricopre un incarico a livello diocesano.

Un altro progetto in fase di elaborazione, riguarda una proposta relativa alla istituzione di un corso accademico nei Conservatori italiani di "Musica per la liturgia e per le attività musicali e culturali in ambito ecclesiale", in vista dell’organizzazione autonoma dei piani di studio accademici di primo e secondo livello nell’ambito della riforma degli studi musicali in Italia. (ex Legge 21.12.1999 n. 508). Senza entrare in questioni prettamente tecniche, crediamo che un tale corso, ove attivato, diventerebbe una fucina dove preparare i musicisti di chiesa. Si desidera che ci sia un efficace coinvolgimento di musicisti professionisti che si dedichino con competenza e professionalità all’animazione musicale delle chiese in Italia, sia sotto l’aspetto liturgico che culturale. Insomma si vorrebbe ripristinare la figura del maestro di cappella, responsabile del settore musicale della propria comunità, un musicista capace e preparato in possesso di abilità liturgiche e tecniche, in grado di coordinare l’ambito corale, strumentale e concertistico di una diocesi, di una cattedrale, di un santuario, di una grande parrocchia. È una sfida impegnativa e di alto profilo, ma è l’unica strada che creerebbe le condizioni di una vera rivoluzione musicale e culturale all’interno delle nostre comunità.

In tale prospettiva va considerato anche il problema della questione economica dei musicisti di chiesa. È maturato il tempo per affrontare con serenità, con giustizia, con equità tale problema. Certo, anche in questa sede ribadiremo il concetto di esercitare prima di tutto il coraggio della gratuità, in pieno anticonformismo rispetto alla mentalità corrente, per la quale vale ciò che si paga, e tutto va regolato da accordi legali.

La ministerialità liturgica è un dono che si riceve e si esercita come onore immeritato e un ministero ecclesiale è ben più di un semplice lavoro, perché difficilmente si articola solo come prestazione d’opera e diritto alla retribuzione. Ma, affermato quanto sopra, va anche praticata la massima del Vangelo: "mangiate quello che vi sarà posto innanzi" e "chi serve all’altare viva dell’altare".

Al riguardo, posso comunicare che è in dirittura d’arrivo, un accordo economico collettivo per i musicisti di chiesa in Italia. Tale accordo intende regolamentare la prestazione dei musicisti di chiesa la cui attività viene qualificata come lavoro autonomo, trattandosi di prestazione rientrante nell’ambito delle arti.
Vorrei subito aggiungere che tale accordo è un primo passo e non risolverà di colpo le variegate e complesse situazioni esistenti in Italia (diversità di parrocchie per numero di fedeli e di estensione territoriale, presenza di strumenti musicali adeguati, di disponibilità di risorse finanziarie). Occorre dialogo, pazienza, rispetto, giustizia e carità per cambiare una prassi consolidata. Atteggiamenti arroganti o rivendicativi sarebbero, totalmente fuori luogo; l’obiettivo primario a cui puntare non è una sistemazione economica, praticabile del resto in un numero limitato di casi.
Ritengo che le Diocesi dovrebbero attrezzarsi preparando un elenco di musicisti preparati e competenti sia liturgicamente, sia musicalmente.

Quali i sogni e gli ideali per il futuro?

Sogno una schiera di maestri di cappella, organisti e vari strumentisti che si preparano o presso i Conservatori di musica nel ramo della musica per la liturgia, o presso le scuole diocesane e istituti di musica sacra, acquisendo professionalità e seria preparazione, in modo da essere inseriti in un elenco diocesano secondo una graduatoria motivata. Sogno che vengano nominati maestri di cappella, organisti, direttori di coro presso le varie cattedrali, santuari, parrocchie, con un accordo economico dignitoso. Si potrebbero anche bandire concorsi pubblici con esami e titoli per le chiese più importanti.
Naturalmente bisognerebbe curare, come avviene per altri ministeri all’interno della chiesa, una formazione permanente sul piano spirituale, liturgico, musicale e pastorale.

Un traguardo immediato potrebbe essere la figura del maestro di cappella nelle cattedrali, basiliche e santuari; un musicista che coordina i vari interventi strumentali, corali e assembleari, che sceglie i canti per i vari tempi liturgici e per i vari sacramenti che si celebrano, che affida gli incarichi per le messe domenicali, che segue e prepara le riunioni del gruppo liturgico, che programma alcuni concerti durante l’anno pastorale evidenziando le festività più importanti, che cura la manutenzione degli strumenti musicali e che verifica con gli altri operatori la bontà delle scelte operate.
Fuori dal sogno, suggerirei per l’immediato futuro un traguardo possibile: una maggiore attenzione da parte dei parroci nella scelta degli organisti con una preparazione liturgica e musicale accettabile e per i quali venga previsto un compenso secondo le norme in vigore.

Vorrei però, che il sogno non svanisse, ma diventasse nel tempo una realtà della chiesa italiana. Il Concilio ha creato nuove situazioni che esigono ripensamenti, dialogo proficuo, confronto e conversione da parte di tutti. Per la musica di chiesa e per i musicisti non è l’ora del funerale, ma è piuttosto il tempo di un’attesa di Pasqua, di cambiamento e di passaggio.

 

Don Antonio Parisi 

Bari, 22 febbraio 2001

 

- don Antonio Parisi in un successivo intervento chiariva ulteriormente quanto esposto nella presente

 

 

Note:

Articolo pubblicato sul periodico «Vita Pastorale» (n. 4, aprile 2001) [dalla pagina internet http://www.stpauls.it/vita03/0104vp/0104vp59.htm]
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