IN CORDIS IUBILO - Meditazioni organistiche su temi dal repertorio gregoriano - Aurelio Porfiri

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Aurelio Porfiri

IN CORDIS IUBILO

Meditazioni organistiche su temi dal repertorio gregoriano

 

Il canto gregoriano è canto proprio della liturgia romana, come stabilito anche dal Concilio Vaticano II. Purtroppo, negli ultimi decenni esso è stato messo da parte in molte chiese. Ma alcuni brani ancora vengono eseguiti nelle assemblee del nostro paese. In questa raccolta, Aurelio PORFIRI offre dei brani organistici che si basano su un gruppo selezionato di melodie gregoriane. Una raccolta che è alla portata anche di organisti non professionisti e che ha come scopo quello di essere utilizzata nelle celebrazioni liturgiche, cercando di eseguire i brani nel tempo liturgico appropriato.

 

• Presentazione (Prof. Guido Milanese)

• Preface (Dr. Horst Buchholz)

• Préface (Prof. Jacques Viret)

• Introduzione (M° Aurelio Porfiri)

• Spartiti

• Meditazione su Ad regias agni dapes

• Meditazione su Adoro te devote

• Meditazione su Alleluia

• Meditazione su Alleluia, o filii et filiae

• Meditazione su Alma redemptoris mater

• Meditazione su Asperges me

• Meditazione su Attende domine

• Meditazione su Ave Maria

• Meditazione su Ave Maris Stella

• Meditazione su Ave Regina Coelorum

• Meditazione su Ave Verum Corpus

• Meditazione su Conditor alme siderum

• Meditazione su Factus est repente

• Meditazione su Iesu dulcis memoria

• Meditazione su Lauda sion salvatorem

• Meditazione su O salutaris hostia

• Meditazione su Parce domine

• Meditazione su Puer natus in Betlehem

• Meditazione su Regina coeli

• Meditazione su Rorate coeli desuper

• Meditazione su Salve mater misericordiae

• Meditazione su Salve Regina

• Meditazione su Stabat mater dolorosa

• Meditazione su Sub tuum praesidium

• Meditazione su Tantum ergo

• Meditazione su Te deum laudamus

• Meditazione su Tota pulchra es Maria

• Meditazione su Tu es Petrus

• Meditazione su Ubi caritas et amor

• Meditazione su Veni creator spiritus

• Meditazione su Veni sancte spiritus

• Meditazione su Victimae paschali laudes

• L'Organista liturgico

 

 

PRESENTAZIONE

 

a cura di Guido Milanese [*]

 

Quando si pensa al rapporto tra canto grego-riano e organo è quasi inevitabile riferirsi subito all’accompagnamento organistico: fin dai primordi della cosiddetta “riscoperta del Gregoriano” l’esecuzione a una sola voce del “canto piano” portò allo sviluppo di metodi di accompagnamento, che progres-sivamente si distaccarono dalla struttura ad accordi collocati su ciascuna nota della melodia, con una procedura simile a quella del “Choral” tedesco, per sviluppare un nuovo tipo di accompagnamento, nel quale l’antica melodia era fasciata all’interno di un ambiente armonico tipico della musica romantica e post-romantica. Ancora nel 1958, Willi Apel protestava contro questa prassi, che, facendo sì che il Gregoriano “suonasse come Debussy” o magari come Vaughan Williams, rendeva certamente il repertorio gradevole all’orecchio dell’ascol-tatore abituato a quei linguaggi musicali, ma lo snaturava in modo inevitabile (Apel pensava che occorresse che il Gregoriano suonasse come «quello che è realmente e che dovrebbe essere», ma questo è un otti-mismo al quale oggi, dopo decenni di studi e ricerche, non siamo più in grado di asso-ciarci, purtroppo). Tra Gregoriano e organo si è verificato, nella storia, un altro tipo di incontro, molto più durevole e linguisticamente vario: l’alternarsi tra “canto piano” e intervento orga-nistico. L’organo non più chiamato a svol-gere, dunque, un compito di sostegno per l’intonazione e la “tenuta” del coro, ma a dialogare con il canto, sviluppandone spunti melodici e costruendo nuove composizioni sopra il patrimonio condiviso del canto occi-dentale. Basterà pensare alle innumerevoli Messe nelle quali il coro si alterna all’organo; qualunque studente di organo avrà affron-tato almeno alcuni Kyrie di Frescobaldi. Ma intere Messe, compresi i testi lunghi come il Gloria, venivano eseguite in questo modo: la totalità del testo era comunque assicu-rata dalla recitazione a bassa voce da parte del clero officiante o almeno del celebrante. Questa prassi venne poi condannata quando Leone XIII (il primo Papa ad affrontare quei “problemi della musica sacra” che conti-nuano poi a presentarsi nel magistero papale fino a Benedetto XVI) proibì l’omissione di qualunque parte del testo nelle composi-zioni destinate alla liturgia: e non si trattava solo di una tradizione relativa alla Messa, ma anche all’Ufficio, Inni e Magnificat del Vespero in particolare (anche qui si pensi ad esempio a Frescobaldi). Un terzo genere musicale nel rapporto tra Gregoriano e organo è dato dalla compo-sizione autonoma, non di per se stessa legata all’esecuzione corale, di brani nuovi u “tema” gregoriano – un genere affine al “preludio a corale” tipico della musica di area luterana. Nella raccolta qui pubbli-cata, Aurelio Porfiri si inserisce appunto in quest’ultima tradizione. Va sottolineato che nella presente pubblicazione si usa l’espres-sione “canto gregoriano” come sinonimo corrente per “canto piano”: la stragrande maggioranza dei brani qui contenuti non appartiene al “nucleo antico” del repertorio, quello che si chiama abitualmente “canto romano franco”, ossia il repertorio che si stabilizza tra la seconda metà del sec. VIII e l’inizio del IX: si tratta di composizioni medievali o di età rinascimentale (ad es. O filii et filiae, prosula al Benedicamus Dominodi Pasqua), di Inni, in gran parte musicalmente medievali, o di brani di età moderna come i “settings” ben noti delle antifone mariane quali la Salve Regina. Sono questi i brani che, depositati nella memoria collet-tiva, quando non del tutto interrotta dalla burocratica miopia del clero, si sono chiamati “canto gregoriano”, e va benissimo chiamarli così. Porfiri si muove tra queste melodie con grande attenzione e delicatezza: mai la melodia risulta irriconoscibile, e mai si ha l’impressione di un puro pretesto indifferente per la scrittura di una pagina che dallo spunto melodico si distacchi con superficialità. Questi brani portano il titolo di Meditazioni, e tali sono: in un certo senso si possono interpretare come l’opposto del genere del “preludio”, costituendo come un momento di riflessione dopo che si sia cantato il brano relativo. Il linguaggio di Porfiri si colloca in un punto di equilibrio delicato e difficile, ma con un risultato estremamente naturale: né una scrittura “alla maniera di”, e neppure duramente antitradizionale, che allonta-nerebbe l’ascoltatore più che aiutarlo alla “meditazione”, secondo il progetto di questa raccolta. Si riconoscono, certo, i generi ai quali il compositore si è ispirato: sull’Ave Maris stella come non risentire i grandi modelli classici italiani cinque-seicenteschi; nel Factus est repente (questa volta grego-riano del “fondo antico”) l’ispirazione è chia-ramente quella del preludio corale tedesco con il cantus firmus al basso. Linguaggio più sciolto da paradigmi classici individuiamo ad esempio nell’Ave verum corpus, dove l’attacco del tema (fa-sol-la) si condensa in un “cluster” iniziale alla mano sinistra, sopra il quale si muove agilmente il ritmo leggero della destra, con un susseguirsi di quarte parallele che è arcaicamente allusivo ma che nello stesso tempo, liberando da una tonalità rigida, ci riporta al Novecento storico; e in certi brani a voce piena, come il Lauda Sion o il robusto Tu es Petrus, si riconosce la migliore tradizione italiana otto-novecentesca. Le composizioni sono scritte senza indi-cazione di pedale, il che non significa che ci si debba limitare ai manuali; per esempio nel Te Deum il basso canta il tema tradizionale, e necessariamente deve essere affidato al pedale. Porfiri è molto parco d’indicazioni; non suggerisce mai una particolare registrazione, lasciando all’esecutore la responsabilità di individuare, nello strumento che ha a disposizione, le soluzioni migliori e più corrispondenti all’ethos del brano. Esistono i gusti personali, e il lettore che commenta questa bella raccolta non nasconde la propria preferenza per alcuni brani fondati su strutture ritmiche molto originali, quali il già citato Tu es Petrus, che richiede un’esecuzione esattamente ritmica, energica e vigorosa, e il Victimae Paschali, che chiude la raccolta con una sorta di “ostinato ritmico” che sparisce alla fine in un volo in ottave che conduce al sorprendente accordo finale. Molto lavoro in questa pubblicazione, segno di un’assimilazione profonda di un patrimonio musicale, dei linguaggi della tradizione organistica e di quel rapporto tra canto e organo che ha innervato per secoli la musica liturgica e devozionale cattolica; una voce di speranza che si leva al di sopra di tanta banalità linguistica della scarsa e poco interessante produzione musicale per la liturgia dei compositori contemporanei. 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

di Aurelio Porfiri

 

Da molto tempo avevo in mente di raccogliere dei pezzi per organo che usassero il canto gregoriano come tematica principale. Non semplicemente il gregoriano come ispirazione, come suggerisce San Pio X nel suo famoso Motu proprio sulla musica sacra del 1903, ma proprio i temi dei brani più o meno noti del repertorio, così come molti compositori avevano già fatto nella storia della musica sacra (i compositori protestanti hanno usato di più i temi dei corali, alcuni dei quali derivavano comunque dall’ambiente del canto gregoriano). Quando mi sono messo a pensare sul come portare a compimento questa impresa, ho subito avuto chiaro in mente che la raccolta avrebbe dovuto raggiungere gli organisti più disparati, anche coloro che non avessero una capacità tecnica molto avanzata e non fossero in grado di destreg-giarsi con il pedale. Ecco perché i pezzi sono scritti per due manuali, sapendo che l’organista capace saprà quale parte assegnare alla pedaliera. Lo stesso vale per le dinamiche, visto che ci sono una enormità di organi e di possibilità di registrazione diversa, e quindi anche qui mi affido alla capacità e al gusto degli organisti. Si tratta di brani brevi, pensati per essere suonati durante la liturgia, per rinforzare quel cordis iubilo che dovrebbe essere il segno distintivo di ogni cristiano. La scelta del brano dovrebbe certamente essere suggerita dalla pertinenza nel tempo liturgico, non si suoni un brano di Natale a Pasqua! Inoltre all’inizio non volevo includere dei brani di Quaresima in quanto in questo tempo l’organo non va suonato a solo. In questo caso i brani che fanno rife-rimento a questo tempo possono essere suonati in tempi penitenziali come meditazioni e momenti di preghiera. Con questa raccolta cerco di offrire un servizio alle comunità cristiane, affinché la liturgia sia sempre più fecondata dalla musica per la gloria di Dio e l’edificazione dei fedeli tutti.

 

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