Pietro PASQUINI, nato a Crema, si è diplomato in Organo e Composizione organistica presso il Conservatorio di Piacenza e in clavicembalo al Conservatorio di Ferrara. Dal 1989 al 1993 ha studiato organo con Jean-Claude Zehnder alla “Schola Cantorum” di Basilea. Ha frequentato corsi di perfezionamento in organo tenuti da Ton Koopman e Michael Radulescu. È risultato vincitore dell’audizione indetta da “Associazione Lombarda Amici dell’Organo” di Milano (1987), si è aggiudicato il 2° premio ex-aequo (1° non assegnato) al concorso nazionale “Città di Milano” (1990), il 2° premio al concorso internazionale “Città di Milano” (1992), il 1° premio al concorso internazionale di Pasian di Prato (1995), il 3° premio (1° non assegnato) al “Concours Suisse de l’Orgue” (1996), il 1° premio al 5° concorso internazionale “Zelinda Tossani” di Bologna (1998). Svolge attività concertistica in qualità di organista e clavicembalista e collabora come continuista con vari gruppi strumentali e vocali, tra cui l’Ensemble "Il Viaggio Musicale", con cui ha ottenuto riconoscimenti in vari concorsi (Roma, Perugia, Rovereto), e l'Ensemble "Quoniam", col quale ha registrato un c.d. dedicato a Claudio Merulo e partecipato a importanti cicli concertistici in Italia e in Germania. Ha registrato per le case discografiche Bongiovanni, Sarx Records, Tactus, Chandos, Dynamic, Brilliant Classic. Ha inoltre effettuato alcune registrazioni per la Radio Svizzera. Si occupa frequentemente di organaria, con particolare riguardo al restauro di organi antichi e alla progettazione di nuovi strumenti. È stato docente di organo presso il Conservatorio "J. Tomadini" di Udine dal 1997 al 2013, in seguito titolare della cattedra di Organo e Composizione Organistica presso il Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia. È improvvisamente venuto a mancare il 5 luglio 2019 a causa di una emorragia cerebrale.
* * *
RICORDO DI PIETRO PASQUINI
di Aronne Mariani [*]
Pietro Pasquini, organista di fama internazionale, maestro di vita musicale, uomo saggio e giusto.
Muore giovane chi è caro agli Dei. Muore sempre prima del tempo chi è caro anche agli uomini. E il tempo, questa volta, è stato più avaro di una clessidra rotta.
Il musicista Pietro Pasquini, a seguito di una terribile emorragia cerebrale, ha chiuso, a soli 56 anni, definitivamente gli occhi il 5 luglio 2019.
La vita era stata generosa con lui. Nato nel 1963 in una agiata famiglia della illuminata borghesia rurale, delle cui antiche radici restavano tracce nella composizione del patrimonio immobiliare, Pietro trascorre un’infanzia serena ed una giovinezza piena di attenzioni familiari. Ha un rapporto privilegiato con la madre che, per quasi tutta la sua vita (è morta poco più di un anno prima di lui) sarà il suo fondamentale punto di riferimento affettivo. Una madre premurosa, discreta, intelligente che lo sosterrà in ogni scelta della sua progressiva carriera. Conosce invece ormai maturo il lutto della perdita del padre, apprezzatissimo veterinario nel borgo di Izano.
Pietro mostra una sicura vocazione musicale fin da bambino. A 8 anni entra nell’allora minuta schiera degli studenti del Civico Istituto Musicale "Luigi Folcioni" di Crema dove apprende i rudimenti della musica e dell’organo da un musicista serio ed esigente, il maestro Francesco Manenti. I progressi sono rapidi e, dopo qualche anno, Pietro – pur mantenendo saldi legami di amicizia e collaborazione con l’Istituto ed il suo primo insegnante che, appena può, lo invita ad accompagnare all’organo la Polifonica Cavalli per i servizi liturgici in Cattedrale – frequenta i Conservatori di Piacenza e di Ferrara dove consegue, rispettivamente, i diplomi in Organo e Composizione organistica ed in Clavicembalo.
La pur solida preparazione accumulata presso il conservatorio gli appare però subito insufficiente e quindi prende, appena può, la strada della prestigiosa Schola Cantorum di Basilea dove per ben 4 anni (dal 1989 al 1993) è allievo di Jean-Claude Zehnder, uno dei massimi studiosi a livello mondiale delle prassi esecutive antiche e tra gli interpreti che più hanno contribuito alla rivoluzione interpretativa dell’opera bachiana. Frequenta in seguito anche corsi di perfezionamento con altri due mostri sacri della tastiera quali T. Koopman e M. Radulescu.
Intanto la sua affermazione come interprete di sicuro potenziale era già iniziata sia in Italia che oltre confine. Nel 1987 risulta vincitore dell’audizione indetta dall’ “Associazione Lombarda Amici dell’Organo” di Milano e nel 1990 si aggiudica il 2° premio ex-aequo (1° non assegnato) al concorso nazionale “Città di Milano”, cui seguono il 2° premio al concorso internazionale “Città di Milano” (1992), il 1° premio al concorso internazionale di Pasian di Prato (1995), il 3° premio (1° non assegnato) al “Concours Suisse de l’Orgue” (1996) ed il 1° premio al 5° concorso internazionale “Zelinda Tossani” di Bologna (1998).
Rapidamente il giovane Pasquini si fa conoscere per il suo modo rigoroso di suonare, per il suo virtuosismo mai fine a se stesso, per la sua sensibilità nel far rivivere le antiche partiture. Ma non si esibisce solo come solista. Convinto com’era che la musica sia un momento di gioia ed armoniosa convivenza, suona spesso anche in diverse formazioni concertanti. Vale la pena ricordare l’Ensemble "Il Viaggio Musicale", con cui ottiene riconoscimenti in vari concorsi (Roma, Perugia, Rovereto), e l'Ensemble "Quoniam", col quale registra un prezioso CD dedicato a Claudio Merulo e partecipa a importanti cicli concertistici in Italia e in Germania.
Molte case discografiche di assoluta qualità gli affidano incisioni di rilievo: da Bongiovanni a Sarx Records, dalla Tactus alla Chandos, dalla Dynamic alla Brilliant Classics alla Radio Svizzera. Un percorso di ricerca che lo impegna non solo nel più raffinato repertorio barocco - a cominciare dall’amatissimo Frescobaldi, dove è via via diventato indiscussa autorità - ma anche in esplorazioni di puro divertissement; emblematico è stato il recente cd Brilliant, Ouvertures, per organo a 4 mani nel quale, facendo tesoro di numerosi ed applauditissimi concerti, incide con l’amico organista Francesco Zuvadelli godibilissime trascrizioni di Händel, Bach, Mozart, Beethoven, Tchaikovsky, Rossini e Bizet [per la casa discografica "Brilliant Classics"].
Tuttavia, l’attività su cui probabilmente Pietro ha più investito dal punto di vista emotivo è stata quella dell’insegnamento. Comincia, quasi subito dopo i diplomi, nelle scuole locali e regionali per passare, vincitore del non facile concorso ministeriale, all’insegnamento stabile in Conservatorio: dapprima, nel 1997, presso il Conservatorio "J. Tomadini" di Udine e poi, dal 2014, presso il Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia in qualità di titolare della cattedra di organo e composizione organistica. È nell’attività didattica che la sua famiglia si allarga a dismisura. Gli allievi diventano fratelli minori, compagni di viaggio, co-esecutori. A loro, attraverso la musica, insegna la disciplina interiore, l’amore per la vita musicale e la ricerca di una dimensione artistica ricca di umanità.
Ma, nonostante i tanti successi e riconoscimenti che gli è stato facile mietere grazie alle sue superiori doti, Pietro non è mai venuto meno al suo carattere umile e partecipativo, lontano da ogni presunzione e prevaricazione. In molti possono testimoniare la sua disponibilità a correre in soccorso di cori e parrocchie anche solo per rimediare agli imprevisti di un semplice servizio liturgico. Quello che la vita gli ha dato l’ha sempre, seguendo istintivamente l’insegnamento evangelico riguardo ai talenti, messo al servizio di tutti. Testimonianza inequivocabile, in questo senso, resta l’impresa, perché di impresa si è trattato, con la quale ha dato vita alla splendida Sala Musicale Giardino, realizzata all’interno di un cascinale di proprietà, ristrutturato senza risparmio di mezzi ma scevro da ogni intento puramente speculativo. Con una maniacale attenzione ai particolari delle proporzioni, dei materiali e dell’acustica, ne ha fatto una straordinaria sala di audizione e di registrazione. Mettendo a frutto le sue vaste conoscenze di organaria, decide di dotare la Sala Musicale di un vero e proprio organo. Acquista così il corpo di uno strumento costruito dal varesino Vittore Ermolli nella seconda metà dell’800 e, a partire da questo materiale, riprogetta e realizza, con l’aiuto dei migliori artigiani e dell’organaro Ilic Colzani, uno strumento del tutto nuovo, di fatto unico, ricco di personalità e di fascino, sicuramente tra i migliori oggi presenti nel nostro territorio.
Dal 2010, la Sala Giardino è diventata un punto di incontro abituale per proposte musicali originali e di altissima qualità. Qui trovano spazio gli allievi, i colleghi, gli amici, in un contesto particolarissimo, ancora vicino allo spirito intimo delle private Salle de musique d’altri tempi.
Con Pietro, e con il comune amico Simone Della Torre, ho avuto momenti di intensa collaborazione quando nel 2012 abbiamo iniziato l’impresa di far eseguire in terra cremasca l’opera omnia organistica di J. S. Bach nei cui confronti ci ha sempre unito una smisurata passione. Il progetto, che doveva essere di 5 cicli annuali, si è arenato dopo la terza edizione per il dileguarsi dei pur pochi fondi necessari all’economia dell’iniziativa.
Ma la mia conoscenza di Bach si è arricchita enormemente così come il mio apprezzamento per Pietro. Ho capito, ad esempio, che il rigore con cui approcciava le grandi partiture non era il fine ma il mezzo per arrivare al cuore della Musica. La comprensione e la comunicazione del contenuto musicale era la sua vera ambizione. Fu lui ad insistere che in tutti i concerti, un coro, una voce od uno strumento solista aiutassero il pubblico alla penetrazione delle complesse, spesso vertiginose, elaborazioni bachiane. E del resto basta ascoltare sulla rete alcune sue esecuzioni dell’antico repertorio per cogliervi una libertà di lettura, una esplorazione ritmica minuziosa, un fraseggio davvero parlante, grazie ai quali la potenza inventiva dei grandi autori barocchi appare in tutte le sue minuziose e splendenti intenzioni.
[*] Liberamente tratto da un articolo apparso Sabato 13 Luglio 2019 sul settimanale »Nuovo Torrazzo» di Crema.
* * *
Ricordo di Pietro Pasquini nel primo anniversario della sua improvvisa e prematura scomparsa
L'amico Pietro Pasquini a distanza di un anno dalla sua prematura scomparsa, lascia ancora dentro di me un vuoto che mi risulta difficile descrivere: posso dire che tra noi c'è stato, e in un certo senso c'è ancora, un legame che attraverso un'amicizia coltivata per oltre trent'anni ci ha uniti come fratelli. La Musica ci ha fatto incontrare e ci ha sempre accompagnato lungo la non facile strada che la vita di ognuno di noi percorre, a volte con altre persone ma spesso anche solo. Per oltre vent'anni ho avuto il privilegio di suonare con Pietro a quattro mani quel meraviglioso, incredibile strumento musicale che è l'organo: una macchina sonora così complessa e variegata di cui Pietro era un instancabile studioso e un profondo conoscitore sia da un punto di vista teorico che pratico.
La sintonia e l'affiatamento che ho avuto suonando con lui sono stati tali da consentirci spesso di pensare all'unisono. Anche le ore di studio trascorse con lui, per preparare i concerti e soprattutto per la realizzazione di un disco che poi è stato pubblicato dalla Brilliant Classics, non mi sono mai pesate: la passione per il bello che le pagine dei grandi compositori rivelano nota dopo nota ci ha fatto spesso uscire dal tempo. Il tempo, che nonostante i tanti anni trascorsi insieme ora mi sembra così breve sapendo che avrebbe potuto essere molto più lungo.
In diverse occasioni ho condiviso con Pietro momenti di svago, in vacanza al mare, sulle piste da sci, o in bicicletta che dopo la musica era la sua grande passione. Siamo stati vicini anche in alcuni momenti molto dolorosi che inevitabilmente prima o poi colpiscono ognuno di noi: l'ultimo in ordine di tempo e probabilmente di grandezza quello dovuto alla perdita della mamma che ha riguardato prima me (all'inizio del 2016) e poi Pietro (nei primi mesi del 2018).
Inutile credo, ricordare le imprese di Pietro nella sua intensa attività come artista, dato che il suo nutrito curriculum parla da solo.
Mi piace invece ripensare a lui nel suo ruolo di docente: lo vedo ancora impegnato nel suo lavoro, sicuramente come per tutti una necessità, ma anche una ragione di vita in una misura che trasforma il dovere in passione per quello che si fa. Ho avuto modo di constatare come il rapporto che Pietro ha avuto con tutti i suoi allievi che ho conosciuto, oltre a testimoniare un'indiscussa professionalità di altissimo livello, ha raggiunto un traguardo dal punto di vista umano, che per me costituisce un'esempio e un modello.
Spesso ci siamo confrontati sul ruolo della didattica e le relative tecniche di insegnamento, sia riguardo allo strumento musicale che alla composizione, ma soprattutto rispetto al rapporto docente allievo, che essendo così prolungato e personale deve trovare un perfetto equilibrio tra la grande confidenza che inevitabilmente si istaura e la necessaria autorità che la figura del docente deve comunque mantenere. Pietro ha saputo sicuramente trovare un perfetto equilibrio, essendo al contempo sempre comprensivo ed esigente, in modo da essere una guida sicura nella tortuosa e difficile strada che conduce alla maturazione di un artista, ma anche un punto di riferimento di altissimo livello morale attraverso la sua persona, la sua dedizione e abnegazione che lo hanno portato a profondere spesso un impegno di tutte le sue forze anche ben oltre i limiti imposti dal proprio ruolo.
Pietro, che suo malgrado era anche un agricoltore, ha seminato così bene che il suo lavoro continua a dare buoni frutti presso coloro che hanno condiviso una parte anche piccola della propria vita con la sua, breve ma intensa, ricca di talenti intellettuali e spirituali che la sua anima generosa ed elegante ha elargito in abbondanza.
L'armonia che Pietro riesce a creare tra coloro che hanno avuto il piacere di conoscerlo è tale da costituire ancora oggi un legame tra persone accomunate solo dalla sua amicizia.
* * *