Franz Liszt (1811-1886)
Piano works, arranged for organ
Diederik Blankesteijn all’organo Bätz del Duomo di Utrecht
Franz Liszt fu un eccelso pianista, ma si dedicò con pari impeto anche all’organo tanto da lasciarci un corposo tesoro di brani espressamente organistici; in questo CD, registrato all’organo Späth della Cattedrale di Utrecht da Diederik Blankesteijn, troviamo quattro famosi pezzi pianistici di Liszt trascritti per organo quasi ad arricchire ancora di più il tesoro di brani organistici dell’Autore.
Il programma si apre con “Sposalizio” Op. S.161/1 dalla raccolta Secondo anno di pellegrinaggio trascritto da Edwin Henry Lemare. Il pezzo, che si apre in PP per poi crescere in FF nella parte centrale per poi concludersi in PP, è trascritto ed eseguito molto bene; nella partitura originale di Liszt non c’è la volontà di sfruttare l’effetto percussivo del pianoforte per cui all’organo -dove non è possibile ottenere tale effetto percussivo- viene molto bene tanto da far pensare alla destinazione organistica del pezzo piuttosto che pianistica.
Segue l’Adagio (Consolazione) in Re Op. S.172/4 trascritto da Alexander Wilhelm Gottschalg, un brano in P dove nell’originale pianistico il legato trascendentale pare liquefare il suono del pianoforte; il trascrittore rispetta il legato trascendentale che pare liquefare il suono dell’organo; l’interprete riesce abbastanza bene a liquefare il suono dell’organo rendendo il pezzo correttamente eseguito; c’è qualche rubato ma qualche libertà in più non avrebbe guastato.
Prosegue la monumentale Sonata in Si minore Op. S.178, virtuosistico pezzo per pianoforte che è tuttora nel repertorio di molti pianisti, trascritta per organo dallo stesso interprete. L’effetto percussivo delle note del tema principale è impossibile da riprodurre sull’organo e l’interprete lo sa bene; prova con uno staccato secco che però sortisce l’effetto “umpf umpf umpf umpf” ben diverso da quello pianistico “dang dang dang dang”; a parte ciò, la trascrizione è corretta e godibile; le doppie ottave parallele legate che seguono l’inciso del tema principale, in assenza del pedale tonale del pianoforte, vengono rese con i registri acuti (le mani suonano la fondamentale, l’ottava superiore viene resa con appropriati registri in ottava acuta). Le parti meglio riuscite sono i cantabili, i PPP e i PP che nelle intenzioni dell’Autore dovrebbero mitigare l’effetto percussivo del pianoforte che ovviamente l’organo non ha, per cui dette parti riescono benissimo, anche con un legato trascendentale proprio della partitura pianistica. Notevoli i “rubati” nelle scalette veloci che collegano i vari incisi di cui la sonata è ricca. Il finale in PPP, con accordi di Si maggiore legatissimi, viene bene fino all’ultima nota, Si0 che però nelle intenzioni di Liszt doveva apparire come un colpo di timpano in PP mentre qui è una nota legata Si1 con il solo Subbasso 16’ del Pedale. Complessivamente la trascrizione, con i suoi limiti di trascrittura dal pianoforte, è ben eseguita e dimostra il virtuosismo dell’interprete più che la bravura del trascrittore.
Conclude il CD “La lugubre gondola” Op. S.200/2, pezzo che fu riscritto tre volte da Liszt e che qui viene inciso nella terza versione. Si tratterebbe di una barcarola (la prima versione è propriamente una barcarola classica con l’accompagnamento in terzine) arricchita da un esasperato cromatismo che intenderebbe simulare l’andamento della gondola che, paludata in gramaglie, portava -nello scomparto dei passeggeri- il feretro per i servizi funebri nella Laguna di Venezia. Sfruttando l’effetto percussivo del pianoforte Liszt evoca i rintocchi di campana, ciascuno con la sua tonalità anche in dissonanza l’uno con l’altro, che accompagnano il viaggio lagunare del feretro. Tale effetto, come si è già detto, non è ottenibile all’organo e dunque il trascrittore, che è anche l’interprete, prova a supplire con ardite combinazioni di registri. Potrebbe aggiungervi anche un po’ di rubato (le onde non sono tutte isocroniche) ma purtroppo non lo fa.
Dal punto di vista qualitativo, la trascrizione di Edwin Henry Lemare è la meglio riuscita e lo si capisce già al primo ascolto. Rispetta la partitura pianistica di Liszt ma la trasforma in una versione organistica di alto livello, veramente ineccepibile e impeccabile, senza sbavature. L’effetto percussivo del pianoforte - che come abbiamo già detto è impossibile riprodurre all’organo - viene trasformato in effetti organistici impossibili da trarre da altri strumenti. Del resto Lemare, famosissimo concertista ai suoi tempi, fu anche apprezzato compositore ed eccelso trascrittore di partiture celebri sia per altri strumenti che per l’orchestra (basti pensare alla sua trascrizione per organo della Cavalcata delle Walchirie di Richard Wagner).
Le altre trascrizioni non raggiungono lo stesso livello nonostante l’impegno di Gottschalg e di Blankesteijn; forse dipende dai brani trascritti dove gli effetti percussivi sono impossibili da fare all’organo o forse dipende da una non lunghissima esperienza di trascrittore che certo non può paragonarsi a quella di Lemare.
Il libretto è in due lingue, inglese e tedesco, e riporta le note critiche sui brani e -in cenni- sulle trascrizioni; vi è poi il curriculum di Blankestejin e la disposizione fonica dell’organo. La copertina del libretto mostra un dipinto di anonimo del XIX sec. raffigurante una gondola da funerale che naviga alla volta del camposanto di San Michele in Isola a Venezia (la “lugubre gondola”). Non c’è la foto dell’organo né la sua lunga storia (contiene canne dal XVI sec. ad oggi), comunque facilmente reperibili in internet per esempio QUI.
Consigliato a tutti gli amanti di Liszt e della musica fortemente cromatica del XIX sec. : non rimarranno delusi anzi piacevolmente sorpresi.
Luglio 2023
