Un motto popolare afferma che “nella vita c’è sempre da imparare”.
Ho considerato ciò allorché ho letto nella presentazione di un programma di concerti sul nuovo organo a tre tastiere costruito a Battipaglia che le combinazioni aggiustabili danneggiano gravemente l’umanità dell’organo a canne. Pur insegnando organo in Conservatorio da parecchi anni non ci avevo mai pensato, e così ho colmato una mia lacuna: meglio tardi che mai! Naturalmente per i cambiamenti di registrazione ci si avvale di un valido (meglio anche se due) registrante.
Mi sembra ovvio che la mansione di registrante sia più impegnativa rispetto a quella di voltapagine; limitandomi a quest’ultima desidererei far presente alcune esperienze in merito. Pur disponendo di date e località ben precise starò sulle generali ed a fatti accaduti diversi anni or sono cosicché non avvenga che chicchessia possa sentirsi in qualche modo preso di mira.
Durante un esame che sostenevo da studente, un anziano insegnante che si era preso l’incarico di girar le pagine, ne girò due anziché una; dato che non faceva cenno di essersene accorto ho dovuto (il più rapidamente possibile) interrompere, girare indietro una pagina e riprendere l’esecuzione. Accortosi dell’errore e nel timore di ricadervi, questo estemporaneo voltapagine (ormai passato da tempo a miglior vita: confido che non se ne avrà a male per ciò che scrivo, poiché era un gran brav’uomo) dopo aver intinto il dito nella lingua mi fece, con mano tremante (ed il tremito venne trasmesso allo spartito), una vistosa “orecchia” per facilitare la “girata” successiva.
In una cattedrale dell’Umbria, durante l’esecuzione di un impegnativo brano di Marcel Dupré, al voltapagine (diplomato in pianoforte e docente del proprio strumento presso l’Istituto diocesano cittadino) capitò di “perdere il segno” durante le ultime pagine del brano. Dato che le eseguivo comunque a memoria, non mi preoccupai più di tanto: non così il voltapagine che pretendeva, mentre suonavo a memoria, che gli indicassi quando avrebbe dovuto girare la pagina, a rischio di distrarmi durante l’esecuzione. Dato che non otteneva risposta si girò verso il pubblico gesticolando per far capire che era impossibilitato a girare la pagina per il fatto che non glielo indicavo. Non contento di ciò, mi fece le sue rimostranze dopo l’esecuzione facendo presente che un altro organista, a cui aveva girato le pagine in un precedente concerto, faceva un chiaro cenno di assenso ogni qualvolta era il momento di girar pagina.
Durante un concerto in un capoluogo emiliano, essendo lo spartito formato da alcuni fogli volanti (non rilegati) e non essendosi il voltapagine accorto di ciò, ecco che alla “voltata” piuttosto decisa seguì la caduta (parte a terra e parte sulla pedaliera) dell’intero spartito. Dato che il voltapagine, interdetto sul da farsi, restava immobile, gli dissi: “tira su!”; mentre le pagine venivano freneticamente raccolte e disposte sul leggio, dovetti arrangiarmi alla meglio facendo appello alla memoria per proseguire fino a “riprendere il filo”.
Altri inconvenienti più “normali” sono consistiti in girate di pagina dopo la penultima riga, oppure nella “dimenticanza” che, essendoci il ritornello, era necessario girare indietro la pagina per permetterne l’esecuzione.
Motivo di qualche preoccupazione può essere anche, come mi è accaduto, la promessa fatta da un ex alunno di fare da voltapagine per poi farmi presente , poco prima dell’esecuzione, di essere impossibilitato a farlo per gravi motivi.
Poiché, come ho già accennato, fare il voltapagine è sicuramente più semplice che fare il registrante, la casistica che ho evidenziato porta a chiedermi: se tanto mi dà tanto, come andar tranquilli con registranti incontrati lì per lì? (perciò mi sono abituato a “far da me”).
D’altra parte mi è capitato spesso (e senz’altro anche ad altri) di assistere ad inconvenienti dovuti a registranti: registri inseriti fuori tempo, inserimento di un registro invece di un altro, intervalli troppo lunghi tra una variazione e l’altra per effettuare i cambiamenti necessari alla registrazione, false partenze dovute ad erreri nell’inserimento di qualche registro, incertezza nell’inserimento di un comando, ecc. ecc.
Ma tutto questo è così “umano”!
È invece gravemente “inumano” poter disporre di una registrazione desiderata alla semplice pressione di un pedaletto o di un pistoncino.
Si può anche aggiungere che non è certamente estetico, allorché l’esecutore è “a vista”, dover osservare il registrante che si sposta continuamente da una parte all’altra della consolle per muovere manette, pomelli o placchette: costituisce un fastidio visivo ed è anche fonte di distrazione.
Ancora a proposito di registrazione, e per far notare fin dove possono arrivare certe “fissazioni”, accenno ad un fatto accadutomi. In occasione di un concerto da eseguirsi su di un organo recentemente restaurato, mi sono permesso di scrivere a matita, accanto alla nomenclatura dei registri, una numerazione progressiva onde semplificare la scrittura della registrazione dei vari brani. L’organista del posto ha cancellato le cifre sostenendo che era stata alterata la fisionomia originaria del restauro storico – filologico; così ho dovuto riscrivermi tutta la registrazione dei brani in programma scrivendo ogni volta tutti i nomi dei singoli registri.
Nel normale servizio che l’organista compie accompagnando la liturgia può accadere che sia utile avere a disposizione opportune registrazioni: sia per eseguire subito un brano scelto tra alcuni di diversa durata onde riempire qualche silenzio liturgico più o meno imprevisto, sia per accompagnare qualche canto immediatamente dopo l’esecuzione di un brano. In mancanza di aggiustabili l’organista può essere costretto, durante il silenzio, a manovrare in fretta (e rumorosamente) le varie manette ad incastro per predisporsi la registrazione: tutto ciò è evidentemente molto “umano”!
È ovvio che in organi antichi ci si debba adeguare; non è invece ben chiaro perché, su strumenti di nuova costruzione e di una certa mole (si potrebbe ipotizzare da due tastiere ad una ventina di registri in su), ci si debba arrabattare con manovre che contribuiscono ad aumentare le difficoltà, quando se ne può fare a meno.
Alcuni anni or sono, ad un congresso organistico, si esibirono due organisti di chiara fama in un concerto a due organi. Al bellissimo concerto seguì nientemeno che un’improvvisazione a due organi su tema dato; dopo un inizio interessantissimo anche per le trovate timbriche (sulle quali ovviamente i due esecutori avevano preso qualche accordo in precedenza), allorché si arrivò al “forte” l’interesse decadde un po’ a causa della monotonia timbrica in cui si dilungò l’esecuzione. Richiesto poi di un parere da parte di uno dei due esecutori, feci presente il fatto e mi fu risposto che l’impossibilità di ulteriori cambiamenti di registrazione era stata la causa di ciò. Da parte mia non potei evitare di pensare che la presenza di (inumani) aggiustabili avrebbe potuto evitare l’inconveniente.
Se un organista desidera improvvisare, deve accontentarsi di una varietà timbrica ridotta (= umana); non può programmarsi diverse registrazioni (dato che in questo caso il registrante non può essere utilizzato): ciò sarebbe “inumano”!
Nella convinzione che ognuno resterà comunque con le proprie opinioni, mi permetto di concludere parafrasando il celebre motto manzoniano “dagli all’untore!” con “dagli all’aggiustabile!”
Franco CASTELLI
- Articolo pubblicato in “Bollettino Ceciliano” n. 12/1996 e su “Strumenti e musica” n. 1/1997