Breve storia della scheda descrittiva di organo antico in Italia

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Oscar Mischiati 

 

Breve storia della scheda descrittiva di organo antico in Italia1

 

Il problema della definizione di un soddisfacente modello di scheda per la descrizione degli organi antichi cominciò a presentarsi, nel nostro Paese, nel corso del sesto decennio di questo secolo2.

 

Se molteplici erano le esigenze da soddisfare – particolarmente urgente era allora quella di identificare gli strumenti superstiti e garantirne, in qualche modo, la sopravvivenza mediante una descrizione da memorizzare agli atti di un ufficio statale di tutela – è certo che la metodologia descrittiva fu spinta ad una lettura approfondita da quegli strumenti che si presentavano manomessi, per la descrizione dei quali era giocoforza compiere accurati rilievi all'interno della struttura per raccordarli con gli elementi informativi esterni; tipico il caso dei registri sostituiti e relative denominazioni: dal 'cartellino' adiacente al comando alle iscrizioni corrispondenti sul crivello, o sulla tavola di catenacciatura dei registri o sul somiere3.

 

Nè minore impulso veniva allo studioso dai casi, tutt'altro che rari, di organi anonimi, per la datazione e attribuzioni dei quali era (ed è) indispensabile disporre di elementi positivi di conoscenza quali solo un accurato rilievo interno ed esterno possono fornire; tipico il caso dei 'modiglioni' laterali o 'spalle' della tastiera: il riconoscimento delle particolari tipologie con le quali sono foggiati può permettere, ad esempio, di distinguere immediatamente la paternità di Nacchini o di Callido di uno strumento altrimenti qualificabile, in maniera indifferenziata, di “scuola veneta”4.

 

Ulteriore e non ultima esigenza fu quella di poter disporre di dati di riferimento incontrovertibili in occasione dei restauri che da allora si fecero sempre più frequenti: la ricostruzione degli elementi mancanti (perché sostituiti o semplicemente eliminati) imponeva (ed impone) di assumere a modello gli stessi presenti in altro strumento del medesimo autore o quanto meno coevo ed affine per stile e fattura.

 

Questo complesso di esigenze indusse alcuni gruppi di studiosi, costituiti in 'commissioni per la tutela degli organi antichi' presso le soprintendenze di alcune regioni (Emilia, Lazio, Liguria, Piemonte), a predisporre dei formulari o questionari nel corso delle visite agli strumenti. Di tali questionari il più semplice e schematico era quello laziale, contemplante poche ed essenziali voci; più articolati quello piemontese (sul quale era esemplato quello ligure) ed ancor più quello emiliano, con richiesta di specificazioni (talvolta molto dettagliate) sotto ogni voce. La successione di queste ultime era tuttavia incoerente, poiché, ad esempio, nel questionario emiliano lo stato di conservazione (e di seguito: ubicazione attuale, provenienza, proprietà) era da indicare dopo le canne di prospetto e prima di tastiere, pedaliera ecc.; analogamente in quello ligure-piemontese il costruttore e anno di costruzione erano richiesti tra il prospetto (inteso quale fronte della cassa) e le tastiere, mentre la specificazione delle canne di facciata veniva dopo gli accessori.

 

A tali incongruenze cercò di ovviare il 'questionario per la redazione della scheda descrittiva di organo antico' pubblicato dallo scrivente nel 19725; la successione delle quattro parti nelle quali si articolava era in funzione di un progressivo approfondimento della descrizione. «In effetti – come si legge nella premessa – per una prima elementare notizia informativa basterebbe la compilazione delle prime due sezioni (elementi di individuazione6, descrizione esterna); senonché gli elementi significativi della costruzione di un organo sono tali e di così diversa natura da richiedere necessariamente di oltrepassare il limite della descrizione esterna».

 

Lo sforzo tuttavia di strutturare in maniera formale la descrizione di un organo antico non era limitato all'ambito degli studi ma mirava anche a trovare uno sbocco nell'attività di schedatura del patrimonio storico-artistico avviata da tempo dall'amministrazione statale delle antichità e belle arti (come allora si chiamava). Infatti fino ad allora la scheda ufficiale (anche agli effetti della corretta notifica in sede amministrativa) era quella stessa impiegata per le opere d'arte mobili; ed è immaginabile la difficoltà di far quadrare una soddisfacente descrizione di organo in uno schema predisposto per i manufatti di genere figurativo (problema reso più acuto con l'adozione, avvenuta nel 1971, del nuovo modello internazionale, la cosiddetta 'scheda UNESCO', per di più confezionata in cartoncino ai fini di una maggiore durata ma sicuramente impraticabile su una normale macchina da scrivere).

 

Paradossalmente, tuttavia, proprio in quello stesso anno 1972 il Ministero (che era ancora quello della Pubblica Istruzione) adottava un modello specifico di scheda per gli organi senza però tenere in alcun conto le esperienze precedentemente maturate e filtrate nel 'modello' redatto dallo scrivente7. Un tentativo operato presso l'Ufficio Centrale per il Catalogo al fine di ovviare alle più evidenti incongruenze dello schema ministeriale non ebbe alcun esito. Va da sé che tutte le schede redatte su tale modello ministeriale erano destinate a rivelarsi di scarsa o nessuna utilità anche perché sovente redatte da persone animate da buona volontà ma non certo scaltrite dal punto di vista organologico8.

 

Il primo impegno ufficiale, per così dire, del modello proposto dallo scrivente avvenne nel 1985, quando l'amministrazione regionale delle Marche affidò all'Associazione Marchigiana Organistica il compito di schedare tutti gli organi antichi esistenti sul suo territorio; l'operazione, che è prossima alla conclusione, è stata condotta sistematicamente in tutti questi anni seguendo fedelmente lo schema anzidetto9.

 

Successivamente, nell'estate del 1991, il Ministero – nel frattempo diventato dei Beni Culturali – istituiva una 'commissione nazionale per lo studio dei problemi connessi al restauro degli organi antichi' con lo scopo, tra gli altri, di “strutturare e proporre un modello di scheda scientifica ed esauriente da adottarsi, a livello nazionale, nelle campagne di censimento e catalogazione degli antichi strumenti”10. Assunto come base di partenza il modello elaborato dallo scrivente, esso venne adattato alle nuove esigenze insorte con l'adozione degli strumenti cosiddetti informatici dal M° Mauro Ferrante11 e presentato al convegno – promosso dal medesimo ministero – sulla tutela degli antichi organi Italia che ebbe luogo ad Arezzo (12-14 febbraio 1993). In tale nuova versione la 'scheda' veniva infine approvata dalla predetta Commissione nazionale nella seduta del 14 aprile 1994 e trasmessa al competente Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione12.

 

Poco dopo, tra il 1995 e il 1996, prendeva l'avvio il progetto di schedatura degli organi antichi della Toscana promosso dall'amministrazione regionale, d'intesa con le soprintendenze per i beni artistici e storici e con le diocesi, e affidato per l'esecuzione all'Accademia di Musica Italiana per Organo di Pistoia con la consulenza scientifica dello scrivente.

 

Il modello di scheda, nella ricordata versione aggiornata del convegno di Arezzo, veniva presentato al Centro di Ricerche Informatiche per i Beni Culturali della Scuola Normale Superiore di Pisa per una definitiva messa a punto con la collaborazione prima del dott. Gianpaolo Prina e poi del dott. Sergio Chierici; il risultato è consegnato alla presente pubblicazione.

 

* * *

 

Certamente la descrizione accurata di un organo antico è compito non facile, soprattutto per la varietà e complessità delle conoscenze richieste: si va infatti dalla padronanza del linguaggio musicale alla capacità di distinguere i vari tipi di metallo e le diverse essenze del legno, dalla dimestichezza con il latino e le antiche grafie alle sia pur elementari cognizioni di storia dell'arte (o perlomeno di storia degli stili architettonici ed ornamentali) eccetera13. Né è da tacere l'aspetto materiale del lavoro di rilievo, che sovente si svolge in condizioni non certo ideali per lo stato di abbandono nel quale normalmente versano gli antichi organi (e quindi tra la polvere e le ragnatele quando non anche corpi estranei ingombranti la cantoria e il basamento della cassa).

 

Alla complessità e faticosità del rilievo dei dati, fa riscontro necessariamente la laboriosità della loro stesura entro le voci e i campi della scheda, anche a motivo della peculiare natura 'schematica' dello strumento informatico tale da richiedere ogni volta di rendere esplicite, per così dire, quelle categorie di riferimento che per la mente umana costituiscono processi intuitivi o automatici.

 

Ma per quanta pazienza e applicazione possano essere necessarie per la corretta compilazione delle singole voci, la parte tuttavia più delicata è probabilmente quella della narrazione delle vicende subite dallo strumento, attestate vuoi dagli elementi stessi che lo compongono, vuoi dalle iscrizioni che lo corredano14: vicissitudini che debbono essere esposte in maniera sintetica ma esauriente, in modo da riassumere (o comunque richiamandole in maniera congrua) le affermazioni già espresse nelle singole voci, operando per di più una chiara e netta distinzione tra gli aspetti oggettivi, positivamente documentati, e le ipotesi o le interpretazioni formulate dall'estensore del testo. In altre parole, è da sottolineare la necessità che le modifiche o le manomissioni, via via descritte o documentate ciascuna a suo luogo, vengano opportunamente richiamate nella narrativa finale, senza che il lettore debba ricercarle scorrente per forza e con pazienza le varie parti della scheda.

 

Va da sé che l'accumularsi di schede attendibili e soddisfacenti sotto tutti i punti di vista è destinato a costituire un archivio (o, come si usa dire oggi, una 'banca-dati') tale da rendere preziosi servigi alla tutela, allo studio storico e al restauro degli organi antichi del nostro Paese.

 

 

NOTE:

Il presente articolo – trascritto da Paolo Bottini dall'originale dattiloscritto dell'autore – è stato pubblicato in: Il censimento degli organi storici toscani: un patrimonio artistico e musicale da salvare («Quaderni del Centro di Ricerche Informatiche per i beni Culturali della Scuola Normale Superiore di Pisa», VII/1997 [2000]), pp. 21-25.

Per avere un'idea di quali fossero allora le condizioni si veda: O. Mischiati – L. F. Tagliavini, La situazione degli antichi organi in Italia. Problemi di censimento e di tutela, in «L'Organo. Rivista di cultura organaria e organistica» VII (1969), pp. 3-61.

Il primo lavoro di catalogazione nel quale vennero affrontati simili problemi è stato, a nostra conoscenza, quello di Vanni Giacobbi – O. Mischiati, Gli antichi organi del Cadore, in «L'Organo» III (1962), pp. 3-59.

Tale genere di osservazioni scaturì dal lavoro di schedatura degli organi antichi delle Marche (su cui si veda più avanti), in particolare ad opera del Dott. Romano Cioci di Ostra.

Cfr. O. Mischiati, Questionario per la redazione della scheda descrittiva di organo antico, in «L'Organo» X (1972), pp. 117-130.

Per tali s'intendevano località, edificio, autore e data.

“È curioso constatare come l'inguaribile individualismo provincia del nostro Paese non induce nessuno a tenere conto dell'esperienza altrui, a cominciare dalla scheda per gli organi redatta in sede ministeriale in maniera cervellotica e persino patetica nella sua ingenuità scientifica”; cfr. O. Mischiati, Contributo a una tipologia storica del prospetto d'organo toscano, in «Arte nell'Aretino» II, La tutela e il restauro degli organi storici – Organi restaurati dal XVI al XIX secolo – Catalogo a cura di Pier Paolo Donati (et alii), Firenze 1979, Editrice EDAM, pp. 32-44 (nota 1).

Nel trasmettere alle soprintendenze il “nuovo modello di scheda” - con lettera del 18 luglio 1973 (prot. n. 7309) – il Ministero allegava “a titolo esemplificativo” una scheda compilata: quella dell'organo di Angelo Morettini (1839) della Cattedrale di Capranica (Viterbo) dove, tra le altre cose, si poteva leggere che l'ambito della tastiera (di 50 note) era di “4 ottave e ½ (do-do+fa)”; ogni commento appare evidentemente superfluo! Il problema serio è che tutte le schede di questo tipo dovranno essere totalmente rifatte, con ripetuto dispendio di energie, danaro ecc.

Cfr. F. Quarchioni, Primo resoconto del censimento degli organi antichi delle Marche, in «L'Organo» XXVII (199192 [1994]), pp. 139-161.

10  Come si legge nel decreto interministeriale (dei Beni Culturali e del Tesoro) istitutivo del 15 luglio 1991.

11 Ispettore onorario per la tutela degli organi delle Marche (presso la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Urbino) e collaboratore alla schedatura predetta.

12 Cfr. anche: Flavia Ferrante – Sandra Vasco, Definizione della scheda 'organo': appunti di lavoro, in Conservazione e restauro degli organi storici – Problemi, metodi, strumenti, a cura di Giuseppe Basile, Roma 1998, Ministero per il Beni Culturali e Ambientali – Istituto Centrale per il Restauro, Edizioni De Luca, pp. 74-78; vi si legge che «tale modello di scheda è in corso di sperimentazione» da parte di varie soprintendenze ed è riportato analiticamente l'elenco delle 'voci' che la compongono.

13 Temi svolti da O. Mischiati, Problemi di metodologia nella descrizione degli organi storici, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Seicento e Settecento – Atti del Convegno Internazionale di Studi (Lecce 6-8 dicembre 1985), a cura di Detty Bozzi e Luisa Cosi, Roma 1988, Edizioni Torre d'Orfeo, pp. 139-150; l'appendice Saggio di una bibliografia degli inventari territoriali degli organi storici in Italia è superata dall'articolo dello scrivente dii uguale titolo in «L'Organo» XXVII (1991-92 [1994]), pp. 163-172.

14 È ovvio che per la ricostruzione delle vicende storiche degli organi sono indispensabili le ricerche d'archivio e fintanto che esse non siano espletate la storia dello strumento rimarrà incompleta. È questo tuttavia un aspetto della ricerca diverso dalla compilazione della scheda, anche se è auspicabile che questo filone d'indagine possa essere avviato in maniera sistematica pur non potendosi ignorare a priori le notevoli difficoltà di percorso (in particolare l cospicuo dispendio di tempo occorrente a passa in rassegna con cura pacchi, buste e registri soltanto potenzialmente utili allo scopo). Sulle cautele metodologiche in proposito si vedano dello scrivente L'organo come oggetto d'indagine storiografica in Gli antichi organi lucchesi – Problemi d'indagine storica e di conservazione, Atti della giornata di studio (Lucca, 10 giugno 1995), a cura di Gabriella Biagi Ravenni, Lucca 1997, Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti (Studi e testi, 51), pp. 1-13 e La ricerca d'archivio, supporto indispensabile per l'organologia in Tecnica, storia ed estetica dell'organo italiano, Atti della giornata di studio (Crema, Palazzo Municipale, venerdì 6 giugno 1997), Crema 1998, Associazione per la promozione dell'arte e della cultura organaria, pp. 45-50; nello stesso volume cfr. anche: Paolo Peretti, Organi come archivi. Metodi di registrazione, iscrizioni ed altro: utilità dei rilievi per la storia e la tecnica dell'arte organistico-organaria italiana, pp. 9-44.

 

[trascrizione a cura di Paolo Bottini]

 

 

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Oscar Mischiati
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