Luigi PICCHI nel 50° anniversario della morte

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Nel 50° anniversario della morte dell'organista, direttore di coro e compositore

 

LUIGI PICCHI

(Sairano, PV, 27 settembre 1899 – Como, 12 agosto 1970)

www.luigipicchi.it 

 

riportiamo qui sotto quanto ne scriveva monsignor Felice Rainoldi (1935-2015) sull'ultimo numero di «Cæcilia - Rassegna bibliografica della Sorgente Musicale Carrara» apparso sullo scorcio dell'anno 1967.

 

A seguire le parole dell'attuale organista titolare del Duomo di Como Lorenzo Pestuggia.

 

* * *

 

Luigi Picchi, un musicista che ha avuto e continua ad avere molta parte nell'attuale momento di ricerca e sperimentazione nel campo liturgico-musicale [la riforma liturgica promulgata dal Concilio vaticano secondo risale a soli quattro anni prima, ndr].

 

Nello stesso tempo, al di là dei cenni biografici, e al di sopra della sua produzione artistica, è bello ed edificante scoprire, nell'attività dell'uomo, un servizio fedele, appassionato e illuminato, all'ideale della musica liturgica.

 

Per me il nocciolo di un discorso serio sul m° Picchi sta proprio qui. Si può discutere sulle sue realizzazioni musicali (come è stato fatto, e non sempre in termini sereni ed onesti), ma non sull'uomo credente, sul laico impegnato, che non ha nascosto nessuno dei suoi talenti, e tutti li ha messi in opera, durante 55 anni di instancabile attività, a servizio della Chiesa.

 

È chiaro che le sue composizioni sacre, anche più recenti, saranno, un giorno più o meno lontano, superate nel necessario e inevitabile evolversi delle tecniche e dei gusti estetici: come del resto egli onestamente ritiene superata la sua produzione liturgica fino all'anno 1950 circa. Ma qualcosa resterà sempre di Luigi Picchi, almeno in chi l'ha conosciuto da vicino.

 

La sua più grande lezione è «l'onestà» assoluta con cui ha svolto e continua a svolgere la sua opera. Un'onestà che coinvolge molteplici aspetti: la serie preparazione tecnica e la continua ricerca; l'amore quasi «geloso» (san Paolo riguardo il suo apostolato, chiedeva che gli venisse perdonata questa piccola insensatezza) per la musica di Chiesa, sentita come la ragione d'essere di tutta un'esistenza; lo studio della liturgia, del suo ambiente, dei suoi riti, dei suoi tempi, fino ad assimilarne lo spirito; la meditazione dei testi sacri, fino a carpirne le risonanze; e, più di tutto, la vita tuffata nella liturgia, fino al punto di sentire il bisogno (chi scrive ne è testimone) di parteciparvi nella forma più piena, cioè sacramentale, perché questa Comunione sia la aorgente più pure e il sostegno più valido della ispirazione musicale.

 

Quando si tengono presenti questi elementi ci si spiega perché il Maestro Picchi ha fatto del Duomo di Como la sua casa, per la quale ha rinunciato sempre ad occupare posti più vistosi e materialmente ben più redditizi. Ci si spiega perché fu uno dei primi compositori che intuì la fondamentale necessità della riforma liturgica, e si fece pioniere di un indirizzo musicale nuovo, personale, anche se ispirato alla nobile lezione gregoriana, e scrisse dei canti purificati nello stile, ed intelligentemente aderenti al testo sacro, di cui erano l'amplificazione sonora e la proclamazione solenne.

 

Oggi, dopo il Concilio, certe idee sono diventate ormai comuni, certe acquisizioni di principi sono di dominio pubblico, certe esigenze sono diventate norma elementare. Non era così 15 anni or sono, quando il Maestro Picchi (criticato da molti, e, per la verità, studiosamente ignorato da chi era più direttamente responsabile del presente e del futuro della musica sacra) offriva all'Italia e alla Svizzera italiana, i primi tentativi di un canto diverso, che, perfezionati, rimangono a tutt'oggi gli esperimenti italiani più seri, più completi e più funzionali.

 

Luigi Picchi ha veramente il dono del canto, spontaneo, facile, e nello stesso tempo dignitoso; mai banale o astruso; sempre nobile e non mai povero, anche quando si muove nei limiti imposti dal servizio al rito. Il popolo apprende, gusta ed esegue volentieri.

 

Non è davvero il caso di addentrarci in dettagli di valutazione estetica, di fare accademiche questioni su la maggiore o minore validità artistica di questo vasto repertorio. Come accennavo sopra, la storia dirà le sue ragioni e il tempo farà le sue selezioni. Mi pare doveroso, frattanto, augurare al Maestro Picchi che aborrisca la professione del teorico e del polemista, ma continui a scrivere le note che gli sgorgano dalla mente e dal cuore, per fiorire in bellezza di preghiera sulle labbra dei cantori. In fondo, la Chiesa ha bisogno di questa «onestà».

 

Cenni biografici. Luigi Picchi nacque a Sairano (Pavia) il 27 settembre 1899. Nel 1910 fu organista a Vigano Certosino, poi a Cernusco e Trezzo d'Adda. Nel 1924 terminò gli studi presso il Conservatorio di Milano, da cui uscì diplomato in Pianoforte, Organo e Composizione, stimato da molti validi insegnanti, e particolarmente da Ettore Pozzoli. Nel 1928 successe a Marco Enrico Bossi come Maestro di Cappella e Organista del Duomo di Como. Insegnò ed insegna nei Seminari di Como e di Lugano. Collaborò alla fondazione della Scuola ceciliana di Como per Organisti parrocchiali, e la dirige tuttora. Fu per molti anni direttore artistico di Riviste per Organo, stampate da Carrara; come l'attuale «Laus Decora», fondata a Como e vivente per 10 anni prima di diventare quella di Bergamo, e la nuova Rivista «Fiori dell'Organo» che inizierà la sua pubblicazione col nuovo anno 1968. È stato insegnante al Conservatorio di Bologna, incarico che ha lasciato recentemente per meglio dedicarsi alla musica sacra.

La sua produzione è quasi esclusivamente sacra: almeno 12 Messe, innuerevoli mottetti e pezzi d'organo; opere didattiche. Al presente si dedica a rivestire musicalmente i testi del messale italiano ed ha già composto i Propri delle feste principali, adatti al popolo come alla schola.

 

da «Cæcilia – Rassegna bibliografica della Sorgente Musicale Carrara», 72 (luglio-dicembre 1967), p. 20

 

 

 

 

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LUIGI PICCHI (1899-1970)

Organista e Maestro di Cappella del Duomo di Como

 

di Lorenzo Pestuggia

 

 

*Premessa*

 

Questo contributo in ricordo del Maestro Luigi Picchi prende spunto dal volume “Luigi Picchi la Musica come servizio” edito dall'Associazione “Amici dell’Organo” di Breccia–Como nel 1992.

 

L’autore del libro, il Prof. Alessandro Picchi è un figlio del compianto Maestro (ed è anche suo degno successore all’organo della Cattedrale comasca); egli ha saputo, con distacco obiettivo, inquadrare la figura del padre come Uomo, Musicista e Cristiano: una persona che sicuramente ha utilizzato nel migliore dei modi i talenti che il buon Dio gli ha donato, sapendo coniugare al meglio l'Arte musicale con la Preghiera più alta (quella della Liturgia) in un unico prodotto di immediata fruibilità e di sicuro valore.

 

Luigi Picchi dal “suo” organo del Duomo diffuse produsse musica vocale e strumentale al servizio della Chiesa, per il decoro e l’edificazione dei fedeli che partecipavano ai Sacri Riti. Organisti e Direttori di coro “dilettanti” o “professionisti”, Cappelle musicali qualificate o semplici corali di campagna, assemblee più o meno numerose cantano ancora oggi le lodi a Dio attraverso la sua musica.

 

Il mio scritto vuole essere una testimonianza d’affetto verso un musicista che ha segnato in positivo le vicende della musica sacra nel nostro secolo, con l’auspicio che possa servire anche a tutti coloro che desiderino sapere qualcosa in più rispetto alla solita equazione….: “Picchi = Messa Vaticano II”!

 

 

*Tratti biografici salienti*

 

Luigi Picchi nasce in terra di Lomellina a Sairano (Pavia) nella notte tra il 26 e il 27 settembre 1899 da Faustino e Giuseppina Suera.

 

Fu proprio il padre, organista presso la Parrocchiale di Sairano e buon musico “autodidatta” ad accorgersi delle doti del proprio giovane figliuolo; questi venne affidato alla competenza del maestro Franco Vittadini e del sacerdote pavese Don Giovanni Baroni che lo indirizzarono agli studi regolari presso il Conservatorio milanese “G. Verdi”.

 

Allievo tra l’altro di docenti illustri come Ettore Pozzoli (teoria e solfeggio), Giulio Bas (canto gregoriano) e Vincenzo Ferroni (composizione), Luigi Picchi conseguì il Diploma di Composizione solo durante l’anno scolastico 1923-24 e questo perché venne chiamato alle armi come “ragazzo del 99”.

 

Ancora studente, il giovane musicista si distinse sia come autore di pezzi per la Liturgia (sotto lo sguardo vigile di L. Mapelli) sia come organista (accompagnando le diverse “funzioni” ma svolgendo anche dei “recitals”): suonò nei dintorni di Milano, Vigano Certosino, Cernusco sul Naviglio,Trezzo d’Adda, presenziando anche a manifestazioni musicali nella città di Pavia; venne definito da alcuni critici della stampa specialistica un “vero prodigio musicale”!

 

Il nome di Luigi Picchi, però, è legato indissolubilmente alle sorti della città di Como: nell’estate del 1925 lo troviamo sul Lario insieme all’amico Giacomo Somalvico (un eccellente violinista) durante la stagione musicale dell'“Hotel Plinius”; in queste serate si eseguivano prevalentemente brani di musica “Classica” alternati però a gustose improvvisazioni su motivi di musica popolare o “ballabile” che i due artisti proponevano non senza l’adeguato divertimento.

 

Sempre a Como il Picchi è in contatto con il librettista G. Adami per la stesura di un breve lavoro teatrale intitolato “Stellina e l’Orso”; saranno proprio gli amici comaschi che convinceranno il giovane Maestro a partecipare nel 1928 al Concorso per un potenziale posto di organista nella Cattedrale.

 

Curiosamente questo Concorso constava di una doppia graduatoria: quella “di merito” tra i quali il Picchi risultò primo e quella dei diplomati in Organo...

In sostanza non si sapeva chi scegliere tra i primi delle due liste (ricordiamo che il nostro, pur non possedendo il diploma d’organo, aveva già ampiamente dimostrato le sue notevoli capacità sul “Re degli strumenti”).

 

Il Segretario della Fabbriceria prese in simpatia il Maestro e gli chiese se non ci fosse la possibilità di conseguire entro breve termine il Diploma d’Organo. La cosa fu fatta: Luigi ottenne la licenza nell’autunno del 1928, dal maggio dell’anno successivo iniziò il suo servizio come organista, ricoprendo, dal gennaio del 1930 anche la carica di Maestro di Cappella.

 

Insegnante di musica nei Seminari della città, fondatore della “ceciliana” (la Scuola diocesana di Musica Sacra che ancora oggi porta il suo nome), concertista e sommo improvvisatore; prolifico autore di musica sacra e profana (iniziò la collaborazione con l’editore “Carrara” di Bergamo nel 1922 protraendola a fasi alterne sino alla morte), rimase sempre fedele al “suo” Duomo (anche quando gli vennero offerti importanti incarichi di docenza altrove…) e alla sua missione didattica, formando generazioni di allievi tra i quali spiccano professionisti ma soprattutto buoni e preparati musicisti che, ieri come oggi, contribuiscono (ognuno secondo le proprie capacità) alla buona riuscita delle Sacre Liturgie.

 

Nel 1953 si celebrò il cinquantenario del Motu Proprio “Inter pastoralis sollecitudines” di San Pio X.

 

Questo è l’anno in cui il Maestro Picchi dimostrando un notevole coraggio, intraprende un’iniziativa che forse si può considerare come la sua più meritoria : fonda le Edizioni “Schola” e “Laus Decora”, rivista di musica liturgica in collaborazione con Don Giuseppe Tagliabue e Mons. Ilario Cecconi (suo fedele amico che gli succederà per oltre trent’anni alla guida della Cappella musicale della Cattedrale comasca).

 

I collaboratori della pubblicazione furono nomi illustri del panorama musicale (Ulisse Matthey, Renzo Bossi, Luigi Ferrari Trecate, Lino Liviabella, Ettore Pozzoli…), antichi colleghi (Enea Ferrante, Paolo Mauri, Gianluigi Centemeri…), giovani compositori (Luigi Molfino, Sergio Marcianò - suo migliore discepolo-) ed anche allievi promettenti (Paolo Renzi, Antonino Maugeri, Felice Rainoldi…).

 

Le edizioni musicali “Schola” di Como pubblicarono oltre a questa rivista di musica organistica le principali opere didattiche del Picchi (il “Metodo per armonio” e la “Scuola moderna di teoria e solfeggio”), insieme a mottetti e “Messe” anche di altri autori.

 

Tra i vari canti liturgici di Luigi Picchi pubblicati in questi anni non si possono dimenticare quelli del “Popolo alla Messa” che videro la luce nel 1954.

In questa raccolta (scritta in collaborazione con Silvano Albisetti e con don Luigi Augustoni ed editata anche per la Diocesi di Lugano in Svizzera), Luigi Picchi si rivelò un lucido precursore dei dettami e delle idee musicali che trionfarono dieci anni più tardi al Concilio Vaticano II.

 

Con il Dicembre 1963 “Laus Decora” cesserà le sue pubblicazioni poiché il progetto iniziale divenne così grande da non poter più essere gestito da un'“impresa” dal carattere squisitamente locale: era come una piccola famiglia che si è ampliata troppo e velocemente!!!

Le Edizioni Carrara assorbirono l’editrice “Schola” continuando a pubblicare “Laus Decora” per qualche anno, giovandosi ancora della preziosa collaborazione del Maestro comasco.

 

Il 7 Marzo 1965 la lingua volgare entra nell’uso liturgico.

 

Luigi Picchi non si trovò impreparato dichiarando molte volte che per il bene della Chiesa sarebbe stato disposto non solo ad accantonare i suoi lavori precedenti ma…anche a distruggerli; (meno male non sia successo!!).

 

Nella primavera dello stesso anno, su sollecitazione di don Luigi Agustoni, Picchi comincia a lavorare alla messa che sarà chiamata “Vaticano II” dedicata al giubileo episcopale del Vescovo di Como Felice Bonomini.

 

Alla luce di questa composizione molti tacciarono il Maestro di “faciloneria” (e Lui ne soffrì parecchio…) non cogliendo lo spirito di un linguaggio ormai evoluto che nella sua essenzialità si richiamava al gregoriano, riproponendone i gesti austeri ed autentici nel quadro di sapienti scelte armoniche e melodiche ed alla luce di una perfetta simbiosi testo-melodia (strada che aveva già cominciato ad intraprendere con la bella Messa “Misericors Deus” del 1949).

 

Il primo dicembre 1968 Picchi festeggiò i suoi quarant’anni di presenza nel Duomo di Como; in questa occasione il fedele discepolo Mons. Ilario Cecconi organizzò il primo di una serie di “Convegni Diocesani” delle corali che, a scadenza biennale, continuano ancora oggi.

Durante la solenne Celebrazione venne eseguita la “Messa Apostolica” (la seconda scritta in italiano dal Picchi), al termine della quale il nostro Maestro ricevette i riconoscimenti per gli anni di intenso lavoro: telegrammi della Segreteria di Stato Vaticana, dall'A.I.S.C., lettere da vari amici (tra cui il conterraneo futuro porporato don Virgilio Noè) e il Prevosto della Cattedrale Mons. Frigerio tenne un toccante discorso di ringraziamento.

 

Con Mons. Moneta Caglio questi furono anni impegnativi per l’organizzazione e la preparazione dei nuovi repertori di canti liturgici che avrebbero dovuto essere poi utilizzati all’interno delle singole parrocchie su tutto il territorio nazionale.

 

Nel 1970, sulla scia del precedente successo Picchi potè organizzare il secondo Convegno Diocesano delle corali eseguendo la Messa “Dona a noi la Pace” (dell’allievo Paolo Renzi) e, nella rassegna corale pomeridiana, una cantata settecentesca di un autore comasco ritrovato nell’Archivio Musicale del Duomo (è importante citare l’opera di divulgazione che il Maestro fece del fondo musicale antico presente nell'Archivio della Cattedrale; egli lo scoperse, lo studiò e per primo ne diede alle stampe le pagine più significative).

In quell'occasione Mons. Moneta definì Como “un’isola felice” perché la presenza autorevole di Luigi Picchi era come una garanzia ed impediva che si potessero verificare quegli scempi che si stavano registrando in quell'Italia, ieri come oggi, in preda ad una palese anarchia musicale e liturgica.

 

Purtroppo il Maestro morì improvvisamente la notte del 12 Agosto di quell’anno per un infarto fulminante, lasciando incompiuti molti suoi progetti.

 

 

*Riflessione finale*

 

La figura di Luigi Picchi è altamente esemplificativa di come dovrebbe essere il musicista a servizio della Liturgia. La situazione odierna non è delle migliori: in molte Chiese manca l’organo, in altre l’organista, molto spesso non si tiene conto delle competenze di ciascuno…

 

Il Prof. Alessandro Picchi nella parte conclusiva del suo bel volume ci dice che: «…la Diocesi di Como…ha voltato pagina…sfogliando avanti e indietro…il libro del mistero di come si possa fare una musica bella utile e popolare: un segreto che Picchi aveva già svelato e una ricetta da lui applicata con indiscutibile successo».

 

Luigi Picchi è un compositore che ha saputo produrre della musica accessibile a tutti sicuramente mai banale (e nemmeno sempre tanto facile) in uno stile che evolvendosi ha subito delle modifiche nel corso degli anni: dalle opere giovanili liricamente “spontanee” permeate di densità e cromatismo al linguaggio della maturità che ha saputo fondere i due mondi apparentemente opposti di monodia e polifonia, cogliendone di ciascuno, i tratti caratterizzanti ed essenziali.

 

A noi musicisti d'oggi cosa deve rimanere dell’insegnamento di Picchi? Di un uomo che ha alacremente e con passione lavorato per la “buona battaglia” in difesa della vera musica sacro-liturgica, raccogliendo molti successi ma anche tante delusioni?

 

Io posso dire solo grazie al “mio” Maestro Picchi (pur non avendolo neppure conosciuto direttamente considerando la mia età…) per l’esempio che è stato e che è per molti musicisti e per la preziosa eredità che ha lasciato a tutti quelli che con la stessa dedizione si occupano del “far musica” nelle Chiese.

 

 

 

Sezione: 
Autore: 
Felice Rainoldi & Lorenzo Pestuggia
Qualifica autore: 
Maestro di Cappella & Organista Titolare del Duomo di Como