Luigi MOLFINO

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[Luigi Molfino al cospetto di Giovanni Paolo II; foto cortesemente segnalata da Francesco Paradiso; cliccando sull'immagine sarà possibile accedere ad un articolo esplicativo della foto medesima]

 

 

Luigi MOLFINO nacque a Lugano il 22 giugno 1916. Presso il Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Milano conseguì nel 1938 il diploma in organo sotto la guida di Arnaldo Galliera, l'anno successivo si diplomò anche in musica e canto corale nella classe di Achille Schinelli, poi nel 1943 in composizione con Arrigo Pedrollo e infine in polifonia vocale nel 1953 con Guido Farina. A Milano nel periodo 1938/1941 fu organista dell'orchestra del Teatro alla Scala e parallelamente nella basilica di S. Fedele. Dal 1957 al 1960 diresse il coro del teatro "Carlo Felice" di Genova, città ove pure fu docente di Cultura Musicale Generale al Liceo Musicale (dal 1959 anche di organo). A Milano, dal 1974 al 1986, fu docente di organo anche presso il Conservatorio e dal 1955 pure docente di armonia, composizione e organo presso il Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra. Molto attivo nel campo della musica sacra (Carisch, Carrara). 

È morto a Milano il 27 luglio 2012: subito il musicologo e organista Gian Nicola Vessia volle far conoscere ad amici e colleghi una inedita composizione sacra di Luigi Molfino (mottetto "Salvum fac servum tuum"); pochi mesi dopo appariva nel periodico «Arte Organaria e Organistica» un articolo commemorativo su Luigi Molfino a firma di Pietro Ferrario e un'altro dei suoi molti alunni, Fabrizio Moretti, dedicava a Molfino il salmo responsoriale "Rendete grazie al Signore" per coro e organo.

Le composizioni per organo di Luigi Molfino sono state incise da Roberto Mucci all'organo della basilica di S. Maria Maggiore in Bergamo per la casa discografica «La Bottega Discantica».

Per un'analisi della produzione corale di Luigi Molfino, è disponibile il saggio di Andrea Noseda nel sito del Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra di Milano.

 

 

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A distanza di dieci anni dalla morte del maestro, vogliamo ricordarlo, anche, con alcuni passaggi dell'omelia alle sue esequie, svoltesi a Milano, in San Nabore e Felice, il 30 luglio 2012 [il testo ci è stato cortesemente segnalato da Fabrizio Moretti]:

 

[...] Oggi salutiamo Luigi Molfino, maestro di musica perché maestro di vita. Pronunciamo questo "Amen" difficile e commosso, scalpellati dal dolore, in un abbraccio corale dentro il Tempio che per tanti anni fu spazio, per lui, di un orizzonte alto e nel quale, senza sconti, ha nutrito la sua robusta fede.
[...] "I saggi risplenderanno": noi Luigi lo pensiamo così, perché già nello stare con lui in questa vigilia di fatica e di amore che è il vivere, l' amicizia diventava l' ottavo Sacramento.
Il maestro ha chiuso la sua lunga giornata. L'ha chiusa in punta di piedi, dopo questo quarto delicato movimento della sinfonia della sua vita che sono stati gli ultimi anni della sua vita.
 Don Lorenzo Perosi,che fece in tempo ad ammirare la scrittura musicale del Nostro e che con lui intesse rapporti epistolari, ripeteva al concittadino San Luigi Orione che la figura musicale per lui più difficile era la pausa: memoria di ciò che è stato e attesa di ciò che sarà.
 Luigi Molfino ha chiuso i suoi giorni dopo una dedizione fedele alla sua casa e  alla sua famiglia. Li ha chiusi, anche, seminando in una nutrita schiera di allievi, ovunque, gocce di arte pura, mai banale, e profusa con indiscutibile competenza, con serietà professionale e tensione ideale.
[...] Una vita da "signore", portando sempre aria di quota, apparentemente inarrivabile per la sua vena creativa, ma sempre vicino ed immediato come una
luce semplice e disarmante. E noi suoi allievi, dopo essere "andati a bottega"come pellegrini di bellezza, custodiremo a casa, oltre alle sue musiche e ai suoi insegnamenti, il segreto del nostro essere qui oggi : la convinzione, cioè, che le persone valgono per il profumo che diffondono e che le idee valgono non per quello che rendono, ma per quello che costano.
[...] Luigi Molfino è stato uno degli artefici più significativi del rinnovamento musicale  post conciliare. Non fu l'unico, altri ve ne sono stati "di razza", ma certamente brillò per la sapienza con cui coniugò l'istanza del "prima" con quella del "dopo" in uno stile pervaso da freschezza e immediatezza, rinnovando senza rinnegare, saldando spontaneità e disciplina. Pensiamo al Canto Gregoriano, canto di popolo... quanto oro ha ispirato a molti compositori di svariate epoche. Il maestro rientra, appunto, in questo cerchio prezioso, rendendo così tutti noi un pò apprendisti dell'Infinito, tesi a cogliere la voce anticipata della Terra promessa.
Ora lo consegniamo all'abbraccio del Padre e rimane in noi un pùdico silenzio, mentre pensiamo al testo che aveva musicato in un suo brano: «Così come siamo ci presentiamo a Te, o Signore, con desiderio di Cielo e realtà di terra».

Grazie, caro maestro.

 

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Ho conosciuto il Maestro Molfino come suo allievo di composizione e, in seguito, come collaboratore della Rivista “Armonia di Voci” della quale fui direttore dal 1998 al 2010.

Il Maestro Molfino non ha mai “posseduto” nessuno dei suo allievi e nessuno di coloro che hanno studiato con lui si è mai ritenuto l’erede o il migliore allievo del Maestro.

Semplicemente il Maestro Molfino nella sua rigorosità, cura del dettaglio, profondità di comprensione, comunicava un preciso metodo di studio e di lavoro permettendo ad ognuno dei sui allievi di divenire se stesso, di avere gli strumenti necessari per fare la sua strada.

Non faceva sconti, curava meticolosamente il dettaglio e comunicava un gusto musicale raffinato mentre correggeva i lavori musicali proponendo, seduta stante, svariate soluzioni capaci di portare lo studente oltre i convenzionali schemi.

Come collaboratore della Rivista “Armonia di Voci” era estremamente esigente sulla qualità dei testi che gli inviavo, e ogni sua composizione che ricevevo era sempre accompagnata da una breve lettera dove diceva “cambia, aggiusta, migliora tutto ciò che ritieni”.

Oggi il Maestro Molfino continua a vivere negli innumerevoli suoi allievi. Vive non perché ci sono tanti mediocri che lo emulano vantandosi di essere stati suoi allievi, ma continua ad esistere nella professionalità di coloro che da lui anno ricevuto gli strumenti sani per divenire se stessi, per saper sperimentare, continuare a crescere ad approfondire nella viva consapevolezza che ogni gesto musicale, anche il più piccolo, non può essere banale, scontato.

La sua fede ha saputo divenire plastica nella sua musica comunicando a coloro che hanno studiato con lui che a Dio occorre offrire il meglio, e che ogni talento naturale diviene “umano” - e quindi comunicabile - solo se compreso in una forte ratio che solo permette alle nostre attitudini, al nostro istinto di divenire arte e vera lode a Dio.

 

Massimo Palombella 

 

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Il M.o Luigi Molfino rappresenta senza dubbio una delle più scultoree incarnazioni del “nome del padre” per così come era inteso prima che l’attuale crisi di tale figura facesse sprofondare la società nel baratro in cui ora si trova. La frase “per me è stato come un secondo padre”, guarda caso, è una delle più ricorrenti fra noi ex-allievi, risuonata come un urlo il giorno del suo funerale. Padre della legge e padre dell’amore, per dirla con J. Lacan. Non soltanto perché sapeva essere sia intransigente sia sommamente amorevole, ma perché riusciva a contemperare questi due aspetti i quali sembrano - ed in un certo senso sono - del tutto inconciliabili tra loro. Eppure se sono un uomo… “meno peggiore” di quello che potrei essere, so di doverlo in buona parte al M.o Molfino. Altroché insegnante di musica: il nostro insegnava tramite la musica e oltre la musica, ovviamente senza rendersene nemmeno conto. Per questo, ora che mi è stato chiesto di scrivere qualche riga in sua memoria, mi tornano alla mente un mare di episodi significativi, tanto che mi resta difficile enuclearne alcuni, tralasciandone altri… Proverò a “star fermo” sulle lezioni e sugli argomenti musicali, giacché sono sicuro che il Lettore indubbiamente comprenderà perfettamente ciò di cui parlo, non certo per le mie – dubbie – abilità di scrittore ma per i significati che stanno dietro a quanto mi accingo ad illustrare. 

Il neofita che varcava per la prima volta la soglia di via Val Bregaglia doveva imparare subito una cosa, ossia quella di non aspettarsi fiumi di parole, spiegazioni che cercano di dare a tutto un perché, una didattica futuristica in grado di mettere l’allievo nell’impossibilità di sbagliare. Nulla di tutto questo. La… “frase” che ricorreva più spesso era: “Mmmmh… brütt!”. A seguire la correzione in penna replay cancellabile rossa (eccesso di prudenza che denotava una grande scorta di umiltà). In corsi più avanzati le cose assumevano un aspetto leggermente diverso, ma sulla stessa linea. I commenti non erano certamente mai prolissi ma il Maestro, dopo aver tentato brevemente di spiegare al discente cosa c’era che “non funzionava” nel suo elaborato, o lo correggeva (e c’era poco da fare: da brutto diventava bello) o si metteva ad improvvisare: armonizzazioni, sviluppi, a seconda del tema della lezione. “Vedi, come hai fatto tu… non si muove, poi il discorso cade… invece dev’essere un continuo...”. E poi proseguiva suonando: “Senti?”. E l’indicibile prendeva sostanza e corpo. Tre volte tentai di svolgere in maniera decente, fallendo miseramente, quel benedetto pezzo pianistico per il compimento medio di composizione (il Maestro lo intendeva in una forma molto lata, con campate ampie). Poi ad un certo punto - in auto, lungo il tragitto di rientro, ripensando al Maestro che improvvisava - mi si aprì uno spiraglio: una volta a casa mi misi immediatamente al pianoforte, scrissi la prima, sudata parte, ci lavorai su e attesi la lezione ventura. Si illuminò: “Hai capito, adesso”. Grazie per avermi insegnato che la musica, in ultima analisi, né si impara e né si insegna: si tenta di…(ri)svegliarla nell’altro, sentendosi addosso - appiccicosa come pece - l’insufficienza delle parole. Con un fatto incontestabile: o così o nulla.

Un atteggiamento simile lo si riscontrava anche nella didattica organistica. Mi avvicinai al Maestro perché sapevo che era un grande - per aver letto una sua piccola composizione di una sola pagina: ma bastava - e che era libero dai dettami dalle cosiddette “interpretazioni storicamente informate”, che non ho mai sopportato (limite mio, assicuro tutta la mia stima a coloro che fanno musica seriamente, al di là di scuole e stili). Da lui non mi sono più allontanato perché andava molto oltre, rispetto a ciò che è scrivibile in partitura. Non l’ho MAI sentito suonare un pezzo. Cantava, segnava il tempo… MAI una nota, né all’organo né al pianoforte. Il canale di comunicazione era un altro, doveva essere un altro, più astratto, non voleva mica creare delle brutte copie di sé stesso. Grazie per avermi dato una cornice entro la quale essere libero.

 

Detestava con tutte le sue forze la musica contemporanea nell’accezione più spinta del termine. Non essendoci materia di peccato non v’è necessità di assoluzione, certo che magari oggi può sembrare strano o potrebbe essere visto come segno di “chiusura”. Se lo fosse o meno (per inciso: non penso proprio) a me non è mai interessato; la cosa che mi colpiva è che con un linguaggio non certo all’avanguardia riusciva a parlare, fortemente, sinceramente, in modo da farsi capire direttamente dall’anima di chi ascoltava e senza mai cadere nel “già detto”, nel banale, nella ricerca dell’effetto strappa-applauso. Tutto il contrario. Solo chi ha provato a scrivere in questo modo, con severo senso di autocritica, può sapere quanto sia difficile, terribilmente lungo e a volte pure frustrante! Chi pensa il contrario non è altro che un inconsapevole. Mi sono innamorato della figura di Luigi Molfino, come dicevo, grazie ad una paginetta: “Offertorio”, tonalità Do Maggiore, destinata agli organisti di chiesa. Avevo quattordici anni, non avevo ancora iniziato uno studio sistematico della musica. Ma mi aveva affascinato. Dire che a tutt’oggi non sono in grado di spiegare il perché, suona sin pleonastico. Che bello, tanti anni dopo, ritrovare quelli che più che sapori erano profumi, quelle tinte pastello, quella serenità che tanto bene si sposa con la Divina Liturgia! Al di là delle tecniche e delle forme, com’era il suo approccio alla composizione? Controllo, super-controllo, sempre controllo (come certi aspetti della sua personalità potevano, superficialmente, lasciare intendere)? No, assolutamente. Infatti il “metodo” che mi aveva suggerito per verificare gli esiti artistici di un pezzo in corso di lavorazione era il seguente: registrare il brano che si stava scrivendo, preparare il mangiacassette sul punto di inizio, lasciarlo sul comodino, puntare la sveglia alle sei del mattino. Quando suona, svegliarsi solo quel che basta per mettersi la cuffia e far partire la registrazione. Ascoltare il pezzo: quello che si sente e si pensa del proprio pezzo in quel momento, è la verità. Grazie di… TUTTO, caro Maestro Molfino!

 

Roberto Mucci 

 

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Luigi Molfino Maestro e Uomo.

 

Vorrei iniziare questo scritto nel ricordo dai dieci anni dalla morte del maestro Luigi Molfino avvenuta il 27 luglio 2012, riportando il contenuto di una lettera inviata da Lorenzo Perosi il 12 Novembre 1940 proprio al nostro Luigi Molfino.

 

Roma 12.11.1940

XIX

CAPPELLA MUSICALE PONTIFICIA

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IL DIRETTORE PERPETUO

 

Caro Maestro

Mio fratello Marziano mi ha portato delle sue composizioni, dalle quali io ho potuto constatare la purezza della linea melodica in armonia ben elaborata. Col che mi congratulo vivamente con Lei, augurandomi di vedere altre sue composizioni.

Mi creda aff. suo D. Lorenzo Perosi

 

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Al maestro Luigi Molfino, organista in S. Fedele

C.so Vercelli n° 34 Milano

 

 

Nel 1995 ebbi la grazia di poter discutere una Tesi sulle linee portanti dell'itinerario artistico di uno dei maggiori compositori di musica sacra del secolo scorso, Luigi Molfino, allora ancora vivente.

I motivi che mi hanno spinto ad elaborare un lavoro di tesi sul Maestro Molfino sono riconducibili al riconoscimento del suo alto grado di professionalità e di ispirazione artistica, qualità accertate negli intensi anni di "discepolato" e alla sempre crescente stima per la sua grande umanità e sensibilità, che si sono più volte manifestate verso le persone che insieme a me hanno fruito della sua dottrina e competenza.

Molfino fu sicuramente uno degli esponenti più “elastici” fra i musicisti della sua generazione, poiché fu in grado di trattare qualsiasi forma musicale con nobiltà e maestria.

Molti valori e ideali di questo raffinato musicista furono talmente radicati nella sua coscienza, che si riflessero inevitabilmente nelle sue opere.

Spicca innanzitutto uno stile compositivo che rivela grande sincerità e convinzione interiore che costituisce, senza dubbio, il più grande motivo di fascino della sua musica. L’assoluta estraneità a perseguire fini editoriali o effimere mode del momento e il suo tenace sforzo nel seguire profondamente la propria ispirazione al di là dei facili giudizi di pubblico, sono sempre stati i punti cardine della sua esperienza artistico-professionale.

Questa adesione incondizionata ai propri principi emerge con grande intensità nella produzione sacro-liturgica e, in particolare, in alcune opere che rivelano un’appassionata e commossa preghiera.

L’attenzione che Luigi Molfino ha sempre posto nei confronti del rapporto fra musica e liturgia ha fatto sì che egli contribuisse autorevolmente ad elaborare la fisionomia della “nuova” musica sacra secondo le direttive emanate dal Concilio Vaticano II.

Alcuni tra i più importanti aspetti della personalità del Maestro Molfino furono l’umanità e la profonda dedizione agli allievi che spesso hanno trovato in lui, oltre che un ottimo maestro, anche un grande amico.

A tutti coloro che lo hanno avvicinato, Molfino seppe trasmettere la propria profonda fede cristiana e lo "spirito sano", necessario per poter intraprendere il duro cammino del musicista liturgico.

A distanza di anni, il ricordo di Luigi Molfino, riempie sempre il mio cuore di celestiali sentimenti e di tanti “affetti” in musica.

Concludo questo breve ricordo riportando una piccola parte di una lettera che proprio il Maestro Molfino mi scrisse il 30 giugno 1995:

“…. ho sulla scrivania, in bella evidenza, la tua tesi sulla mia opera di musicista, cioè di un’attività specifica tesa alla ricerca e caratterizzazione di un linguaggio che dovrebbe rappresentare il meglio dell’espressione di un musicista quando vuole essere preghiera rivolta a Dio.

Il tuo vecchio amico

Luigi Molfino ”

 

Massimiliano Bianchi 

 

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 MAESTRO LUIGI MOLFINO 

“Un carisma a servizio della musica” 

Credo che l’aforisma che ho scelto racchiuda idealmente la figura umana e musicale del Maestro Luigi Molfino. Ho avuto l’onore di seguire i suoi corsi di Organo e Composizione presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra di Milano. Grande organista, compositore, ma soprattutto una straordinaria persona. Sempre attento alle esigenze degli allievi. Pacato e anche ironico nelle osservazioni, ma, soprattutto sensibile alla crescita armonica degli studenti. Per tutti noi, una grande guida. 

Credo che Molfino, sintetizzi perfettamente il ruolo dell’insegnante a servizio della Musica. Musica intesa come linguaggio che avvicina ed aiuta le persone a riflettere, a relazionarsi, a meditare e soprattutto a cogliere in essa quella dimensione spirituale smarrita. Anche un brano semplice, ma eseguito con attenzione e soprattutto con il cuore, può trasmette emozioni. Ecco che la sua lezione mirava alla cura dei particolari, all’attenzione nell’esecuzione, all’utilizzo corretto dei registri e soprattutto una cura speciale nella capacità di ascoltare e di ascoltarsi. Sottolineava: Analizzate partiture, ascoltate musica, andate ad ascoltare grandi interpreti e soprattutto trovate anche momenti di silenzio intorno a voi. Il silenzio vi aiuta a ritrovare sfumature e particolati che poi fanno la differenza

Mi piace abbinare al Maestro questa essenza di Platone: “La Musica è una legge morale: essa dà anima all’Universo, ali al pensiero, slancio all’immaginazione, fascino alla tristezza, impulso alla gioia e vita a tutte le cose. Essa è l’essenza dell’ordine ed eleva ciò che è buono, giusto e bello, di cui è la forma invisibile, ma tuttavia splendente, appassionata ed eterna”. Solo il pensiero profondo di un filosofo (colui che riesce a entrare nella vera profondità del pensiero), ha saputo esprimere al meglio il senso vero della musica. Sono sempre più convinto che la musica (l’arte in generale), sia un dono divino per aiutarci, da un lato a vivere pienamente la nostra dimensione umana e quindi accettare anche i nostri limiti, ma, riconoscere che la musica rappresenta anche l’immortalità che è i noi. La musica è sinonimo di armonia e di rispetto. Credo che una società ricca di musica sia anche una società autentica, vera e nobile. 

Ma, il suo carisma, il Maestro, lo ha messo a servizio soprattutto della Musica Sacra. L’arte, non è veramente grande, se non quando ci conduce a Dio evidenziava Mons. Angelo Nasoni, Direttore del Periodico Musica Sacra, e sintesi della mia Tesi pontificia. Molfino, ci ha sempre sottolineato che il suonare, cantare, o dirigere un coro nell’ambito liturgico è soprattutto un servizio ai fratelli, al Signore e alla Sua Parola. Solo a queste condizioni, la Musica Sacra, diventa in assoluto uno strumento non solo per trasmettere e comunicare la Parola di Dio, uno strumento a servizio della Parola, ma anche per comprendere meglio l’unicità della Parola di Dio. 

Il vero elemento distintivo sta proprio nel rapporto con la Parola. Che la musica sia un elemento essenziale del culto è un dato storico confermato dalla sua immancabile presenza nelle celebrazioni religiose di ogni epoca, dall’antichità fino ai nostri giorni, ed in ogni cultura. Accostarsi alla Liturgia come liturgia musicale incoraggia i ministri della musica liturgica a prendere il loro posto legittimo accanto, e con non minore importanza, a tutti gli altri ministri liturgici. La liturgia musicale mette in straordinario risalto non solo l’importanza dell’uso della musica nel culto, ma anche l’intimo legame tra il far musica ed il pregare. 

Infinita è la Sua produzione musicale liturgica, a cui possiamo attingere e dove possiamo cogliere gli elementi che caratterizzano il culto o il tempo liturgico: Passione, Avvento, Ingresso, Offertorio, Comunione, Meditazione, Elevazione, Matrimonio, Defunti. Ecco in sintesi il “carattere distintivo” del vero pezzo sacro. Composizioni che riflettono realmente le caratteristiche di un brano che deve e può essere impiegato nella liturgia. Riportiamo nella celebrazione eucaristica la bella musica sacra e forse ritroveremo la gioia di una partecipazione assembleare. 

Dobbiamo ringraziare il Signore di aver donato al Maestro Molfino questo dono. Abbiamo bisogno di figure come Lui, e, assumiamoci la responsabilità di riprendere con attenzione il suo pensiero e la sua strada. Voglio lasciarvi questa bellissima essenza di Papa Giovanni Paolo II: “I cultori della musica sacra, dedicandosi con rinnovato slancio ad un settore di così vitale rilievo, contribuiranno alla maturazione della vita spirituale del Popolo di Dio”. 

 

Antonello Brivio

(Organista e Direttore Chiesa di San Zeno in Olgiate Molgora LC)

 

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Ricordo di Luigi Molfino

 

Era il periodo dei primi anni Novanta quando conobbi il Maestro Luigi Molfino. Allora frequentavo il corso di studi in Canto Gregoriano e Direzione di coro presso il Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica sacra a Milano. Benché gli anni trascorsi non siano pochi, il ricordo del Maestro è in me più che vivo e luminoso.

Per due anni ho avuto l’onore di frequentare il corso di Armonia fondamentale da lui condotto. Il non breve viaggio che da Cuneo mi portava a Milano mi costringeva quasi sempre ad entrare a lezione con ritardo, ma, nonostante ciò, il Maestro mi accoglieva sempre con un garbato sorriso e, come se non bastasse, visionati e corretti i miei esercizi, solo a quel punto cominciava a spiegare un nuovo argomento, permettendomi così di seguire il corso senza il disagio di dover recuperare in qualche modo.

Distinto e sempre elegante, sia nell’abito che nell’habitus, cioè nel modo di fare e di relazionarsi, conduceva le lezioni con grande competenza e professionalità. Conosceva pregi e difetti di tutti i suoi allievi, ai quali sapeva dispensare consigli sobri ed essenziali, ma sempre puntuali e calibrati in modo che ciascuno, a qualunque livello si trovasse, potesse trarne vantaggio; riusciva a sostenere i più fragili, e al contempo a motivare i più capaci, riconoscendone i progressi ed elogiandone l’impegno e la capacità. Sapeva individuare subito le capacità dei suoi allievi, e ai più promettenti dava consigli e indicazioni su come proseguire al meglio il percorso di apprendimento.

Quando gli sottoponevo i miei esercizi, il suo sguardo scorreva veloce sul percorso delle varie voci, di cui coglieva al volo i tratti meno convincenti e quelli che riteneva più validi: “non senti come suona questo… Troppo scolastico!” e individuava all’istante il punto da cui il dispiegamento delle singole parti poteva prendere una piega decisamente più musicale, correggendo poche essenziali note. Al contempo sapeva valorizzare quanto di buono poteva apparire ai suoi occhi. “E questo? Dove lo hai copiato?” domandava con quel senso di ironia bonaria che traspariva sempre dai suoi ridenti occhi azzurri.

Per il Maestro Molfino l’insegnamento era una vera e propria missione. Lo ricordo infaticabile, sempre pronto ad entrare nelle aule di lezione esattamente al suono del campanello. Per lui il tempo della lezione era un tempo “sacro”, non si permetteva di perdere neppure un minuto, ogni istante era importante e fondamentale per dispensare insegnamenti e consigli.

Il Maestro aveva a cuore la formazione musicale dei suoi allievi, non solo sotto il profilo puramente tecnico: a ciascuno chiedeva quale fosse il proprio ruolo musicale nella Comunità di appartenenza, parrocchia, Congregazione o Diocesi che fosse, e a tutti sapeva dispensare consigli, per tutti aveva parole di incoraggiamento. Dalle sue parole traspariva sempre un senso di profondo rispetto per la storia e il percorso di ciascuno. La formazione musicale e culturale era il suo chiodo fisso, non risparmiava critiche a chi affrontava il servizio musicale in chiesa con superficialità e pressapochismo, ed era particolarmente severo con chi era responsabile della formazione musicale e con i compositori di musica religiosa e liturgica.

Ricordo molto bene il senso di leggerezza con cui uscivo dalla lezione di Armonia. Le sue spiegazioni erano semplici e chiare, le sue osservazioni sempre pertinenti e adeguate al livello di comprensione di ognuno. 

E poi, quel senso di bellezza che si respirava… Il Maestro Molfino ti aiutava ad aprire gli occhi, l’orecchio e, oserei dire, anche il cuore, alla bellezza formale, a cogliere la trasparenza delle voci di un brano, a intuire il guizzo di novità che all’improvviso si accende nel corso di una composizione dall’andamento apparentemente scontato. Quando accennava al pianoforte la realizzazione estemporanea di un basso, oppure armonizzava una melodia data, oppure ancora quando accennava qualche sua composizione con l’intento di farci intuire l’importanza e le possibilità linguistiche ed espressive del linguaggio armonico... Era un incanto. Le sue dita accarezzavano i tasti con leggerezza, e quando lo ascoltavo pensavo a quelle parole dell'evangelista Matteo che descrive la figura del padrone di casa, che sa estrarre dal suo tesoro cose nuove e cose antiche. Per me il Maestro Molfino esprimeva con grande naturalezza questa capacità di saper trarre dall’ esperienza del passato, esperienza storica e personale, delle vere e proprie perle musicali, che si materializzavano lì, davanti a noi, testimoni di qualcosa che a quel tempo mi pareva miracoloso… Ogni incontro con il Maestro era occasione di un confronto serio, sincero, appagante e motivante; era occasione per comprendere, per apprendere e per aprire orizzonti nuovi.

Ricordare il Maestro Molfino suscita in me profonda riconoscenza, non solo per i suoi insegnamenti: il suo stile, la sua coerenza, la consapevolezza della dignità e della bellezza del fre musica di alto livello, l’attenzione per la persona e lo slancio educativo mi hanno segnato in profondità.

Grazie, Maestro Molfino, esempio luminoso di musicista, didatta, uomo di fede e di squisita umanità.

 

Roberto Fresia

 

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Ricordo del Maestro Luigi Molfino

 

Luigi Molfino è stato, nella seconda metà del secolo scorso, uno dei maggiori, se non forse il più importante, dei didatti organistici milanesi.

Nella sua amata Milano, per molti anni il suo nome è stato sinonimo di cultura, di dedizione, di entusiasmo, di correttezza e di convinzioni forti portate avanti senza compromessi, pagando spesso in prima persona per la schiettezza delle argomentazioni e per un carattere che non poteva scendere a compromessi con la mediocrità.

Essere allievo del Maestro Molfino voleva dire aver un ottimo biglietto da visita nel mondo musicale; voleva dire aver affrontato un percorso di studi approfondito e dettagliato.

Impossibile per me dimenticare la serietà con cui veniva affrontata la preparazione del corso di Armonia e quello successivo di Composizione Organistica. Quando all’acquisizione delle regole scolastiche rigorose si affiancavano i suoi esempi estemporanei al pianoforte, si aprivano mondi e possibilità che il suo talento e la sua musicalità stampavano indelebili nella memoria e spronavano l’allievo a fare sempre meglio. “Vedi” - era una frase che ripeteva spesso mai stanco di continuare a cercare - “tutto è sempre perfettibile”. O ancora: “Il compositore lavora quasi più con la gomma che con la matita”, ad indicare la continua e incessante ricerca dell’esattezza di una frase musicale o di una percorso armonico. La sua fantasia di improvvisatore sembrava non avere limiti ed era un viaggio nelle meraviglie sonore poterlo ascoltare mentre correggeva e migliorava una romanza senza parole, una fuga o un mottetto.

Se il didatta era rigoroso, scrupoloso e portatore di stimoli, il compositore ha avuto la capacità della costruzione di uno stile personale e riconoscibile che affondava le radici nel canto gregoriano di cui era profondo conoscitore. Nell’ambito della musica sacra liturgica la generosità del Maestro è stata grande e ha lasciato, per coerenza, eleganza, purezza, conoscenza delle possibilità delle compagini corali e, non da ultimo, delle esigenze liturgiche uno dei lasciti più cospicui e autenticamente sentiti della musica sacra post-conciliare.

Indimenticabili e preziosi i ricordi che con il suo sorriso bonario e il suo umorismo trasmetteva agli allievi: il più curioso e indicativo delle personalità che aveva conosciuto nella giovinezza quello della sua partecipazione come organista alla storica incisione, nel periodo bellico, di Cavalleria Rusticana con l’Orchestra del Teatro “alla Scala”, sul podio l’autore. E poi ancora i racconti su Alceo Galliera, su Lorenzo e Marziano Perosi, su quando ragazzo fece da voltapagine ad Alfred Cortot… Ricordi preziosi che ho l’occasione, qui, di ripescare nella memoria, che affiorano però insieme ad altri più amari come la sua delusione per come veniva ormai insegnata Composizione Organistica nei Conservatori che, a suo dire, era una disciplina ormai trattata in modo approssimativo e superficiale e che per lui, compositore-organista, era determinante per la formazione di un buon musicista. O ancora, il suo dolore per la deriva della musica nelle chiese: purtroppo in questo frangente Molfino è stato profeta e i tempi gli hanno dato ragione .

Sono passati dieci anni dalla sua morte. A noi resta a monito ancora la sua figura di musicista, da indagare e da interrogare per riprendere con entusiasmo a impegnarci perché sulla superficialità e sul facile “effettismo”, per citare un’ultima volta il Maestro, vincano la qualità e la sostanza.

 

Sirtori, luglio 2022

 

Loris Perego 

 

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Ho incontrato per la prima volta Luigi Molfino nella primavera del 1978, a casa sua. Ero un giovane, bravo organista, almeno così credevo. Convinto di ricevere apprezzamenti ed elogi, in pochi minuti il Maestro evidenziò, senza pietà, il mio dilettantesco ed approssimativo approccio all’organo. Fui molto deluso e non nascondo che me ne andai pensando che non fosse una persona particolarmente simpatica: pochi sorrisi, giudizi troppo netti e un atteggiamento che mi sembrò un po' intransigente.

Nonostante ciò dopo alcuni mesi venni ammesso nella sua classe, in Conservatorio a Milano: non potevo nemmeno lontanamente immaginare la sovrabbondanza di umanità, di affetto, di passione per la musica che avrei ricevuto nei successivi sei anni, grazie ad un musicista di grande spessore, profondamente onesto, sincero, capace di attenzioni paterne nei confronti dei suoi allievi. Quanto tempo ho trascorso con lui in quelle due aule, davanti agli organi Balbiani - obiettivamente inadeguati per il secondo Conservatorio italiano per dimensioni ed importanza, ma ai quali non potevi non affezionarti – tempo trascorso a fare lezione ma anche a parlare, a mangiare le rispettive “schiscette” e ad ascoltare le sue composizioni, delle quali con malcelato orgoglio ci raccontava genesi ed evoluzione.

Luigi Molfino era un uomo animato da una profonda fede. Non ho mai sentito da lui grandi discorsi teologici ma appariva evidente il suo amore per la Chiesa e il desiderio che la bellezza non perdesse il suo posto primario all’interno di essa. Quante battaglie, spesso perdenti, con sacerdoti, monsignori, compositori di musica sacra e religiosa, animatori della liturgia a vario titolo, affinchè la bellezza non cedesse il posto alla banalità, alla superficialità. Ciò che i suoi numerosi antagonisti non comprendevano è che la sua azione così decisa - a volte anche troppo - non aveva finalità estetiche. Insomma, non era il musicista che, guardando gli altri dall’alto in basso giudicava ciò che non trovava alla sua altezza, era, invece, animato dalla convinzione che l’azione liturgica dovesse essere servita dalla musica migliore possibile, per amore di Cristo e della Chiesa.

I suoi detrattori ancor oggi mettono in evidenza la scarsa attenzione verso un utilizzo dell’organo corrispondente alla sensibilità filologica già ben presente nei primi anni ottanta: è vero, non amava la trasmissione meccanica, gli piaceva cambiare spesso le sonorità anche durante un Preludio e Fuga di Bach, non si poneva il problema di utilizzare diteggiature antiche e così via, ma a tutti noi ha insegnato ad amare la musica, la bellezza e la verità invece di ideologie, teorie e schemi e questo ci ha consentito di non escludere nulla e, secondo il percorso professionale che ognuno dei suoi allievi ha poi compiuto nel tempo, di acquisire la necessaria consapevolezza come organisti, direttori di coro, direttori d’orchestra e compositori, ben ancorati nel proprio tempo.

"Scrivendo queste poche righe i ricordi riaffiorano copiosi e servirebbe molto più spazio per riportarne alla luce anche solo una parte. Nel decimo anniversario della sua salita al cielo – perché non ho dubbi che qualche sua intemperanza e un carattere a volte non proprio affabile gli siano stati ampiamente perdonati – sono comunque contento di poter esprimere il senso di gratitudine e di privilegio per essere stato allievo del M° Luigi Molfino, sentimento ancora oggi ben vivo in me."
 

Gabriele Conti 

 

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Ricordo il caro Maestro Molfino con profonda nostalgia; uomo di grande fede, rigore morale e infinita bontà.

Valente insegnante e raffinato compositore mi ha trasmesso un grande amore per la musica con la consapevolezza di considerarla una “Cosa seria”.

Ricordo quando ebbi dopo il diploma alcuni problemi di salute venne a trovarmi personalmente con la sua “Macchinetta” al mio paesello nel Pavese, portandomi conforto e amicizia.

Grazie caro Maestro per tutto quello che ha fatto per me; mi piace ricordarti in Cielo a dirigere qualche coro di angeli e a battagliare con qualche “Finto” compositore sulla dignità che dovrebbe avere la musica Sacra.

 

Fabio Re 

 

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A dieci anni dalla scomparsa del M° Luigi Molfino.

Il tempo tende a cancellare i tenui ricordi ma, non ha la forza di cancellare quelli profondi che hanno radici nei nostri rapporti umani.

Così, per me, è il ricordo del M° Luigi Molfino. Maestro di grandi doti musicali, didattiche e umane.

Un instancabile insegnante presso Il Conservatorio, il Pontificio di Milano e in privato.

Un padre dal quale prendere esempio di correttezza, rispetto e passione nel portare avanti l’essenza della vera musica. La musica organistica ma anche la musica al servizio della liturgia, in un contesto, purtroppo, poco valorizzato, riconosciuto e poco apprezzato anche dalle sfere gerarchiche di una chiesa appiattita verso una banalità musicale dilagante, salvo rarissime eccezioni.

L’essere stato uno dei suoi numerosissimi allievi ed aver condiviso questi ideali, mi anima nel cercare di portarli avanti nel contesto nel quale opero, nella convinzione che ciò che ho appreso da un grande Maestro, debba essere attuato e trasmesso alle future generazioni.

Esempio di grande finezza e modernità creativa sono le composizioni organistiche e corali che il Maestro ci ha lasciato a testimonianza di una profonda e significativa vena creativa non fine a sé stessa, ma al servizio della liturgia. Il miglior ricordo della sua opera, secondo il mio modesto parere, potrebbe trasformarsi nell’invito ai colleghi organisti e direttori di coro, a studiare e ad eseguire le sue musiche nelle quali rivive l’animo di un uomo straordinario.

 

Piario, 24 luglio 2022

 

Giuliano Todeschini 

 

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Più volte mi sono trovato a pensare di aver sempre avuto, negli snodi importanti della  vita, la mano della Provvidenza sul capo, ad orientare scelte e percorsi. Così penso sia stato anche a proposito degli studi,intrapresi nei primi anni ottanta all' Istituto Pontificio Ambrosiano di musica sacra di Milano, perchè fu proprio lì che conobbi il maestro Luigi Molfino,che poi  continuai a frequentare, dietro suo discreto invito, studiando con lui Composizione, fino a circa il 2005.
 

È stato in questa seconda fase che le sembianze, a volte un pò austere, del professore di armonia e contrappunto si sono allentate in un rapporto quasi paterno che non escludeva, a volte e con mia grande meraviglia, il confronto "inter pares". Ricordo, durante le lezioni, la sua preoccupazione di non "ferire" nel giustificare da parte sua una correzione , ricordo il suo sprone al lavoro, mutuando in questo il motto evangelico  :"tanti sono i chiamati ma pochi gli eletti", ricordo anche la sua propensione di didatta (che è stata anche una sua cifra stilistica) per un modus  compositivo che, nel bandire l' ovvio ed il banale,non fosse però voluto o ricercato ma, al contrario,vario, spontaneo e logico, arrivando così a tutti, fosse musica per organo, per coro o per semplice assemblea.

Andando agli aneddoti, come non dimenticare che, a lezione da lui a Milano in via Valbregaglia dall' Alta Valle Brembana di primissima mattina,si premurava di telefonarmi  alle 5.30, per informarmi dello sciopero di turno della metropolitana...
 

Venne poi avanti la malattia, anticipata da frequenti e pericolosi mal di testa. Il maestro aveva ormai 89 anni e, in risposta ad una mia  musica mandatagli sul finire dell' estate perchè la vedesse, così, tra le altre cose, scriveva: «[...] mi scuso moltissimo con te e ti ringrazio per la fiducia che mi hai sempre dimostrato, ma alzo le mani in segno di resa, considera la mia fine come compositore. Il buon Dio mi ha molto beneficiato nei doni musicali, perciò lode a Lui, mi godo solo la persuasione di avere, in parte, ricambiato cercando di fare qualcosa di dignitoso per Lodarlo.  [...]».

Riposi in pace, caro maestro Molfino, Lei è stato per noi suoi allievi, un dono di Dio.


Fabrizio Moretti

 

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Sono un'allieva antica (vi parlo del 1957, circa) del Maestro Molfino che mi preparò per dare gli esami di pianoforte al Conservatorio "G. Verdi" di Milano, come privatista. Non scorderò mai il suo entusiasmo, il suo sostegno e anche difesa dei suoi allievi. In particolare ammiravo la sua semplicità che rasentava la genialità nel suo comporre musica. Io cantavo anche in un coro diretto da lui e da lui ho imparato la passione per la bella musica ed il rigore nell'esecuzione. A mia volta cerco di trasmettere ciò che ho "ereditato" e mantengo eterno ricordo.

 

Franca Sacchi 

 

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Il Maestro Luigi Molfino, musicista credente.

 

Conobbi il maestro Luigi Molfino nel settembre 1981 quando iniziai a frequentare i corsi di Canto Gregoriano e Direzione di coro presso il Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra di Milano

Allora avevo appena terminato gli studi teologici ed ero diacono in attesa di ordinazione sacerdotale.

Ho nitido il primo incontro: aula di armonia mentre si concordavano gli orari, un distinto signore con gli occhiali spessi e scuri mi si avvicinò e mi chiede da dove venissi; gli dissi “da Cuneo” e lui “Cuneo? Certo non è dietro l’angolo! Quanto ci hai messo ad arrivare?” “Sei ore” gli risposi, il suo sguardo fu più eloquente di ogni espressione verbale!

Oltre la sua indiscussa capacità musicale, mi ha sempre impressionato e incuriosito la sua fede! Davvero era uomo di fede, che si nutriva della Parola e del Pane Eucaristico.

In lui ho visto realizzato il volto del musicista credente!

Quando prima di Natale di quell’anno gli dissi che il 2 gennaio 1982 sarei diventato prete e quindi alla prima lezione dopo le vacanze non sarei stato presente, mi incalzò “Quando dirai la prima messa ti chiedo una preghiera particolare: il Padre ascolta di più quando c’è una prima messa!”.

Di lì incominciai a conoscere il maestro Molfino credente, il suo essere musicista credente.

Durante il corso di composizione sacra ebbi modo di frequentarlo personalmente a casa sua.

Mi commuove ancora la sua attenzione come arrivavo dopo un lungo viaggio (“Cuneo l’è mica dietro l’angolo!”), il bicchiere di acqua fresca sempre pronto, accompagnato da alcuni dolcetti. Ricordo il pianoforte con la pedaliera (un suo brevetto), la brandina vicino al pianoforte da dove faceva scuola quando il mal di schiena lo tormentava e la grande quantità di libri e di musica!

Spesso la lezione diventava anche scambio e confronto di fede.

Le sue confidenze sono custodite nel mio cuore di sacerdote!

Ho visto in lui una fede ‘granitica’ e nello stesso tempo concreta, ‘con i piedi per terra’, che esprimeva nella sua musica!

Quando gli sottoponevo i miei primi tentativi compositivi era immancabile la sua osservazione: “Qui la musica è nata da un’altra parte e poi ci hai appiccicato il testo! Deve nascere tutto insieme, frutto di riflessione, di meditazione e di studio! Bisogna macinare, meditare e vivere il testo biblico. A me dispiace non avere una formazione teologica adeguata!” e poi, mentre suonava il mio tentativo “Questo passaggio ‘l’è propri brüt’: io non lo suono” e sistematicamente arrivato li, lo saltava…. poi lo correggeva con poche note, rispettoso di quello che avevo scritto, e la composizione acquistava respiro, cantabilità e spontaneità.

Poi il suo consiglio: “Devi sempre avere un registratore nella borsa e registrare quello che scrivi, poi lo ascolti al mattino presto e li ti accorgi delle cose che non vanno e dei passaggi belli”.

Mi fa sorridere a ripensarci, ma mi dice anche la sua profonda delicatezza d’animo: quando mi parlava come alunno mi dava del ‘tu’, quando mi parlava come prete passava al ‘lei’. Gli dissi: “Maestro sono contento se continua a darmi del ‘tu’” e lui ‘Al sacerdote bisogna portare rispetto: ci ricorda il senso della nostra vita.”

Mi regalò l’ultima copia che aveva del suo ‘Lo studio dell’armonia’ nella prima stesura per parti late dicendomi “Così non fai le quinte e insegni a non farle, quelle brutte; ci sono le quinte belle: quelle sì che esprimono la grandezza di Dio”.

Ha dovuto confrontare la sua fede con momenti difficili: la malattia della moglie, difficoltà familiari varie, momenti di sofferenza, ecc., ma sempre, dopo lo sfogo umano, emergeva il credente “E’ la volontà di Dio e io la devo accogliere: Dio vede, Dio provvede!”.

Posso testimoniare con quanta pazienza, calma, serenità e profonda fede ha vissuto questi momenti!

Il giorno del funerale di sua mamma, ultracentenaria, era giorno di lezione; giunsi a Milano e appresi la notizia; gli telefonai a casa per esprimergli la mia vicinanza e ovviamente rimandare la lezione; la sua risposta: “Cuneo l’è mica dietro l’angolo! Il funerale di mia mamma è alle 15,30: io alle 13 vengo in istituto a farti lezione” e non ci fu modo di dissuaderlo!

Quella lezione la ricordo perfettamente: il mio grande imbarazzo e la sua calma e serenità. Tutta la lezione fu una sua meditazione musicale sulla morte, sulla caducità della vita, sul cammino verso il paradiso che ognuno deve compiere, sul dolore del distacco dalla mamma anche se centenaria (mi impressionò e mi fece tenerezza la sua voce che si incrinò e una lacrima asciugata in fretta); commentò musicalmente il suo ‘Requiem’, dedicato ai suoi coristi, ma nato dalla tragica e improvvisa morte di un suo allievo sacerdote, e la sua ‘Ave Maria’ scritta per il centesimo compleanno della mamma: quanta fede, speranza e abbandono in quelle struggenti note, in quegli accordi mai banali, in quelle modulazioni sempre inaspettate e nello stesso tempo gradite.

Davvero, caro Maestro, ha incarnato il vero credente, il musicista che attraverso la sua arte esprime la sua fede: sempre Lei ricercava ‘quella musica specifica’ che esprimesse la sua fede.

Direi che c’è riuscito perfettamente!

Prova ne sono l’enorme schiera di discepoli che hanno potuto imparare da Lei non solo la musica e l’arte della composizione, ma prima di tutto a fare della propria vita una autentica testimonianza di fede.

Grazie di tutto questo, Maestro Molfino”

 

Ezio Mandrile 

 

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Appunti di Musica Sacra

Luigi Molfino l’uomo, il maestro, la musica

Per costruire un organo, bastano persone generose, e per fortuna si possono ancora trovare, ma per “costruire” un organista, non basta la sola generosità di qualche filantropo” . 

Queste le parole che riecheggiano nella mia memoria. Le ho ricordate nel 1996 con la presenza del maestro per i suoi ottanta anni presso la chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Desio, e le ripropongo ora nel suo ricordo a cento anni dalla nascita. 

Oggi aggiungo che non si tratta solo di costruire un organista, ma di costruire e formare un musicista che abbia l’entusiasmo di fare musica in chiesa; nelle nostre chiese sempre più povere di musica. La musica sacra , con particolare attenzione alla liturgia, era la missione del maestro. Fermo assertore dei documenti della Chiesa, il maestro intendeva trasformare in realtà le istanze della Sacrosantum Concilium (1963) e delle istruzioni dedicate alla congregazione dei riti Musicam sacram (1967) di Paolo VI, dove si spiegano le riforme e le normative dedicate alla liturgia. Queste riforme prevedono la partecipazione dell’assemblea al canto in perfetta sintonia con la schola cantorum e il celebrante. Questa normativa prevede nuove musiche adatte alla liturgia, dove l’assemblea ha un ruolo di partecipazione attiva e la schola non sia mortificata dalla banalità. Semplicità non è sinonimo di banalità! Banalità è povertà, che nell’arte sacra destinata alla liturgia, è segno di debolezza. Debolezza che evidenzia il modo banale di pensare la fede.

Luigi Molfino è stato un difensore di queste indicazioni conciliari, dando esempi di rara bellezza. La sua musica è sempre stata attenta a mantenere la dignità e la consapevolezza del ruolo che un testo sacro porta in sé. Ma non basta tutto questo. Per portare avanti questo progetto si deve investire sulle persone, sui giovani, sugli studenti che intraprendono gli studi musicali. Questo è ciò che ha fatto il M° Molfino, che con il suo esempio ha formato molti allievi che hanno continuato e mantenuto vivo il suo pensiero. In modi e approcci diversi si è creato un numero ragguardevole di “discepoli” che continuano nel silenzio e spesso nell’anonimato a divulgare la grande musica nelle nostre chiese, tentando di costruire uno stile e un modello liturgico che dia dignità alla liturgia.

Perché non venga mai meno l’entusiasmo per la musica e le cose belle”. Così scriveva il M° Molfino in una lettera al Coro Città di Desio dopo aver partecipato ad un concerto nel 1996.

Questo rimane il punto di riferimento del suo magistrale insegnamento come esigente maestro di musica e come indiscusso maestro di vita.

 

Enrico Balestreri