[Luigi Ferdinando Tagliavini ritratto a Friburgo (Svizzera) nel febbraio del 2001]
Comunico che nella mattinata di oggi martedì 11 luglio 2017 (proprio nel giorno del compleanno del suo caro compianto amico Oscar Mischiati!) è mancato a Bologna l'illustre musicologo, organista e cembalista
LUIGI FERDINANDO TAGLIAVINI
Approfitto per trascrivere qui in calce una inedita riflessione tagliaviniana riguardo quanto sia difficile e raro oggi in Italia assistere al decoro sia liturgico che musicale del culto divino...
La messa esequiale sarà celebrata sabato 15 luglio alle ore 11,30 nella basilica di S. Petronio in Bologna.
Per comunicare un messaggio di cordoglio, una testimonianza, un ricordo, affinché sia pubblicato nel presente sito internet, scrivere mediante il modulo-contatti.
Unitevi al mio «Requiem æternam dona ei, Domine».
Paolo Bottini
www.paolobottini.it
Cremona, 11 luglio 2017
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Caro Maestro Bottini,
tempo fa Le esposi alcune mie riflessioni sul Suo intervento concernente il rito tridentino, riflessioni che Lei cortesemente mi chiese di poter pubblicare. Io Le proposi di render noto il mio testo dopo averlo sottoposto a revisione, cosa per cui non ho trovato sinora tempo e calma. Ne chiedo perdono a Lei a ai lettori della Sua rubrica. Ripercorrendolo ora, mi sembra che possa essere riproposto tale quale [v. qui in calce, più il precedente messaggio di Paolo Bottini, ndr], accompagnato da ulteriori riflessioni a cui mi inducono ora recenti interventi, da Lei come sempre puntualmente resi noti. Sono parole che denunciano la situazione di disagio nell’attuale mondo liturgico-musicale, tra le quali spiccano quelle del Maestro Michelangelo Lapolla, che tocca uno dei punti più dolenti.
Vorrei iniziare ricollegandomi a sconfortanti esperienze di cui ho parlato nella mia precedente lettera, in particolare alla quasi incredibile interdizione, nel quadro del congresso internazionale «Il gregoriano – Eredità europea» tenutosi a Lovanio nel settembre 1980, di fare celebrare una Messa con canto gregoriano nell’abbazia benedettina di Mont-César, perché qualificata non consona allo spirito «pastorale». Ho voluto ora citare il deplorevole avvenimento con precisione di luogo e data, perché le denunce, anche di fatti passati, non devono rimanere nel vago. Per fortuna ho avuto in seguito esperienze di segno contrario, come due anni fa al Festival organistico internazionale di Dublino, nel quadro del quale nella Concattedrale cattolica è stata celebrata una messa con Proprio gregoriano e Ordinario polifonico e, per una logica coerenza oggi ben rara, tutta integralmente in latino, con un bellissimo «Prefazio» cantato dal celebrante, irlandese purosangue, con eccellente pronuncia «romana».
Ma si tratta pur sempre di casi isolati. Soprattutto nel nostro paese (ma non solo nel nostro e non solo in ambiente cattolico) è abituale mescolare in un assieme informe canti di natura e livello disparati, dal corale di estrazione protestante, allo «spiritual» deformato, ad ibride melopee e alla vera e propria «canzonetta».
Una delle piaghe più gravi è legata all’amplificazione, oggetto quasi sempre d’estremo abuso. Quando c’è il cosiddetto «animatore», non si sente che la sua voce ingigantita e spesso deformata, sovrastante e vanificante il canto dell’assemblea. Ma la cosa peggiore sta nel modo in cui l’amplificazione viene quasi sempre effettuata in Italia: con il cosiddetto effetto «anti-larsen» contro cui si scaglia – e quanto mai giustamente! – il maestro Lapolla. Il suono dell’organo si trasforma con ciò in una sorta di enorme, disgustosa «unda maris». Il fatto che sacerdoti, tecnici del suono e la massa dei comuni mortali – come testimonia il Maestro Lapolla – non s’accorgano di nulla è segno d’un’imperante «sordità» collettiva. È sempre spiacevole, ma talora inevitabile additare ad esempio ciò che accade (o, nella fattispecie, ciò che non accade) fuori del nostro paese, dove non sono quasi mai stato sottoposto alla tortura «anti-larsen», anche se nelle chiese transalpine e di oltre Oceano sono installati impianti di amplificazione. Dunque il rimedio sarebbe a portata di mano, ma evidentemente non lo si vuole adottare.
I problemi sono tra loro collegati. A quello della «sordità» vorrei accostare quello dell’ignoranza, tanto più grave in quanto si tratta per lo più di voluta ignoranza. È giusto ed è bello che si incoraggi l’assemblea a cantare. All’uopo ormai in quasi ogni chiesa sono messi a disposizione dei fedeli libriccini con raccolte di canti i cui relativi numeri vengono spesso esposti in prossimità dell’altare, secondo una pratica attinta dalle chiese di lingua tedesca. Ma v’è, rispetto alle chiese tedesche, una differenza sostanziale: là i libri dei canti contengono parole e melodie, da noi, salvo rarissime lodevoli eccezioni, solo le parole. Si dà dunque per scontato che la musica la si debba conoscere solo per «tradizione orale», che dunque i fedeli che frequentano le nostre chiese siano degli analfabeti musicali. Una curiosa eccezione si trova nel foglietto della messa domenicale distribuito nella maggior parte delle chiese italiane, dove viene diligentemente notata una melodia per il salmo responsoriale, melodia che, cambiando da domenica a domenica, da festa a festa, non viene quasi mai cantata…
Questa proclamazione d’analfabetismo è forse il male che sta alla sorgente dei tanti altri, e non sarà, ahimè, facile guarirlo.
Luigi Ferdinando TAGLIAVINI
Bologna, 6 febbraio 2007
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Messaggio del segretario AIOC M° Paolo Bottini ai lettori di www.organews.it all'indomani l'elezione del cardinale Joseph Ratzinger al Soglio Pontificio.
Cari Lettori,
lungi dal voler istigare battaglie di retroguardia a favore del Messale di San Pio V, desidero che ognuno approfitti di quanto ha affermato Benedetto XVI il giorno dopo l'elezione (°) per riflettere in maniera ulteriormente approfondita su tutti i documenti promulgati dal Concilio Vaticano II (naturalmente, in particolare, il cap. VI di "Sacrosanctum Concilium" che riguarda la musica per scorgervi tantissimi motivi di progresso tali da lasciar perdere qualsiasi nostalgico ritorno ad uno status quo liturgico che non potrà mai più tornare.
Intanto, per difendere l'uso del latino e del gregoriano non c'è bisogno di andare a scomodare il Concilio Tridentino, perché anche i documenti attuali dicono che il latino è la lingua propria della Chiesa di rito latino e che il gregoriano non solo è il canto proprio della chiesa e che va preferito, a parità di condizioni, al resto, ma che una musica è liturgica solo nella misura in cui guarda a questo sublime modello. Più di così cosa volete?!
Credo che, per i musicisti in genere e per gli organisti in particolare, la nuova liturgia offra delle splendide occasioni, a patto però che il musicista si immerga in essa, come facevano gli antichi maestri, e la interpreti, senza voler cantare o suonare cose che con la liturgia del giorno o del tempo non c'entrano per niente, anche se scritte da Frescobaldi.
Il disastro del mondo organistico sono, purtroppo, quegli organisti che non conoscono bene la liturgia o, addirittura, che non sono credenti. Il musicista di chiesa, è bene non dimenticarlo, oltre ad essere bravo, è prima di tutto un ministro della liturgia e, se non è credente e quindi non in consonanza con il mistero che si celebra, ciò che fa, anche se artisticamente perfetto, per forza prima o poi suonerà falso, come nel caso di un sacerdote che celebri senza credere in quello che compie.
Per un efficace e naturale inserimento dell'organista nell'azione liturgica, non si insisterà, quindi, mai abbastanza sulla pratica della improvvisazione organistica che tenga conto del tempo liturgico, dei testi della liturgia del giorno e dei canti che si fanno.
Auguro a tutti buona musica pasquale!
Paolo Bottini, segretario AIOC
Cremona, aprile 2005
(*) «Anch’io, pertanto, nell’accingermi al servizio che è proprio del Successore di Pietro, voglio affermare con forza la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II, sulla scia dei miei Predecessori e in fedele continuità con la bimillenaria tradizione della Chiesa. Ricorrerà proprio quest’anno il 40.mo anniversario della conclusione dell’Assise conciliare (8 dicembre 1965). Col passare degli anni, i Documenti conciliari non hanno perso di attualità; i loro insegnamenti si rivelano anzi particolarmente pertinenti in rapporto alle nuove istanze della Chiesa e della presente società globalizzata» (tratto da http://w2.vatican.va) .
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LUIGI FERDINANDO TAGLIAVINI IN RISPOSTA:
Caro Maestro Bottini,
Lei sa quanto apprezzi i Suoi continui, puntuali interventi. Su questo Suo ultimo mi permetto tuttavia di sottoporLe alcune mie riflessioni.
Tra le bellezze e le ricchezze della liturgia cattolica c'è la sua grande varietà: al rito romano si affiancano quello ambrosiano, quello greco (ove la messa può essere celebrata da sacerdoti regolarmente sposati) e i vari altri riti orientali, anche se gli ultimi non ammettono che la musica puramente vocale. E c'è anche il rito tridentino, che è da anni nuovamente del tutto consentito, come constato continuamente in chiese francesi e svizzere. Una sua nuova interdizione trasformerebbe i "nostalgici" in "eretici" e darebbe nuovo impulso ai lefebvriani, cosa di cui non c'è proprio bisogno. Del resto noi organisti non dovremmo lamentarci che esso sia ancora in vigore, dato che esso è il solo a offrirci la possibilità di dar vita ad alcune delle somme espressioni dell'arte musicale al servizio della liturgia: le pagine scritte per l'Elevazione da Frescobaldi, Froberger, François Couperin e tanti altri. Crede veramente che tali pagine con l'odierna liturgia non abbiano nulla e che fare? Sarebbe assai triste!
Non sono un "nostalgico" del rito tridentino, bensì un nostalgico del decoro, della dignità, del vero senso della liturgia nelle celebrazioni.
Non ho avuto bisogno, qualche anno fa, di assistere a una messa in rito tridentino per avere una delle più alte emozioni liturgico-musicali. Si trattava d'una normale messa domenicale nella Cattedrale di Ratisbona gremita di folla, messa celebrata integralmente in latino, con organo e tre gruppi corali: la schola gregoriana, quella polifonica e il meraviglioso gruppo dei "Regensburger Domspatzen" educati e diretti da Georg Ratzinger. Il mio cruccio non è tanto che in Italia (ma anche in altri paesi) non sia nemmeno pensabile una cerimonia di tale livello artistico, bensì che, se anche fosse attuabile, non sarebbe certo consentita in nome della vigente malintesa "pastorale" e in barba ai documenti conciliari. Ne ho avuto io stesso una cocente esperienza quando si organizzarono le celebrazioni per l'inaugurazione dei due organi bolognesi in San Petronio nel 1982. Alla fin fine, facendo leva sulla partecipazione internazionale, riuscimmo ad avere una decorosa celebrazione, ma a costo di quali lotte! Ne conservo un ricordo traumatico. Ma avevo già vissuto una vicenda ancor più sconfortante e clamorosa due anni prima [v. lett. sopra, ndr], allorchè un congresso internazionale di gregorianisti avrebbe dovuto concludersi con una celebrazione eucaristica in gregoriano in una grande abbazia benedettina, cerimonia che all’ultimo momento fu proibita, perché non sarebbe stata consona alla “pastorale”.
Riuscirà il clima che instaurerà Benedetto XVI a mutare un certo stato di cose?
Ammiro il Suo ottimismo, che riesco molto difficilmente a condividere...
In attesa del piacere del nostro prossimo incontro, La sauto molto cordialmente.
Luigi Ferdinando TAGLIAVINI
Bologna, 25 aprile 2005
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ULTERIORE RISPOSTA DI PAOLO BOTTINI:
Stimatissimo Maestro,
sono onorato per questo Suo intervento e La ringrazio di tutto cuore.
Le dico subito, per fugare ogni ombra di dubbio, la mia convinzione che le pagine organistiche dei grandi maestri del passato certamente sono degne in æternum di risuonare nella liturgia, ma ho la sensazione che il nuovo rito - oltre ad invocare la massima stima verso la grande musica sacra di ogni tempo - richieda, quasi tra le righe, un ritorno della sensibilità estemporanea dell'organista di creare, quale esegeta speciale, una magnificazione della Parola di Dio mediante l'estemporanea creazione: come possiamo dimenticare che gli antichi hanno sempre praticato l'improvvisazione a servizio della liturgia, riservando gli scritti quasi a mero esempio didattico? Naturalmente per ottenere risultati alla Marcel Dupré o alla Pierre Cochereau - che all'orecchio sembravano pagine scritte con il cesello di carta e penna - bisogna che l'improvvisazione diventi una vera e propria disciplina di studi che accompagni l'intero arco della carriera accademica di un organista, oserei dire fin dal primissimo approccio con lo strumento.
Per quanto concerne il rito, Le confesso che io non posso disdegnare la messa tridentina semplicemente perchè non la conosco e non ho mai assistito ad alcuna cerimonia del genere, per cui non saprei dire quali differenze "emotive" ci possano essere tra il Messale di San Pio V e quello attuale di Paolo VI.
Nella mia ultima circolare a nome dell'AIOC ho desiderato puntualizzare che la mia precedente citazione di quella lettera del poeta filosofo latinista Ceronetti - auspicante il ritorno costante in ogni parrocchia di una messa in rito tridentino accanto alla "normale" riformata - non voleva essere assolutamente un brandire la sua bandiera, come invece era sembrato visto che in diversi mi hanno fatto notare la ambiguità della citazione suddetta riportata in quel modo e nel contesto delle autorevoli citazioni musicali del già Cardinal Ratzinger.
Sono comunque convinto che il decoro e la dignità, che noi tutti vogliamo, siano insite nella riforma del Vaticano II. Se è vero che la bellezza salverà il mondo, bisogna ammettere che la bellezza richiede un certo tipo di pastorale della musica e del canto che ancora non è stata recepita.
I punti cardine su cui a mio parere bisognerà insistere sono la rafforzata formazione musicale di base dei futuri sacerdoti (e, speriamo, anche di tutti i futuri cittadini laici che ancora devono nascere) e, in secundis, la formazione liturgica e teologica degli organisti professionisti: dalla sinergia di un clero più colto e meglio sensibile al Bello e di un laicato organistico compenetrato nel Mistero che si celebra, avremo finalmente la possibilità di poter senza imbarazzi eseguire anche qui da noi liturgie ratisbonensi, coniugando alle musiche dei grandi maestri del passato, le nostre contemporanee appositamente composte nonchè le estemporanee creazioni musicali.
La ringrazio per l'apprezzamento riguardo il mio ottimismo: in parte è sostenuto dalla autorevole voce di Dante Alighieri nella "Monarchia" .
Riceva i saluti cordiali, la graditudine e la stima del Suo
Paolo Bottini
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Il mio ricordo più antico del Maestro?
Frequento, a diciassette anni, un suo corso in S. Petronio: eseguo Frescobaldi, Canzon IX detta “La Querina”.
Suo unico, sorridente commento: “Bene! Meglio troppi ornamenti che troppo pochi”. Era il suo modo di dirmi che suonavo come un cavallo pazzo.
Che si fosse d’accordo o meno con la sua visione della musica: se n’è andato un vero signore. Uno degli ultimi in questo nostro micromondo organistico, ormai invaso da paillettes e danses macabres…
Pier Damiano Peretti
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Carissimo Paolo,
desidero ricordare un piccolo aneddoto...
Qualche anno fa invitai a suonare a Parma il Maestro in occasione dei nostri "Fiori Musicali". Ispirato dalle 11 sillabe di cui è composto il suo nome, quasi per gioco, gli inviai la seguente ottava:
Attendo volentieri Sua novella
Che dar mi potrà ancor al suo ritorno
e spero d'ascoltar in Parma bella,
al pari che in Bologna ed in Colorno,
Del musicus perfectus l'arte, quella
De' musicali fiori ed in quel giorno
Mirare, co' Serassi e co' Poncini
Luigi Ferdinando Tagliavini
Lui mi rispose letteralmente per le rime con un bel sonetto.
A Messer Francesco Saverio - Sonetto di ringraziamento
Per giungere gli amici senz'affanno
A persuader vi son modi diversi,
Ma l¹arte vera è di color che sanno
Prenderli per i buoni e giusti versi.
Del secolo attual l¹undecim¹anno
Ben scevro esser dovria di casi avversi
Che potrian impedir con grave danno
Ch¹armonico concento abbia a tenersi.
Con garbo e cortesia testè invitato
Nella città dei Lanzi e dei Poncini
Ad organici calami a dar fiato
Da Francesco Saverio de' Pedrini,
Al caro amico si professa grato
Luigi Ferdinando Tagliavini
Ecco, caro Paolo. Mi piace ricordarlo così il Maestro, pacato, gentile ed elegante come sempre, fra i versi di un sonetto...
Un caro saluto,
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L’11 luglio scorso a Bologna è mancato Luigi Ferdinando Tagliavini, organista, clavicembalista, musicologo e compositore. Punto di riferimento fondamentale nell'organaria italiana, ha curato il
restauro di organi antichi fra i più prestigiosi d’Italia, come l’organo di Lorenzo da Prato e il Malamini, entrambi in S. Petronio a Bologna. Nel 1964 è stato docente di organo e di clavicembalo presso il Conservatorio di Musica “A. Boito” di Parma. Credo quindi gli sia dovuto, che anche Parma si ricordi di lui e del pur breve periodo, per me indimenticabile, passato con lui nel nostro Conservatorio. Grazie Maestro. Ciao. - Claudia Termini
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Caro maestro Bottini,
ho appreso con dispiacere la notizia della morte di Luigi Ferdinando Tagliavini. Gli avevo telefonato circa due mesi fa; mi aveva risposto [una persona] che gli passò la cornetta del telefono dopo avergli detto il mio nome. L'ho trovato un po' impacciato nel parlare e lui si è scusato dicendo che stava attraversando un momento di crisi e debolezza fisica. Ma non aveva smesso il suo stile gentile e cordiale.
Conoscevo il Tagliavini dagli anni '60, quando era circondato da grande popolarità e gli allievi stravedevano per lui. Ci siamo incontrati in occasione di concerti, di restauri, di convegni: ho frequentato a Pistoia alcuni corsi di perfezionamento sulla musica antica e l'ho invitato a suonare al festival organistico di Schio, la prima volta nel 1974, poi altre due volte; ma l'avevo fatto suonare in concerto al Serassi di Valli e al De Lorenzi di Tonezza.
Ci fu sempre una buona intesa fra noi, anche quando i nostri pareri non erano in perfetta sintonia. Perché Luigi Ferdinando Tagliavini era uomo intelligente, colto, musicalmente preparato. È sempre facile andare d'accordo con tali persone, che non sono mai rigide né arroganti.
Avevo conosciuto suo padre Carlo Tagliavini, docente di glottologia all'università di Padova, nella quale Luigi Ferdinando aveva ottenuto la laurea in lettere e al conservatorio di Bologna il diploma in organo.
Ci si stimava a vicenda e me lo ricordava lui stesso: «molti, tra cui allievi, che un tempo erano d'accordo con me e mi osannavano, mi hanno abbandonato, anzi tradito»; noi due, pur non sempre del tutto d'accordo, abbiamo conservato la stessa cordialità e stima reciproca.
Ricordo il suo entusiasmo nel mostrarmi il "suo" Callido di Candide, dopo il restauro di Piccinelli: voleva che provassi quel registro, quell'impasto, fino a quando giunse Gustav Leonhardt che doveva preparare il concerto inaugurale. L'ultimo incontro avvenne a Bologna dove accompagnò me ed amici a visitare e suonare la sua interessante collezione di strumenti musicali antichi a San Colombano: un museo unico, inserito in un ambiente straordinario. Il merito di tutto questo, e non è poco né il solo, è di Tagliavini che ha donato alla sua città un patrimonio inestimabile.
Ho dedicato a Luigi Ferdinando Tagliavini alcuni pagine (38-42) del mio quaderno 18 su "Quarant'anni di concerti d'organo nel duomo di Schio" serie 2^ [per richiederne una copia, scrivere alla segreteria del presente sito tramite il modulo-contatti, ndr].
Con lui se ne va un punto di riferimento della cultura italiana, della musica d'organo, dell'arte organaria.
Non so se potrò essere fisicamente presente a Bologna a causa d'impegni già presi a Schio, ma lo sarò con lo spirito. Speriamo che non succeda come al funerale di Elsa Bolzonello Zoja a Castelfranco e di Oscar Mischiati a Bologna, in cui l'organo antico, per effetto della cattiva amplificazione, suonava male, come se fosse inserita la Voce Umana e un tremolo, un vibratore che alterava tutti i suoni.
Saluti cordiali
Giuseppe Piazza, Schio
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Caro Paolo,
è sufficiente leggere le brevi riflessioni che riporti, per comprendere lo spessore dell'uomo e la lucidità delle sue disamine.
Tagliavini ci ha mostrato con chiarezza che l'organista non può essere ridotto né al solo virtuosismo concertistico, né svalutato al ruolo di mestierante della domenica.
Attraverso l'esempio personale e l'insegnamento sempre basato su un ineccepibile studio delle fonti, ha dimostrato come l'organista sia chiamato a svolgere un compito essenziale non solo nella liturgia, ma in una più ampia e profonda missione pastorale che, per essere svolta in modo adeguato, richiede una solida preparazione non limitata ai soli aspetti tecnici, ma alimentata da una solidissima preparazione culturale e, mi sento di dire, teologica.
Assieme al grande e indimenticato Oscar Mischiati, inoltre, con pioneristica intuizione ha insegnato a tutti che l'organo non è un'artificiosa e fredda macchina per produrre suoni, ma una delle più elevate espressioni della sensibilità dell'uomo.
Un'opera d'arte a 360 gradi che ha la dignità, prima di allora misconosciuta, di poter stare alla pari con i capolavori della pittura, della scultura, dell'architettura, della letteratura.
Proprio da tale assunto, Tagliavini e Mischiati, con fatica e dovendo affrontare talvolta anche aspri scontri (purtroppo spesso con organisti ottusi e sacerdoti impreparati), hanno dimostrato che verso gli strumenti storici è necessario un approccio scientifico e metodologie di restauro (e di utilizzo!) che, per filosofia e tecniche, devono essere identiche a quelle adottate per tutte le altre opere d'arte.
Il carisma, la preparazione, la sensibilità, la cortesia, la disponibilità, sempre espresse con un'innata nobiltà di tratto, lo hanno fatto riconoscere da tutti come "il Maestro Tagliavini", vero e indiscutibile caposcuola.
Sono convinto che l'insegnamento di Tagliavini, anche per quanto riguarda la progettazione di strumenti nuovi, non sia stato ancora del tutto assimilato, ma costituisca una fonte attualissima e molto feconda di riflessioni.
L'Associazione "Vincenzo Colombo" ha avuto l'onore di collaborare spesso con lui in indimenticabili giornate.
Manca la persona; resta viva la sua opera.
Come tutte le buone piante, il seme sparso da Tagliavini darà ancora molti buoni frutti, anche se ciò richiederà tempo e fatiche che, mi auguro, tutti coloro che amano l'organo saranno felici di sostenere.
Requiescat in pace.
Lorenzo Marzona
Presidente Ass. Vincenzo Colombo - Pordenone
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Ho saputo subito della morte del maestro Luigi Ferdinando Tagliavini. Lo conoscevo dal 1967, insieme al suo amico dott. Oscar Mischiati. Non ho nulla da esternare in merito.Senz'altro prego per lui il Dio che ha creato tutto e tutti. Ringrazio Dio per averci donato una persona sensibile, intelligente che nella vita ha saputo esprimere non solo una grandissima Cultura acquisita e sviluppata ma anche e soprattutto uno stile ed un'educazione che oggi sono sempre più rari. Ho avuto modo, nei rapporti intercorsi con il maestro, di apprendere da lui moltissimo e non solo musicalmente. La grandezza sua era appunto quella di non essere un "tecnico" bensì un umanista. In questo aspetto mi piace ricordarlo. Mi unisco a tutti coloro che lo ricordano in questo senso, rifuggendo da banali epitaffi che senz'altro non sarebbero a lui piaciuti. Grazie ancora, cordiali saluti. - Giovanni Mascioni
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Luigi Ferdinando Tagliavini, una perdita incolmabile.
Suoi tutti i meriti della rinascita dell'organo in Italia, questo è indubbio, una persona di studi e conoscenze infiniti, un gigante per l'Italia e per il mondo intero, una perdita davvero incolmabile.
Ricordo qui soprattutto la sua signorilità, meglio la sua nobiltà, come esecutore e come docente.
Ed è questa la lezione che più di tutto porterò con me nel mio animo.
Grazie MAESTRO!
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Ebbi modo di conoscere il Maestro molti anni fa, ad Almenno San Salvatore, nell'ambito della rassegna "In Tempore Organi", e lo apprezzai moltissimo sia come docente, meticoloso ed estremamente comunicativo, che come esecutore (ricordo che il pomeriggio precedente il suo concerto lavorò ancora per ore i brani che avrebbe eseguito la sera). Quattro anni fa, poi, quand'ero ancora docente al conservatorio di Genova, accompagnai la mia classe d'organo, unitamente a quella di clavicembalo della prof.ssa Barbara Petrucci, e in compagnia dell'amica e valentissima collega Luisella Ginanni, a far visita alla sua strepitosa collezione di strumenti antichi. La visita da lui guidata, nella quale trasparì tutta la sua passione per la musica e la sua puntigliosa e fervida cultura, e il concerto che i ragazzi tennero nel pomeriggio su quei magnifici strumenti lasciarono in tutti noi partecipanti un ricordo indelebile e un sentimento di gratitudine. Il Maestro Luigi è stato davvero un testimone della bellezza per tante generazioni. Grazie! - Bartolomeo Gallizio, docente di Organo presso il Cons. "G. F. Ghedini" di Cuneo
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Ho avuto modo di conoscere il M° Tagliavini durante la mia attività di organaro [dal 1982 al 2011] soprattutto nel restauro di organi antichi e storici. Ho un bel ricordo di lui era stato il compianto Dott. Mischiati a mettermi in contatto. Mi ricordo di una volta ad un convegno in cui venni attaccato indirettamente perché avevo effettuato una ricostruzione storica di un organo che era stato alienato e io lo rifeci secondo i dettami della cassa e cantoria rinascimentale rimasta. Chi mi aveva attaccato mi aveva dato del "fotocopiatore" ma il M° Tagliavini mi disse testuali parole: "se le fotocopie sono fatte bene ben vengano anche le fotocopie". Poi mi ricordo di un altro fatto; avevo restaurato l'organo della chiesa parrocchiale di S. Margherita in Cusio e questo strumento era stato sottoposto in passato ad
accordatura di tipo "equabile" però le canne non erano state "tosate" ma solo con un taglio longitudinale. Io ho risaldato tutte le canne tagliate e con questa operazione sono riuscito a far evincere il temperamento inequabile proprio della bottega dei "Bossi" di Bergamo. Su suo consiglio ho ritoccato una canna che era caduta e di conseguenza era stata rimaneggiata. Aveva fatto da tramite il Dott. Mischiati il quale poi mi ha portato i complimenti da parte del M° Tagliavini Mischiati e Tagliavini sono stati un tandem perfetto dei restauri di molti organi antichissimi fra i quali quelli di S. Petronio a Bologna. Mi fa molto piacere che i funerali si tengano in quella Basilica a loro tanto cara dove il M° Tagliavini ha fatto numerosi concerti e stage. - Giorgio Mariano Persico, organaro e organista liturgico in Nembro (BG)
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Onore allo studioso, al musicista, al combattente. - Giorgio Carnini
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Tra le illustri persone che il mondo della Musica ha perso in questi ultimi anni, Luigi Ferdinando Tagliavini sarà per sempre uno di coloro i quali faranno sentire grandemente la propria mancanza. R.I.P. - Nicola Reniero
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Incontrai personalmente il Maestro in Austria nel 1999 anno dell' Eclissi totale di sole in centro Europa in modo del tutto casuale.
Ero in campeggio con la mia compagna Nicoletta e lei mi fece notare due persone molto distinte che erano in leggera difficoltà con una tanica che cercavano di riempire.
Demmo loro una mano e ci invitarono sul loro Camper per bere una cosa.(Il nocino fatto dalla moglie dell'ingegnere Giancarlo fratello del maestro). Fu li che parlando della visita che noi avevamo appena conclusa al campo di sterminio di Mauthausen, arrivammo a parlare della collezione di cembali del Maestro.
Per me che da ragazzo avevo studiato un po' di pianoforte ed ero (e resto) un piccolo organista di parrocchia di campagna cresciuto nel mito di "Tagliavini" tout court, essere lì con lui rappresentò un inaspettato dono del cielo.
Altre volte in seguito ci siamo incontrati e siamo stati ospiti nella sua casa conoscendo anche la sua mamma.
Ascoltarlo per me era fonte di grande gioia e pur nell'abisso della mia grande ignoranza musicale mai una volta che egli abbia fatto sentire ne tanto meno pesare questa enorme differenza.
Carinissimo tutte le volte che ci incontravano, con Nicoletta. Persona assolutamente squisita ed erudito straordinario. Io non ho le qualità per dare giudizi tecnico/artistico/musicali ma la grandezza dell'uomo mi ha avvolto senza schiacciarmi. Ringrazio Dio per averlo conosciuto. E ringrazio il Maestro per tutto quello che da lui ho ricevuto. - Marco Bacchelli, organista della parrocchia di Monteveglio (BO)
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Mi unisco al cordoglio di Colui che ha aperto nella mia mente la strada della interpretazione musicale che indegnamente cerco ogni giorno di percorrere ora ancor più nella Sua memoria. - Giovanni Paolo Pollini [Verona]
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Ho avuto l’onore di conoscere e di ascoltare il fu Maestro Tagliavini ad Oviglio, in occasione di un suo concerto sull’Organo costruito nel 1775 da Giuseppe Savina e sul quale, per quanto indegnamente, nel lontano 2001, ho eseguito io stesso della musica insieme al violista da gamba Maestro Luca Ferrari. Superfluo osservare la qualità dell’ascolto, al pari della professionalità e della cortesia dell’esecutore; mi preme tuttavia ricordare anche la Professoressa Silvia Tagliavini, sorella dell’organista, Primaria Psichiatra, in allora, già in congedo, con la quale, essendo io stesso Medico, all’epoca ancora allievo, ed avendo da poco sostenuto l’esame della sua materia, intrattenni una piacevole conversazione: purtroppo, mi tocca, oggi, compiere il doveroso ufficio di porgerle le mie più sentite condoglianze per una perdita che, peraltro, è motivo di lutto per tutta la comunità dei musicisti non solo Italiani. - Roberto Borri
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Emotion et tristesse ! et reconnaissance pour tout ce que Luigi Ferdinando Tagliavini a apporté d'exceptionnel, avec simplicité et générosité. Ma pensée sera à Bologne, Samedi matin, en union de prière avec tous ceux qui y seront rassemblés. - Hélène Hébraud (Saint-Pons de Thomières, France)
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Ci uniamo al grande cordoglio di quanti hanno avuto il privilegio di conoscere il M° Tagliavini, oltre che come sommo Musicista e Pedagogo, anche umanamente come persona benevola e comprensiva, favorevole anche a riconoscere e contraccambiare le espressioni di affetto che spesso gli abbiamo inviato via mail. Certamente la ricchezza dei suoi insegnamenti e la bontà delle sue interpretazioni ci rimarrà sempre nel cuore, come un indimenticabile e irragiungibile vetta dell'Arte Musicale e Organistica. Un caro saluto. - Guido Iotti e Carme
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Mi rattrista la notizia. Le mie più vive condoglianze ai familiari. Una sincera preghiera. - Giulia Biagetti
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Scompare con Luigi Ferdinando Tagliavini un personaggio di altissima e non comune caratura umana e professionale. Il vuoto che lascia nelle comunità artistica e scientifica non sarà colmabile. Alla sua memoria sarà dedicato il concerto inaugurale del Festival "Sulle orme del Cusanino", che terrò proprio il giorno 15 luglio a Filottrano (AN). Requiem aeternam dona ei, Domine. - Andrea Coen (Conservatorio "A. Casella" de L'Aquila e Pontificio Consiglio della Cultura)
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Sono addoloratissima e sabato sarò a Bologna per l’ultimo saluto. - Claudia Termini
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Grazie maestro per la luce che hai portato. - Giosuè Berbenni
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Caro Paolo,
mi riempie di tristezza sapere che il Prof. Tagliavini non è più tra noi. L'ho conosciuto personalmente con gran piacere e ho l'onore di essere stato interpellato da lui più volte per problemi di carattere medico. L'ho visto lavorare assieme al compianto prof. Oscar Mischiati sulle canne alto medievali dell'organo ritrovato a Gerusalemme quando esposte al palazzo della Pilotta a Parma e l'occasione è stata propizia per sentire i commenti tra lui e Mischiati. È una grande perdita per tutti noi. [...] Un caro saluto nella speranza... - Luigi Malandra
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Riposi in pace, caro Maestro Tagliavini! Grazie dei suoi insegnamenti! - Silvia Tomat
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Grazie Paolo, anch'io vorrei unirmi alle condoglianze di tutto il mondo della musica. - Bruno Bergamini
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Un pensiero a chi a contribuito in modo efficace e competente alla causa dell'universo organistico. Grazie Maestro sarai per sempre la nostro guida. - Fabio Re
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Con rammarico apprendo la perdita di un grande uomo, didatta, artista che molto ha dato alla cultura musicale organistica italiana. - Stefano Mostosi
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Se n'è andato un gigante dell'organo. Mi ricordo quando a scuola il maestro mi aveva fatto acquistare i due volumi di Zipoli e io gli avevo chiesto chi era Tagliavini... - Marco Cordini
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È incalcolabile l'importanza della figura del Maestro Tagliavini sia come esecutore che come "ricuperatore", insieme ad Oscar Mischiati ed altri, della tradizione organaria, degli strumenti stessi e insieme di una cultura, di una civiltà che è quella da cui è nata la tradizione organaria stessa. Ed è un tutt'uno: la "cultura", intesa come civiltà (non in senso ristretto, come spesso la si intende oggi) ha generato quegli strumenti, con quel certo tipo di suono che, a sua volta, ha influenzato quella cultura! Ad esempio il suono del "Lorenzo da Prato" in San Petronio a Bologna, le poche volte che l'ho ascoltato dal vivo, davvero mi portava in un'altra dimensione, come una macchina del tempo musicale! Ora - questo forse fa ridere - ma è la stessa cultura che ha generato, che so, il lambrusco, la mortadella etc.! E tutto questo, ovviamente per quanto concerne la parte musicale, è stato difeso anche grazie all'opera di L.F. Tagliavini. Un grande musicista. Anch'io, come tanti, ebbi modo di incontrarlo molti anni fa a Bologna durante uno dei famosi corsi sulla musica organistica da egli tenuti. Per soggezione non gli parlai personalmente, ma mi è parso una persona molto umana, umile e disponibile. - Massimo Trevia, organista presso la parrocchia di S. Ambrogio in Alassio
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L'ho conosciuto personalmente essendo stato assistente di p. Pellegrino Santucci alla Chiesa dei Servi di Bologna per più di 20 anni. Ne ho un ricordo indelebile dal primo concerto da me ascoltato sul Rotelli ai Servi, prima del Tamburini, con musiche di Franck, fino all'ultimo, su un piccolissimo Traeri, in casa dell'amico Dotta. Con affetto. - Giuseppe Selva
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Benchè non abbia mai potuto avere il piacere di conoscerlo, il ricordo del maestro Tagliavini vive in me negli insegnamenti del maestro Maurizio Ricci di Pavia, che, da allievo mi ha iniziato alla musica rinascimentale e barocca italiana, indicandomi il Maestro come esempio eccelso di interpretazione di quella musica e non solo. Ricordo sempre la commozione espressa dal maestro Ricci quanto mi raccontava delle ore da lui passate sulle cantorie con il Maestro Tagliavini, della magistrale interpretazione della Fantasia K 608 di Mozart, delle intepretazioni di Frescobaldi, di Sweelinck, di Pasquini e di tantissimi altri...dei diverbi con Marie Claire Alain sull'esecuzione delle "Sonate a due" di Pasquini, dovuti perdipiù all'abitudine d'oltralpe di eseguire gli agrements alla francese anche nella musica nostrana.
Ho avuto l'onore e il piacere di visitare la collezione a San Colombano in Bologna, un vero vanto per questo paese, sovente ignaro della propria cultura, delle proprie eccellenze e delle proprie tradizioni. Per ogni musicista sarebbe d'obbligo visitare tale raccolta. Continuerò ad ascoltare le stupende registrazioni del Maestro, sia al cembalo che all'organo, e a considerarle come sommo esempio di una interpretazione musicale culturalmente orientata, straordinariemente arricchita dalla musicalità del Maestro. Sì, va detto e va ribadito ancora. La musicalità è una dote, un dono che pochi musicisti hanno, un sentimento senza fine e senza tempo che fa sì che quel linguaggio universale che è la musica possa essere compreso. Grazie per avermi dato la possibilità di esprimere questo contributo. - Luca D'Addesio
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Carissimi, non comoscevo di persona il Maestro. Lo conoscevo, come penso tutti noi, per l'artista, l'intellettuale, il simbolo che era. La sua scomparsa lascia in vuoto tremendo, ma la sua ricerca è intatta, e dunque, in qualche modo, vivrà sempre con noi, nella sua opera e nella musica barocca che tanto amava. Ringraziandovi, un cordiale saluto. Preghiamo insieme alla sua memoria. - Paolo Maioli, organista presso la parrocchia di S. Caterina Vergine e Martire in Caselle Lurani (LO)
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Fin dai primi anni di studio il Maestro Luigi Ferdinando Tagliavini è stato una Guida autorevole nel campo organistico e non. Un riferimento importante, quanto discreto e silenzioso, che non c'è più! Con rammarico! - Giancarlo Colleoni
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... il Suo insegnamento sarà sempre "lampada per i nostri passi" musicali. Un caro saluto a tutta la Sua Famiglia. - Mariella Martelli, organista presso la chiesa di S. Giovanni Battista in Jesi (AN)
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Mi unisco al dolore per la sua scomparsa, porgo le mie più sentite condoglianze e mi inchino rispettoso alla figura professionale ineguagliabile e senza tramonto. - Stefano Rosso, organista incaricato per la prima visita in Piemonte di Sua Santità Benedetto XVI
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Ho appena saputo adesso, dopo 23 giorni, la morte del mio ben voluto maestro Tagliavini. Non so perché, ma oggi lo pensavo tutto il giorno. Ho ritrovato l'ultima mail inviata per il suo compleanno e ho pensato di cercarlo con Google. Ecco così che ho letto la notizia. Mi dispiace tanto tanto. Ci siamo conosciuti al corso di Mojàcar (Almería, Spagna) in ottobre 2012 e abbiamo fatto tantissima amicizia. Siccome io parlavo italiano e il mese prima avevo visitato la collezione di strumenti a San Colombano, l'inizio fu facile. Abito a Valencia e non siamo della stessa età ma mi sentivo tanto bene con lui, parlare con lui era così facile. Poi siamo diventati cari amici. Attraverso internet mi ha fatto conoscere un po' il suo mondo. Sono andata a Bologna parecchie volte, ho fatto un piccolo corso al Museo, ho conosciuto la sua nipotina [...]. Insomma abbiamo goduto insieme della conoscenza. Per questo adesso mi sentivo commossa e ho deciso di scrivere alcune parole. Anche se mi sento triste ti desidero un bel viaggio, maestro Luigi Ferdinando Tagliavini. - Immacolata Sanchis
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Ricordando la figura e l'opera del M° Tagliavini recentemente scomparso, mi è caro citare alcune "parole chiave" da egli pronunciate in una conferenza del 1996: «... nel "giardino" organario hanno sempre prosperato, accanto a piante autoctone, piante esotiche e gli innesti delle une sulle altre sono stati quasi sempre apportatori di nuova linfa e vitali energie...» ["Riflessioni sull'organaria oggi", Informazione Organistica, 3° quadrimestre, anno 8° (1996), numero 3, Accademia di Musica Italiana per Organo, Pistoia] - Aldo Carignano, dal 1981 organista della chiesa di S. Secondo in Torino
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Era piuttosto scontato che prima o poi dovesse accadere. Fra meno di tre mesi ne avrebbe compiuti 88 di anni e, si sa, a questa età il peso di tutta una vita trascorsa – nel suo caso direi anche piuttosto intensamente – fa sentire inesorabilmente tutto il suo carico, e il più delle volte fino al punto di non ritorno.
Da quando ebbi la fortuna di conoscerlo, verso la metà degli anni Settanta (del Novecento), credo che non vi sia stato un solo giorno in cui non abbia pensato a lui. All’inizio a causa dell’intensa frequentazione diretta per via dei miei studi organistici sotto la sua vigile e insostituibile guida: a Bologna, in Conservatorio, nella varie prestigiose Accademie organistiche che attiravano allievi da tutto il pianeta, o più semplicemente, quand’era possibile per entrambi, a casa sua in quel caratteristico angolo di piazza Baraccano che, non certo per caso, costeggiava via Orfeo, l’artista per eccellenza, colui che dell’Arte incarna i valori eterni… proprio come quel particolarissimo inquilino che, pressoché sommerso dai suoi preziosi strumenti storici, dimorava proprio lì, al civico 5: Luigi Ferdinando Tagliavini.
Un endecasillabo perfetto; come quella perfezione a cui egli tese sempre sul duplice e inseparabile versante sia teorico che pratico. Quell’antica espressione di “Musicus perfectus” con cui si volle intitolare, mutuandola da un’antica e nobile tradizione, il volume di Studi a lui dedicato nella ricorrenza del suo 65° genetliaco, ha descritto nella maniera di certo più eloquente (e meglio di qualunque altra ‘etichetta’) la sua vera natura di studioso dell’Arte dei Suoni con la mente e con gli occhi spalancati sul duplice versante “pratico e speculativo”, nel nome dell’inscindibilità di questi due fondamentali aspetti che svelano la loro più autentica natura soltanto in un vicendevole rapporto di simbiotico e perpetuo confronto pulsante, vitale e rivelatore. Dicevo che non vi è stato un solo giorno in cui io non abbia pensato a lui…
Certo: perché, una volta terminato il periodo della formazione, e della costante frequentazione personale, sono rimasti i numerosi attestati di studio da lui firmati, appesi nel mio studio (dove trascorro gran parte della mia giornata) insieme a tutti i miei titoli artistici e professionali, a ricordarmi in ogni istante che egli un bel giorno è entrato con forza nella mia vita di giovane musicista e di studioso per lasciarvi un segno particolare, indelebile, riconoscibile che, oggi più che mai, ho l’autentico dovere morale di perpetuare nel tempo, onorandolo: ogni volta che suono l’Organo o il Cembalo, ogni volta che mi accingo a scrivere un testo di musicologia. Non oso immaginare gli episodi, editi e inediti, che i suoi numerosissimi estimatori sparsi pressoché in tutto il mondo, potranno raccontare in questi giorni immediatamente successivi alla sua, comunque inaspettata, morte…
Io voglio ricordarlo nei momenti più semplici, quelli che rivelano l’aspetto più autentico di ogni uomo: così, seduto davanti a me mentre gustiamo insieme delle ottime triglie ‘alla livornese’ e lui trova lo spazio per raccontarmi una delle sue spassosissime barzellette. Ecco, mi ha fatto anche tanto ridere Luigi Ferdinando Tagliavini, oltre ad avermi insegnato ad essere un buon musicologo e a suonare l’Organo e il Clavicembalo nella maniera storicamente più credibile. È una specie di segno del destino l’aver appreso la notizia della sua dipartita appena messo piede in Italia dopo un trionfale giro di concerti organo-cembalistici in Germania. Requiescat in pace, certo. Ma la corona floreale più bella che mi sento di dedicargli è una pura, benché piuttosto sostanziosa, metafora: dove i fiori, peraltro incorruttibili, e i più preziosi che si possano immaginare, sono costituiti dalla serietà e dall’impegno che lui mi ha insegnato a mettere nelle faccende della Musica e che io, nel mio piccolo, porterò avanti per sempre nel suo nome. Domenico Morgante
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