L'organo "ANTEGNATI / VEGEZZI-BOSSI" (1892) di S. Maria della Steccata a PARMA (4 tast., 88 reg.)
ANTEGNATI organari in Brescia tra il XV e il XVII secolo
[L'organo "Graziadio Antegnati" (1565) della basilica palatina di S. Barbara in Mantova]
ANTEGNATI è il cognome di una famiglia di organari attiva tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVIII secolo a Brescia. La loro opera si esercitava sia sugli organi, sia su altri strumenti quali cembali e spinette. Nella famiglia si contarono ben 19 figure dedite a questa occupazione, che contribuirono alla nobilitazione professionale dell'artifex instrumentorum musicorum (artigiano degli strumenti musicali), professione ritenuta nel Medioevo arte "più meccanica che liberale", praticata a volte da gente "molto bassa e quasi mendica".
La prima menzione di un organaro chiamato Bartolomeo Antegnati compare nel 1481, in occasione della gara indetta per il rifacimento dell'organo della chiesa di Santa Maria de Dom (duomo) a Brescia, nella quale compare Bartolomeo Antegnati (o Bartholomeus de Lomexanis de Bressia), figlio di Giovanni, giurisperito di nobili origini, proveniente da Antegnate (BG), che aveva ottenuto la cittadinanza bresciana nel 1436. Bartolomeo era probabilmente stato allievo di Bernardo d'Alemania. Oltre all'intervento del 1481 nella propria città natale, nel 1486 fu attivo nel duomo di Mantova. Nel 1488 venne assunto congiuntamente dal Comune e dal Capitolo di Brescia, con il compito di mantenere e suonare i due organi della città e nel 1490 fu chiamato a Milano per costruire il nuovo organo del Duomo e per garantire in seguito la manutenzione dell'organo vecchio e di quello nuovo. Nel 1494 ritornò a Brescia, dove ebbe l'incarico a vita di mantenere gli organi cittadini, che lasciò tuttavia dopo soli due anni. Nel 1496 fu incaricato della costruzione dell'organo della Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, ma la sua opera venne rifiutata dopo ben tre collaudi negativi e ne nacque una controversia legale per la quale si richiese perfino l'intervento del papa. Nel 1498 costruì l'organo della chiesa di San Lorenzo di Milano e nel 1501 condusse, senza esito, dalla città di Albino, trattative per la costruzione di un organo a Lodi. Poco dopo probabilmente morì. Bartolomeo ebbe tre figli: Giovan Battista (circa 1490-1559), Giovan Giacomo (circa 1495-1563) e Giovan Francesco I (circa 1505 - dopo il 1583).
Giovan Battista, figlio del capostipite Bartolomeo, fu autore, a quanto si conosce, di soli quattro strumenti: negli anni 1534-1535 fu incaricato degli organi per i due conventi femminili del Santo Spirito e di Santa Maria della Pace, a Brescia, e negli anni 1536-1538 dei due per la basilica di Sant'Antonio di Padova e per la chiesa di San Francesco Grande a Padova, che ebbero tuttavia collaudo negativo. Secondo L'Arte Organica di Costanzo Antegnati avrebbe costruito anche un organo per la chiesa di San Benedetto Vecchio, sempre a Padova. Nel 1544 intervenne sull'organo della chiesa dell'Incoronata di Lodi, subendo altre critiche, ma svolgendo comunque nella città l'attività di suonatore di organo e di maestro.
Giovan Giacomo, figlio di Bartolomeo, fu attivo a partire dal 1513 e costituì insieme al figlio Benedetto uno dei due rami principali della tradizione familiare, attivo a Milano. Tra il 1518 e il 1525 costruì tre strumenti a Milano. Nel 1524 fu organista della chiesa di Sant'Eufemia a Brescia e costruì ancora a Brescia gli organi per le chiese di Santa Maria delle Grazie (1532) di San Faustino (1533) e per il duomo di Brescia (1536-1537), grandemente ammirati dai contemporanei. Nell'estate del 1538trasferì la propria attività a Milano, spingendosi fino a Varese, Lugano, Verona, Morbegno e Vigevano. Nel 1548 costruì l'organo per il duomo di Salò, che tuttavia fu accolto freddamente dai committenti, che ne dilazionarono il pagamento per circa un decennio. Proseguì l'attività fino alla sua morte, mentre era probabilmente intento alla realizzazione di un organo per la chiesa di Sant'Alessandro a Brescia.
Giovan Francesco I, terzogenito di Bartolomeo, coadiuvò il fratello Giovan Giacomo nella sua attività e fu reputato per la sua personale produzione di strumenti a tastiera Sopravvivono circa una decina di sue opere, tra cui due spinette poligonali (conservate presso il Victoria and Albert Museum di Londra e presso il Museo nazionale degli strumenti musicali di Roma), mentre altri esemplari sono in Lombardia (uno di proprietà dell'"Ateneo di scienze, lettere e arti", pervenutoci nel suo stato originale, è esposto presso i "Civici musei di arte e storia" di Brescia, mentre il secondo, più riccamente decorato, ma alterato da interventi successivi, si trova presso il "Museo teatrale alla Scala" di Milano
Graziadio, figlio di Giovanbattista, nell'opinione del grande organaro bergamasco ottocentesco Giuseppe Serassi «[...] fu il più esatto e perfetto in quest'arte fra i molti di questa illustre famiglia [...] la solidità, la dolcezza delle canne, e la maestria delle medesime erano inimitabili».
A fronte della fama di cui gode, di lui si conoscono pochissimi dati biografici. Il periodo che intercorre tra la sua apparizione all'età di 15 anni in un laboratorio bresciano di “flaschis scloporum” e il suo primo organo, quello per la comunità di Coccaglio nel 1562, ma soprattutto quello per la Basilica palatina di Santa Barbara in Mantova, commissionatogli nel 1565 da Guglielmo Gonzaga, quando aveva quindi 40 anni, risulta ancora assai misterioso. Non sappiamo se fu quella l'occasione che lo spinse ad occuparsi definitivamente della bottega ricevuta in eredità paterna, prima forse poco frequentata per vicissitudini familiari tribolate. A quanto risulta fino ad oggi costruì meno di una decina di strumenti in un quarto di secolo, tra i quali nel 1578 uno nuovo per la chiesa del Carmine in città. Il suo perfezionismo fu favorito da una situazione economica floridissima derivatagli dall'eredità paterna e da altre due successive. Di lui rimane l'organo Antegnati più grande e famoso al mondo, quello di 16 piedi costruito con la collaborazione del figlio Costanzo nel 1581 per i frati della chiesa di San Giuseppe a Brescia. L'altro strumento preziosissimo, anch'esso sopravvissuto, restaurato recentemente da Giorgio Carli, è l'organo della basilica palatina di Santa Barbara a Mantova. Rarissimo, progettato in collaborazione con il virtuoso Girolamo Cavazzoni in tempi brevissimi, possiede 7 tasti enarmonici; è stato usato da alcune grandi figure dell'epoca come Giaches de Wert, Claudio Monteverdi, Luca Marenzio, Giovanni Giacomo Gastoldi, Amante Franzoni, Francesco Rovigo. Dell'organo di Bellinzona in Svizzera, costruito da Graziadio nel 1588 (firmato all'interno della canna principale), esistono nello strumento attuale ancora l'ottanta per cento delle canne originali. L'organo era un dodici piedi e composto da undici registri. Degli altri strumenti da lui costruiti anche assieme al figlio, non rimane quasi nulla, se non qualche decina di canne in organi recenziori. Figura ancora nell'ombra e da studiare attentamente per le sue implicazioni storico artistiche. Forse per riscattare una sua situazione familiare discontinua, si adoperò molto per l'educazione e la carriera del figlio Costanzo.
Giovan Giacomo Antegnati ebbe dodici figli, ma l'unico a proseguire l'attività del padre fu Benedetto, attivo fra il 1559 e il 1584, che intervenne sugli strumenti realizzati dal padre e ne fece circa una decina di nuovi, tra i quali tre a Parma e uno nel duomo di Torino.
Costanzo, oltre all'istruzione sull'arte familiare, ebbe al tempo stesso anche una formazione musicale. A soli ventuno anni infatti viene inviato dal padre a sistemare l'organo di Santa Barbara in Mantova, rassicurando il Duca Guglielmo Gonzagasulle sue capacità. Nel 1595 fu commissionata da Caterina Gonzaga, figlia del marchese Alfonso Gonzaga, la costruzione dell'organo per la Chiesa prepositurale di Sant'Erasmo a Castel Goffredo (Mn). Da quell'epoca la collaborazione sarà continua e verrà talvolta testimoniata da firme congiunte poste dentro le canne più grandi realizzate, come ad esempio quella esistente dentro la monumentale canna di 16 piedi (oltre 5 metri) dell'organo della chiesa di San Giuseppe. In quarant'anni costruisce o effettua circa 25 lavori, ma alla luce dei fatti bisognerà stabilire meglio quanti subappalti abbia ceduto a Bernardino Virchi o ai fratelli Moroni (come nel caso della chiesa del Corlo) e in quanti lavori abbia fatto in realtà da garante il padre. Dei suoi strumenti non rimane quasi nulla, solo pochi reperti. Nel bresciano appronta quelli per San Giuseppe (1581) e Bagolino (1590, entrambi assieme al padre), Gardone Riviera e Carmine di Salò (1594), San Gaetano in città (1596), Lonato e Calcinato (1601); per Polpenazze (1609) è garante per il figlio. Nel bergamasco notevole è l'organo della chiesa di San Nicola ad Almenno San Salvatore (1588). Tale organo è stato di recente (i lavori sono terminati nel 1996) di un accurato lavoro di restauro supportato da ricerche organologiche e filologiche. Costanzo di fatto chiude la grande epopea antegnatiana.
Alla sua morte, dei quattro figli maschi avuti, solo Giovan Francesco II prosegue l'attività. Egli non riuscì a svilupparla adeguatamente nonostante le aspettative di Costanzo che lo designò come interlocutore nell'Arte Organica e suo erede universale fin dal primo testamento (Costanzo ne fece 3: 1600, 1603 e l'ultimo 1615) ritrovato recentemente, (ancora sigillato e controfirmato tra gli altri da Giovanni Paolo Maggini, famoso liutaio bresciano allievo di Gasparo da Salò). La morte lo coglierà quasi sicuramente nel 1630, a soli 43 anni, probabilmente di peste.
I figli di Giovan Francesco, Graziadio III, Faustino II e Girolamo, assieme al nipote Bartolomeo Ludovico figlio di Graziadio III, terminarono i fasti degli avi vivendo di luce riflessa, principalmente con lavori, manutenzioni e rari strumenti, nei quali molto probabilmente copiano il richiesto, nuovo stile meiariniano. La stirpe si estinse nel 1710, con la morte dell'ultima rappresentante nella parrocchia di Sant'Agata.
Antonio Caldara
Antonio CALDARA nacque a Venezia nel 1670 [...].
Il C. appare quale cantante della cappella ducale di S. Marco [...]
Con tutta probabilità il C. soggiornò a Roma agli inizi degli anni 1690 [...].
Con decorrenza dal 31 maggio 1699 il C. venne nominato "Maestro di Cappella, da Chiesa e da Teatro" dell'ultimo duca di Mantova [...].
Nel marzo 1705 il C. era a Roma, dove terminò un Gloria per otto voci, probabilmente per il cardinale Pietro Ottoboni. [...]
Nell'estate del 1708 il C. si recò presso gli Asburgo in Spagna [...].
Dal marzo 1709 fu ospitato dal principe Ruspoli a Roma, iniziando quell'importante periodo di sette anni in cui ricoprirà la carica di compositore della casa e maestro di cappella. [...]
Il trasferimento del Ruspoli da palazzo Bonelli al nuovo palazzo (già Caetani) sul Corso segnò una pausa nell'attività musicale [...].
Dopo la morte di M. A. Ziani, avvenuta a Vienna il 12 genn. 1715, il C. inviò all'imperatore una richiesta per avere la carica di primo maestro di cappella, o, qualora già occupata, quella di secondo, o quella di compositore di corte. [...]
La corte viennese doveva avergli dato buone speranze circa il successo della sua richiesta; la decisione definitiva dell'imperatore si fece tuttavia attendere fino al gennaio 1717, sebbene il C. fosse già arrivato a Vienna (fine giugno o inizio luglio 1716) per entrare al suo servizio. [...]
Anno per anno compose inoltre piccole cantate e serenate per feste di famiglia alla corte imperiale o per ricevimenti principeschi [...].
Accanto al suo regolare incarico il C. soddisfece anche richieste di altri principi; [...] Come "vicemaestro di cappella", con uno stipendio che superava ampiamente quello del maestro di cappella di corte, il C. svolse un'attività la cui vastità può essere paragonata soltanto a quella di compositori quali A. Scarlatti, Vivaldi e Haendel. La sua vena creativa era ulteriormente stimolata dalla particolare benevolenza dell'imperatore, che lo preferiva a tutti gli altri. [...]
La benevolenza dell'imperatore si manifestava con un elevatissimo stipendio [...].
Oltre alle cariche di corte, il C. ricoprì anche quella di decano della Confraternita di S. Cecilia [...]
Ugualmente considerevole fu la produzione del C. per committenti in Boemia e in Moravia, per i quali compose molte opere di musica sacra. [...]
Fino all'ultimo il C. mantenne un illimitata capacità creativa. Morì "nel suo sessantaseiesimo anno" a Vienna il 27 dic. 1736 e fu sepolto nella cattedrale di S. Stefano. Dopo la sua scomparsa, rappresentazioni di opere e oratori testimoniarono ancora a lungo la stima in cui era tenuta la sua opera. [...]
Il C. è entrato nella storia della musica come favorito e vicemaestro di cappella dell'imperatore Carlo VI, come grande contrappuntista e uno degli artefici del tardo barocco viennese. [...]
Dalla scuola del Legrenzi il C. aveva acquisito la drammatica e ricca formazione dei veneziani, la cui elaborazione era stata iniziata da Monteverdi. [...]
Dall'orchestra a cinque voci del tardo stile fastoso veneziano, il C. passò dopo il 1700 all'orchestra a quattro voci, e negli ultimi anni romani perfino a scrittura a tre, adottando unicamente voci femminili e di castrati. [...]
Purtuttavia il C., quando assunse la carica viennese, si allontanò dal rococò mondano romano, e dalla tessitura lieve e trasparente, e pervenne a uno stile più grandioso, a una maggiore ricchezza e intensità di suoni, a un contrappunto elaborato; abbandonò le "arie senza basso" e scatenò la forza drammatica del coro.[...]
Appello per l'organo a canne nella Basilica di San Pietro in Vaticano
L'Associazione Italiana Organari scrive al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, cardinale Robert Sarah, riguardo la recente installazione di un "organo digitale" nella basilica di S. Pietro in Vaticano -
[Nela foto: Paolo Bottini all'organo a canne della Basilica di S. Pietro in Vaticano]
Appello per l'organo a canne nella Basilica di San Pietro in Vaticano
Al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
Cremona, 5 gennaio 2018
Eminenza Reverendissima,
l’installazione di un “organo digitale” nella Basilica di San Pietro in Vaticano, massimo tempio della cristianità, ha suscitato incredulità fra i musicisti, i costruttori di strumenti musicali, i cultori e gli appassionati di musica, gli storici dell’arte, oltre che in tutto l’ambiente organario ed organistico italiano ed europeo.
Tale surrogato di organo, che imita nelle fattezze la “consolle” di un vero organo, prova goffamente a imitare anche la sonorità dello strumento autentico, senza tuttavia riuscirvi in alcun modo. Proprio per tale ragione la sua collocazione in San Pietro non conviene minimamente alla dignità del tempio e, in generale, alla Chiesa che, per secoli, ha promosso la migliore produzione artistica nel campo della pittura, della scultura, dell’architettura e della musica, educando e formando il senso estetico di credenti e non credenti.
La presenza dell’elettrofono nella Basilica Papale appare a nostro avviso come una manifestazione del decadimento culturale del nostro tempo, poiché si qualifica come rinuncia alla verità a favore della finzione.
Sull’importanza dell’arte e della bellezza come strumenti utili a celebrare il culto di Dio sono numerosi i pronunciamenti del Magistero della Chiesa. Ci piace ricordare, a titolo di esempio, un concetto sul quale si soffermò cinquant’anni fa Sua Santità Paolo VI, allorché in occasione dell’omelia pronunciata durante la “Messa degli artisti” celebrata il 7 maggio 1964 nella Cappella Sistina, fece esplicito riferimento all’errore di avere fatto ricorso “ai surrogati, all’«oleografia», all’opera d’arte di pochi pregi e di poca spesa”, rinunciando così, per ragioni contingenti a “compiere cose grandi, cose belle, cose nuove, cose degne di essere ammirate”.
Dispiace constatare che oggi, trascorso meno di mezzo secolo da quel discorso ricco di ispirazione, di nuovo si ricorre ad un surrogato per “imitare” una delle arti che maggiormente hanno la capacità di suscitare emozioni profonde e di elevare l’anima a Dio: la musica.
Indipendentemente dalle motivazioni che hanno condotto a collocare ed utilizzare un elettrofono all’interno della Basilica Papale, e nonostante le complesse e particolari esigenze liturgiche della Basilica di San Pietro, ci riesce impossibile credere che non possa esistere una diversa soluzione che non preveda l’esclusione, anche parziale, dell’organo a canne in favore di un suo surrogato.
Come costruttori e restauratori di organi a canne abbiamo l’opportunità di incontrare comunità di cristiani, di ogni dimensione ed in ogni parte del mondo, che compiono sforzi talvolta importanti per dotare le loro chiese di veri organi a canne. Contestualmente ci rattrista apprendere con rammarico che proprio nella Basilica Papale si sia operata una scelta che sembra affermare l’inutilità di un simile impegno.
Per questa ragione l’Associazione Italiana Organari si fa promotrice di un’iniziativa volta a sensibilizzare tutto il mondo culturale italiano affinché esprima il proprio rammarico per la presenza, all’interno del più importante tempio della cristianità, del surrogato di un autentico strumento musicale e lo comunichi ai responsabili delle celebrazioni liturgiche non solo della Basilica di San Pietro, ma anche di tutte le Chiese cattoliche.
Al contempo, i promotori di questa iniziativa desiderano offrire la propria disponibilità ad individuare un metodo efficace per definire possibili soluzioni alternative affinché, coerentemente con quanto afferma la Costituzione sulla musica sacra Sacrosanctum Concilium al numero 120, anche e soprattutto nella Papale Arcibasilica di San Pietro “si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti”.
Sicuri che Sua Eminenza vorrà dare ascolto a questo nostro appello, porgiamo deferenti saluti.
*** per sottoscrivere questo appello,
promosso dalla Associazione Italiana Organari,
cliccare QUI ***
APPUNTI SUL "CONCERTO ITALIANO" TRASCRITTO PER TASTIERA
ARAMUS - Associazione Romana Arte Musica
Aristide CAVAILLÉ-COLL
Cliccando il collegamento internet sotto riportato, si potrà visionare il progetto del monumentale organo di Aristide CAVAILLÉ-COLL per la Basilica di S. PIETRO in VATICANO: un progetto grandioso che non vide mai la luce, nonostante la raccolta fondi organizzata da alcuni musicisti.
Armando Pierucci
Padre Armando PIERUCCI, frate francescano, musicista e compositore, è nato a Moie (Ancona), il 3 settembre 1935. Ancora bambino si è trasferito con la famiglia a Sassoferrato (AN). Entrato nell'ordine dei Frati Minori, si è diplomato al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma con una tesi sul Codice Oliveriano II: Nel 1966 si è altresì diplomato presso il conservatorio "San Pietro a Majella" di Napoli in Pianoforte nel 1972, presso il conservatorio "G. Rossini" di Pesaro, anche in Organo e Composizione Organistica e in Musica corale e Direzione di Coro. La sua attività si è snodata nelle esecuzioni organistiche, direzione di cori, composizione e insegnamento di Organo o di Musica Sacra presso i conservatori di musica di Campobasso e di Pesaro, nonché a Gerusalemme presso lo Studium Theologicum Jerusolymitanum e presso l’Istituto di Musica "Magnificat". Dal 1988 al 2014, è stato organista titolare della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Ha Italia, Grecia, Cipro, Svizzera, Russia, Islanda e Terra Santa. Ha composto musica in particolar per organo, coro, recorder, accordeon, ottoni, pianoforte, diverse cantate, varie opere didattiche, ed innumerevoli arrangiamenti ed accompagnamenti (sia in ambito laico che ecclesiale), messe e brani liturgici. Ha pubblicato diverse opere letterarie. Tra le sue numerose opere, sono da ricordare le Cantate “Via Crucis”, “De Profundis”, “The Burrial of Moses at Mount Nebo”, “Invocazione per la Pioggia” e “La Terra dei Fioretti”. Per dieci anni, fino al 1999, ha diretto la rivista “La Terra Santa”. Nel 1995 ha fondato, e diretto fino al 2014, il citato istituto "Magnificat" a Gerusalemme, scuola di musica che ha come vocazione di essere luogo di dialogo, di pacifica convivenza, di promozione umana e sociale, nonché luogo di orientamento e di preparazione professionale di alta qualificazione in campo concertistico e didattico; essa vanta, nel corpo insegnanti, Israeliani, Palestinesi, Armeni, di religione Ebraica, Cristiana e Musulmana. Nell’aprile 2008, il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano gli ha conferito il titolo di “Cavaliere dell'Ordine della Stella della Solidarietà Italiana" e nel 2013 è stato decorato con la “Knight's Cross of the Order Merit of Hungary” dal Presidente dell’Ungheria Jànos Ader per il suo impegno a favore dei giovani di origine, religione e cultura diversa e per la promozione delle relazioni musicali. Rientrato in Italia nel novembre del 2014, ha composto Sinfonia Mariana, Sinfonia Siriaca, gli oratori San Michele e Mattutino: tutti per due solisti, coro, orchestra d'archi e altri strumenti; ha inoltre ha pubblicato Organo Concelebrante (Ed. Armellin, 2017) e, presso le Edizioni Laus Plena, Brani per Organo, Piccolo Libro d'Organo, Messa della Festa (per organo e sassofono). È in via di stampa Storia del B. Tommaso da Tolentino, 5 brani per tromba, 2 sassofoni e organo. [gennaio 2021]
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Nel soprastante video Paolo BOTTINI all'organo "Pacifico Inzoli" (1881) della chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista in Castelvetro Piacentino (PC) eseguiva i pezzi della raccolta "Piccolo libro d'organo" di p. Armando PIERUCCI il giorno 3 settembre 2021.
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Piccolo Libro d'Organo
Per quanto il titolo sembri modesto, gli Organisti lo giudicheranno pretenzioso. Infatti è il titolo che J. S. Bach ha dato a una delle sue raccolte di Preludi ai Corali: Orgelbüchlein (BMW 599 - 644). Insieme ai Fiori Musicali di Gerolamo Frescobaldi, l'Orgelbüchlein è un libro tipo, esemplare: ha stabilito come deve essere la musica organistica quando celebra nella sacra liturgia cristiana. I Preludi di Bach, come le Toccate, i Kyrie e i Ricercari dei Fiori Musicali, sono strettamente uniti al canto e al momento liturgico. Questa armoniosa corrispondenza si è praticamente perduta nella Chiesa Cattolica negli ultimi tre secoli: non ci sono composizioni che riecheggino, sviluppino o intimizzino il canto dell'Assemblea. Attualmente gli Organisti non si sono neanche riconciliati con i canti in uso: per quello che sono e per come sono cantati. Così succede che l'Assemblea canta "Signore, sei tu il mio Pastore", e l'Organista colto, avendo tempo, suona un Preludio a un corale di Bach; corale che l'Assemblea né ha cantato, né conosce. Così ognuno va per i fatti suoi. L'armonia di una celebrazione in cui veniva proclamata la parabola delle Dieci Vergini, l'Assemblea cantava il corale "Wachet auf, ruft uns die Stimme" (Alzatevi, una voce ci chiama), e Bach lo commentava con passo di danza, è oggi impensabile. Ecco, ho composto delle brevi parafrasi a dei canti che oggi vengono intonati. Certo, i canti non sempre sono belli, come non sempre le melodie dei corali di Bach sono sublimi. Neanche le mie parafrasi sono rilevanti. Ma è rilevante il fatto che l'organo liturgico abbia un'intesa cordiale con il canto dell'Assemblea. Qualcuno arriverà più lontano di me, ma la direzione è questa: un'armoniosa continuità tra canto e suono, tra Assemblea e Organista. Sono sicuro che da questa mia intuizione possa fiorire una cultura musicale ricca come quella creata in Europa da Cavazzoni, Merulo, Frescobaldi, Bach, Pachelbel, Böhm, Haendel, Mendelssohn, Couperin.
Sassoferrato, dicembre 2020
Armando Pierucci
Per l'Esecuzione (Nota di A. Pierucci)
I brani del Piccolo Libro d'Organo non sono di immediata comprensione, né di accattivante piacevolezza. Vanno approfonditi per arrivare, nel consegnarli al silenzio, alla persuasione del raccoglimento. Il ritmo è da collegare all'andamento del canto eseguito, o da eseguire. Nel commento ai canti di Comunione è bene allargare leggermente il flusso ritmico. Anche la dinamica è lasciata al buon gusto dell'esecutore, tenendo presente il momento liturgico e il fatto che l'organo è lì per aiutare a pregare. Tutti i brani sono manualiter, ma niente vieta di rinforzare qualche cadenza, o passaggio tematico, con l'intervento del pedale.
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Armando Pierucci
PICCOLO LIBRO d'ORGANO
Elenco dei brani e minutaggio relativo al video sopra riportato
00:00 intro 00:23 Al tuo santo altar, mi appresso o Signor 01:59 Alleluia - Canto per Cristo che mi libererà 02:59 Benediciamo il Signore 04:33 Chiesa di Dio, popolo in festa 05:31 Com'è bello, Signor, stare insieme 06:47 Davanti al Re 08:10 Dio s'è fatto come noi 10:05 Dolce [è] sentire come nel mio cuore 12:05 Dov'è carità e amore, qui c'è Dio 15:05 È l'ora che, pia, la squilla fedel 16:16 Gustate e vedete com'è buono il Signore 17:25 Il Signore è la mia salvezza 18:46 Laudato sii 21:12 Lodate Dio 22:26 Mia luce e mia salvezza 24:06 Mira il tuo popolo, o bella Signora 26:24 Noi canteremo gloria a te 28:18 Noi canteremo gloria a te (alio modo) 29:33 Resta con noi, Signore, la sera 31:33 Resta con noi, Signore, la sera (alio modo) 33:17 Resta noi, Signore, alleluia 35:00 Santa Maria del cammino 36:42 Signore, sei tu il mio pastore 38:33 Signore, sei tu il mio pastore (alio modo) 40:22 Sei tu, Signore, il pane 41:35 T'adoriam, Ostia divina 44:05 Ti ringrazio, o mio Signore 46:26 Ti salutiamo, o Vergine 48:33 Tu scendi dalle stelle 50:26 Tu sei la mia vita 52:43 Tu sei vivo fuoco 52:53 Vi darò un cuore nuovo 55:37 Vergin Santa