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  Claudio MERULO

 

Claudio MERULO nacque a Correggio (Reggio Emilia) [...]; fu battezzato [...] l’8 apr. 1533, [...] Poco è noto sulla sua formazione musicale. [...] Nel settembre 1556 il M. fu nominato organista del duomo di Brescia. [...] Il 2 luglio 1557 il M. partecipò alla pubblica prova di concorso nella basilica marciana a Venezia per la successione all’organista G. Parabosco, morto improvvisamente il 21 aprile (Caffi, p. 84), e risultò vincitore all’unanimità (Benvenuti, p.XLIV). [...] Creatasi una fama come organista, a partire dagli anni Sessanta, forse grazie anche alle frequentazioni di diversi ambienti musicali e letterari – G. Zarlino nelle Dimostrationi harmoniche (Venezia 1571) lo immagina partecipare a un colto dialogo su problemi di teoria musicale, avvenuto nel 1562, insieme con Adrian Willaert e Francesco Dalla Viola –, il M. cominciò a dar prova della sua abilità di compositore. [...] Sempre nel 1565 il M. si lanciò in una nuova rilevante impresa: dopo aver ottenuto un anticipo di 100 ducati dai procuratori marciani (l’equivalente di un anno di stipendio), si accordò con Bolognino Zaltieri, don Pellegrini Stellini e Fausto Betanio, di origine bresciana, per aprire una stamperia musicale [...]. Nel corso della sua attività di editore, da solo o con Betanio, il M. pubblicò almeno 36 titoli, [...]. Negli anni Settanta il M. fu definitivamente consacrato nella vita musicale veneziana. [...] Dagli anni Settanta il M. diede alle stampe anche libri di musica sacra: [...]. Quando si era ormai perfettamente inserito nella vita cittadina e sembrava destinato a succedere all’anziano G. Zarlino come maestro di cappella in S. Marco, nell’autunno 1584 il M. lasciò improvvisamente il suo incarico di organista a S. Marco per andare al servizio del duca Ottavio Farnese, che fin dal 1567 chiedeva di averlo alla sua corte; [...]. Non si hanno invece prove di un suo servizio a Mantova, anche se ebbe modo di esibirsi in quella corte, forse durante il viaggio da Venezia a Parma. È certo, invece, che il 31 dic. 1584 il M. fu pagato per il lavoro prestato in quel mese ai Farnese (Martini, p. 422), per cui l’eventuale tappa a Mantova deve collocarsi tra la partenza da Venezia (settembre-ottobre) e l’arrivo a Parma (novembre). A Parma il M. non fu inserito nell’organico della cappella di corte, ma fu stipendiato come esecutore e accompagnatore alle tastiere; [...] Dal 5 apr. 1591 e fino alla morte fu organista di S. Maria della Steccata, altro posto assai prestigioso; anche in questo preferì il proprio strumento all’incarico di maestro di cappella, possibilità che certamente nell’ambito parmense non gli mancava. [...] Il M. morì a Parma il 4 maggio 1604; [...]. Tra i beni testamentari menzionati successivamente dal nipote Antonio, figura un piccolo organo positivo a quattro registri, parzialmente costruito dal M., conservato nel conservatorio di Parma e recentemente restaurato. [...] La musica che il M. lasciò manoscritta (un libro di mottetti a sei voci, uno di messe a due e tre cori, due di canzoni per tastiera, due di ricercari a quattro voci) fu pubblicata dal 1605 al 1611 a cura del pronipote Giacinto Merlotti, figlio di Antonio; in quegli anni Giacinto era poco più che un fanciullo (era nato nel 1595), ed è dunque probabile che la responsabilità dell’impresa non sia da attribuire a lui ma al padre. [...] Personalità poliedrica, figura perfettamente calata nelle diverse realtà in cui si trovò a operare, percorso da una sorta di irrequietezza interiore che lo spinse a una costante frenesia lavorativa (nonché all’interesse per l’alchimia), il M. è stato considerato fin dai suoi contemporanei soprattutto come l’inarrivabile esecutore, il grande didatta di organo e di composizione [...]  e il codificatore delle principali forme strumentali della seconda metà del Cinquecento, principalmente della toccata. Meno attenzione si è posta alla produzione del M. nel suo complesso, all’accorta pianificazione delle pubblicazioni, coincidente con le varie fasi della sua attività professionale e degli ambienti in cui si trovava a operare, nonché al suo essere costantemente in bilico fra tradizione e innovazione, tra soluzioni consolidate e sperimentazioni inedite, accortamente calcolate e impiegate nei generi più idonei. L’eccezionale importanza della sua produzione strumentale ha messo un po’ in ombra la musica vocale, sacra e profana, nonostante i molti motivi di interesse che offre. Rimane comunque da indagare a fondo la natura del linguaggio contrappuntistico del M. e delle sue radici originarie, dei diversi influssi e contaminazioni, delle stratificazioni avvenute nel corso degli anni per le continue sperimentazioni, e dei legami con tradizioni diverse da quelle veneziane, a cui troppo spesso si rimanda soprattutto nella definizione della musica sacra. Analogamente la produzione madrigalistica deve essere ancora adeguatamente inserita nel più vasto quadro del madrigale tardocinquecentesco per la presenza di pressoché tutti i principali aspetti della sua epoca, variamente elaborati e mescolati secondo i casi. [...]

 

 

  Collana d'Arte Organaria (a cura dell'Associazione culturale "Giuseppe Serassi" di Guastalla)

 

Collana d'Arte Organaria

(a cura dell'Associazione culturale "Giuseppe Serassi" di Guastalla)

 

Collana sugli organi storici italiani diretta dal noto studioso bergamasco Giosuè Berbenni, da Federico Lorenzani e da Adriano Giacometto. La collana comprende pubblicazioni di rilevanza nazionale. Tra queste compare un cofanetto in tre volumi dedicato ai Serassi (studio durato oltre 20 anni a cura di Giosuè Berbenni). La collana prende in considerazione studi e monografie sul restauro di singoli organi, biografie e studi su organari, ristampe anastatiche ecc.

  Collana Discografica "ANTICHI ORGANI del CANAVESE"

  Commissione per la musica sacra dell'arcidiocesi di Bologna

  CON BACH NELLA TRINITÀ. LA TEOLOGIA DEL PRELUDIO E FUGA BWV 552, di Alessio Cervelli




Presentiamo un articolo di Alessio Cervelli sulla teologia trinitaria del celebre Preludio e Fuga BWV 552 di JOHANN SEBASTIAN BACH.

 

Eccone l'incipit:

«Entrare in una chiesa e venire letteralmente investiti dall’organo pieno che dispiega il Preludio e fuga BWV 552 di Johann Sebastian Bach è indubbiamente un’esperienza che può farci provare una grande ebbrezza artistica espirituale: il ripieno robusto e luminoso taglia fisicamente l’aria con onde sonore così particolari nella frequenza da penetrarci attraverso l’orecchio per giungere nelle viscere e farle fremere d’emozione, mentre le grandi ance del pedale diffondono tra le navate suoni maestosi quanto e più del ruggito di cento leoni.

 

Una volta recuperata la razionalità e considerando lucidamente quell’esperienza così gratificante, potremmo domandarci se gli organisti che hanno ricevuto in dono il talento di vivere e far vivere una simile esperienza sanno quali vette teologiche e mistiche impregnano quelle note che il compositore ha così sapientemente disposto.

 

La risposta, purtroppo, nella maggioranza dei casi è che non ne hanno la minima idea.

 

Per lo più si limitano ac onsiderare un brano del genere unicamente come un eccezionale prodotto di artigianato musicale. Eppure Bach, nell’accostare con tanta sapienza quei suoni, prima di tutto e soprattutto vi contemplava la Trinità.

 

Dunque, possiamo chiederci se, nell’attuale panorama degli studi teologici e musicologici, possiamo considerare l’armonia musicale come un linguaggio adatto per accostarsi al dogma trinitario.

 

Secondo il teologo Gianluca De Candia «il Dio trinitario, più che intellettuale o sentimentale, forse sarebbe un Dio musicale, esperto di movimenti soavi fra toni e timbri, fra corrispondenze e risonanze, rimandi e asimmetrie, fra silenzi, intervalli e intreccio delle parti. La musica trinitaria è dunque arte delle relazioni viventi fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che, mentre accorda in bell’armonia il loro legame, elude ogni unilateralità. L’aria musicale ci inviterebbe allora ad aver fiducia in un Dio più spaziale che inafferrabile, più sorgivo che stantio, e a guardare alla Trinità come all’ambiente ineffabile nel quale vorremmo abitare».
 

Interrogandoci, quindi, su quale sia il linguaggio musicale più adatto a tale scopo, potremmo individuarlo appunto nelle strutture foniche e armoniche dell’organo a canne e nell’arte del grande Bach, in particolare proprio nel suo Preludio e fuga BWV 552.

 

L’intento di queste pagine, dunque, è duplice: cercare di comprendere in che modo la musica, in particolare quella per organo, sia funzionale allo studio teologico del dogma trinitario attraverso il linguaggio del suono e dell’armonia, e affrontare l’esegesi della pagina bachiana per comprendere se, e in che modo, emerga e si strutturi l’intellezione del Dio Uno e Trino nel pensiero artistico del Kantor di Lipsia».

 


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